MAXWELL, James Clerk
Fisico e matematico scozzeso, nato a Edimburgo il 13 giugno 1831, morto a Cambridge il 5 novembre 1879. Discendeva dai Clerk of Penicuik. A quindici anni segnalò al suo professore, il noto matematico J. D. Forbes, un metodo meccanico per disegnare certe classi di ovali: questo metodo fu oggetto di una memoria alla Società reale di Edimburgo e attrasse sul giovinetto la benevolenza del Forbes, che non doveva più smentire. Nel 1847, M. entrò all'università di Edimburgo ove rimase per tre semestri. Forbes, che insegnava filosofia naturale, lo incoraggiò a lavori personali nel suo laboratorio; ne risultò fra l'altro una memoria sull'equilibrio dei solidi elastici, con applicazione all'ottica. L'interesse di M. per i fenomeni ottici risaliva al tempo in cui Nicol gli aveva rivelato i fenomeni di polarizzazione. Nel 1850 il M. fu inviato a studiare al Trinity College di Cambridge e quell'ambiente ebbe su di lui una forte influenza formativa: rivelò in particolare una notevole attitudine letteraria alla quale si deve lo stile classico dei suoi scritti ulteriori. M. ebbe sempre una piacevole vena poetica, e molti suoi versi umoristici ed eroicomici sono rimasti popolari nell'ambiente scientifico inglese.
Durante il soggiorno a Cambridge, M. si familiarizzò con le ricerche di G. G. Stokes sull'idromeccanica e l'ottica, e fu fortemente colpito da quelle di sir W. Thomson sulla teoria dell'elettricità statica. Thomson aveva trattato la forza elettrica in un punto dato come analoga al flusso calorifico emanante da fonti distribuite allo stesso modo come le supposte particelle elettriche, e ne aveva dedotto formule simili a quelle che si deducono dalle leggi dell'azione a distanza. Sembra che di qui abbia preso vita in M. l'idea che vi sono almeno due metodi distinti per giungere alle formule note dell'elettricità statica. E proprio verso questo tempo, M. conobbe le ricerche sperimentali di Faraday, che ebbero un effetto decisivo sul suo pensiero.
Nel 1854 M. terminò la sua carriera studentesca come "second wrangler". Il "senior wrangler" di quell'anno era E. J. Routh, col quale divise il premio Smith. Fu eletto fellow del Trinity College, e si consacrò a ricerche di geometria pura e di ottica, dalle quali passò presto a quelle che dovevano formare oggetto della sua grande opera, come ci testimonia la sua prima memoria del 1855 sulle linee di forza.
Nel 1856 accettò il posto di professore al Marischal College di Aberdeen, e nel 1858 sposò ivi la figlia del rettore, cessando così di essere fellow di Trinity. Non sembra che M. trovasse molta soddisfazione nell'insegnamento elementare che era costretto adesso ad impartire: quanto al suo lavoro personale; esso fu assorbito per un paio d'anni da una ricerca bandita dal Comitato del premio Adams, sulla stabilità degli anelli di Saturno. Tale ricerca molto laboriosa condusse M. a concludere che un anello relativamente stabile non può esser composto che di particelle isolate circolanti attorno al pianeta con velocità diverse secondo la distanza.
L'assegnazione del premio e la pubblicazione del lavoro rivelarono in M. uno dei primi fisici matematici del tempo. E si vuole anche che tale ricerca fosse all'origine di una fra le sue maggiori idee: poiché sembra che la multiforme irregolarità che si rivelava sotto la regolarità apparente del moto degli anelli abbia destato in M. l'interesse per la teoria cinetica dei gas, che era stata proprio allora riportata in discussione da J. Herapath, J. P. Joule e R. Clausius. La sua prima memoria sull'argomento fu del 1859.
Nel 1860 la cattedra che occupava M. fu soppressa, ed egli passò a Londra come professore al King's College. Questo periodo londinese doveva durare cinque anni, e in esso il genio di M. venne a piena fioritura. Non solo egli era in contatto personale con Faraday, ai cui lavori sull'elettricità si ricollegavano i suoi, ma aveva intorno a sé un numeroso gruppo di ricercatori che s'interessavano ai suoi stessi problemi, in particolare Balfour Stewart e Fleeming Jenkin, coi quali condusse a termine una lunga serie di misure per la determinazione delle unità elettriche. In questo periodo uscirono le sue memorie principali sulla teoria dei colori (per la quale ebbe la medaglia Rumford nel 1860), sulla teoria dinamica dei gas, in cui è contenuta la legge di distribuzione delle velocità, detta legge di Maxwell (v. gas) e sulla teoria dinamica del campo elettromagnetico.
Uno sforzo così intenso e prolungato, che si sovrapponeva ai doveri della cattedra, condusse M. a una crisi d'esaurimento, seguita da una grave malattia. Abbandonato l'insegnamento, egli si ritirò nella sua villa di Glenlair, dove rimase sei anni, uscendone solo per qualche viaggio a Londra e a Cambridge, e per un viaggio in Italia nel 1867. In questi anni di ritiro, completò la teoria dei gas, e scrisse la Theory of Heat e il suo grande Treatise on Electricity and Magnetism che doveva esser pubblicato solo nel 1873.
La teoria di M., che appare in esso completamente sviluppata, consacra un audacissimo tentativo di stabilire una connessione per analogia fra due campi diversi della fisica. Accanto alla corrente elettrica per conduzione, M. considera nel dielettrico una corrente di spostamento calcolata in modo che la sua intensità totale tra le due armature di un condensatore sia eguale alla corrente di carica. Da questo punto di vista, che si riattacca alle ricerche di Faraday sulla polarizzazione dei dielettrici, non si vengono ad avere altro che correnti chiuse. Le leggi della teoria classica dell'elettricità valgono solo per correnti chiuse, omogenee e stazionarie: l'audacia di M. sta nell'aver esteso la validità delle leggi che esprimono il campo magnetico prodotto dalle correnti elettriche stazionarie o variabili ad ogni sorta di corrente e in particolare anche alle correnti di spostamento. Le considerazioni di M. conducono a stabilire per il caso di un dielettrico omogeneo, delle equazioni differenziali, a cui debbono soddisfare i campi elettrico e magnetico, formalmente eguali a quelle che regolano una propagazione di onde. La teoria di M. mostra così per via puramente matematica la possibilità teorica di onde elettromagnetiche, e ne dà anche la velocità. Qui appunto sta una verifica preliminare, ma straordinariamente suggestiva, della teoria: poiché tale velocità nel vuoto si dimostra essere uguale al rapporto fra unità elettromagnetica ed unità elettrostatica, il quale rapporto d'altra parte esprime anche la velocità della luce qual'è stata misurata sperimentalmente: cosicché rimane dimostrato che la luce è tutt'uno con le onde elettromagnetiche qui teoricamente scoperte. Allo stesso tempo si ha che l'indice di rifrazione ottica è uguale alla radice quadrata della costante dielettrica (relazione di Maxwell). Vengono così fusi in uno solo i tre campi dei fenomeni ottici, elettrici e magnetici: la conferma sperimentale della teoria per quanto riguarda l'esistenza delle onde elettromagnetiche si ebbe solo 17 anni più tardi, per opera di H. Hertz (v.). La teoria di M. non era ancora in grado di spiegare la dispersione della luce, l'elettrolisi, la scarica nei gas, l'effetto Zeeman e altri fenomeni in cui interviene la struttura atomica dell'elettricità. La soluzione di quei problemi era riservata alla teoria elettronica di Lorentz.
Nel 1871 M. s'indusse ad accettare la nuova cattedra di fisica che era stata creata all'università di Cambridge, e a dirigere l'organizzazione del nuovo Cavendish Laboratory, sorto da una donazione del duca di Devonshire. All'azione di M. si deve in larga parte la riforma e la modernizzazione dei programmi d'insegnamento di Cambridge. In questo periodo il M. svolse gran parte della sua attività scientifico-letteraria e divulgativa e curò la laboriosa pubblicazione delle Electrical researches di H. Cavendish.
Cavendish aveva scoperto varî concetti fondamentali della teoria elettrica, e perfino la legge di Ohm, fin dal 1780: ma non si era mai curato di pubblicare le sue scoperte. M. volle ripeterne tutti gli esperimenti per ricostituire il corso del suo pensiero. M. desiderava riprendere le sue teorie elettromagnetiche, e dar loro una forma più compiuta poiché sentiva l'audacia del suo tentativo, ma ne fu impedito dalla malattia. Il suo pensiero aveva proceduto per gradi: nella prima memoria del 1855 egli aveva voluto soltanto illustrare la teoria dei dielettrici, paragonando le equazioni di essa con quelle di altre parti della fisica: nella seconda serie del 1861-62 aveva voluto costituire un modello meccanico che raffigurasse o spiegasse le azioni elettriche e magnetiche: nella grande memoria del 1864, riprodotta poi quasi integralmente nel Trattato nel 1873, egli si sforza di liberarsi per quanto è possibile dalle ipotesi sulla costituzione meccanica del mezzo in cui si producono i fenomeni, e di adottare come punto di partenza le leggi universalmente riconosciute: di trasformare poi per via matematica le conseguenze di tali leggi in modo che le formule che le esprimono siano le stesse a cui conducevano quelle ricavate dal meccanismo da lui prima immaginato (quello di cellule elastiche contenenti un fluido animato da moti vorticosi che dànno i fenomeni magnetici). Col mettere in evidenza l'equivalenza assoluta fra tale interpretazione meccanica e le interpretazioni elettriche correnti, egli pensava di assidere la sua teoria su basi incrollabili. Insomma, comparazione fra le forme matematiche che simboleggiano i varî rami della fisica; costruzione di meccanismi atti a imitare gli effetti che non è agevole ridurre a figura e moto; raggruppamento delle leggi sperimentali in teorie costruite sul modello della dinamica: tali sono i metodi che M. ha voluto applicare simultaneamente all'oggetto dei suoi studî, e che ha voluto conciliare anche a costo d'interpretazioni arbitrarie e di violazioni dell'ordine formale. La storia ha mostrato che non fu falso profeta, e che ebbe ragione a non sottomettere la sua fede alle esigenze della forma.
L'unità Maxwell. - Maxwell è stata chiamata l'unità di flusso magnetico nel sistema centimetro-grammo-secondo elettromagnetico: teoricamente uguale a 10-8 volt-secondi.