BOSWELL, James
Scrittore inglese, nato nel 1740 nell'Ayrshire da antica famiglia scozzese. Compì i suoi studî all'università di Edimburgo. Il padre ne voleva fare un avvocato, ma il giovane preferiva la compagnia dei letterati; conobbe a Glasgow il Hume e strinse amicizia con l'Erskine, alla cui raccolta di poesie scozzesi collaborò: ma attirato dalla metropoli londinese, dopo una breve visita nel 1760, vi tornò nel 1762, e nell'anno seguente riuscì ad ottenere la lungamente desiderata presentazione al dottor Johnson, allora cinquantenne. Nel 1764 il padre lo fece viaggiare all'estero, dove incontrò Voltaire, Rousseau, Wilkes e Pasquale Paoli: per quest'ultimo egli nutrì un grande entusiasmo, che espresse in una serie di scritti: An account of Corsica, The Journal of a tour to the island of C, e Memoirs of Pascal Paoli (1768). Il Journal ebbe un grande successo, e venne subito tradotto in italiano, francese, ecc. Egli conduceva però una vita dissoluta, ed era carico di debiti. Nel 1769 sposò una sua cugina, Margaret Montgomery; nel 1773 venne ammesso al Literary Club, dietro proposta del dottor Johnson, e nel medesimo anno lo accompagnò in un viaggio alle isole Ebridi. Per ovviare alla sua situazione economica, che rimase sempre difficile fino alla morte del padre, a causa della sua numerosa figliolanza, riprese a Londra la sua professione di legale. Aspirò invano a un seggio nel parlamento: continuò invece la sua attività letteraria e pubblicò una Lettera al popolo di Scozia (1783) e una serie di settanta saggi, intitolata The Hypochondriac e ispirata al Rambler del dottor Johnson. Col dottor Johnson, suo idolo, cenò ancora insieme nel giugno 1784 in casa di sir Joshua Reynolds, e questo doveva essere l'ultimo dei duecento settanta giorni in cui essi si erano incontrati durante i ventun anno della loro amicizia, poiché nel dicembre successivo il Johnson moriva. Nel 1768 diede alla luce il Giornale di un viaggio alle Ebridi col dottor Johnson, che ebbe un successo immediato, e nel 1791, dopo averne già stampato alcuni frammenti, pubblicò il suo "opus magnum", La vita di Samuel Johnson, LL. D., in due volumi, il cui successo fu ancora più vasto e rapido del precedente. I suoi ultimi anni furono ciò nonostante infelici; la sua salute era minata dall'abituale intemperanza nell'uso di bevande alcooliche, che egli cercò invano di dominare. Nel maggio 1795 moriva dopo una breve malattia.
Questo "avvocatuccio scozzese", che Macaulay ci ha descritto "servile e impertinente, superficiale e pedante, bigotto e fatuo", è l'autore della più grande biografia che esista in lingua inglese. Malgrado la sua vanità, la sua mondanità e il suo amore per la notorietà, egli era dotato di una grande capacità di devozione: quando vedeva la grandezza, non poteva fare a meno di camminarle accanto" (Carlyle). La scelta del suo eroe fu disinteressata: poteva certamente trovarne molti altri più altolocati e più influenti; ma, attirato dalla religiosità e dalla sapienza degli scritti del Johnson, non si lasciò impressionare nè dalla sua povertà, nè dalle sue spiacevoli caratteristiche personali, nè dalla sua rozzezza. La relazione tra "il rozzo Samuele e il leccato damerino Giacomo" fu quella di maestro e discepolo; ed è il tratto migliore del carattere del Boswell. Cortigiano e adulatore verso gli altri, Boswell ha difatti per Johnson un affetto generoso e ammirevole. Egli lo vede completamente, con tutti i suoi difetti e con tutti i suoi pregiudizî; e alle volte conversando con lui mostra di saperlo anche contraddire, con vigore e con forza, sebbene spesso, per il desiderio di far parlare Johnson, preferisca restare in una posizione di sottordine. Soprattutto però egli seppe guadagnarsi veramente la stima e l'affetto di Johnson, come risulta da ripetuti passi delle lettere di questi e dalle osservazioni degli amici: abbondano infatti le testimonianze tanto della stima quanto dell'ilarità che presso tutti soleva suscitare.
Il suo vanto con l'amico Temple che "la Vita sarebbe stata senza eccezione la più divertente biografia che questi avesse mai letta", è ampiamente giustificato. Lo stile non ha individualità, e l'eroe non viene presentato da nessun punto di vista particolare; ma l'opera è un'esatta e fedele scultura da tutti i lati. Mediante un infaticabile accumula e di particolari egli riesce a costruire un'immagine concreta e viva: non un ritratto artificiale, ma una figura reale, materiata di vita. È stato un bene che un argomento senza eguali abbia trovato un espositore senza uguali. L'ironica considerazione che "qualunque pazzo può fare per sbaglio un'opera di valore" non ha fondamento. Senza la singolare coincidenza delle diverse qualità del Boswell, questo libro non sarebbe mai stato scritto. Egli unisce il gaio chiacchierio della signora Piozzi con la solidità costruttiva biografi a di sir John Hawkins; è meticolosamente esatto eppure sempre suggestivo; con la ricchezza nei particolari non oscura mai l'effetto drammatico, spesso ottenuto mediante la riproduzione delle parole stesse di Johnson. Il Giornale di un viaggio alle Ebridi è un tentativo precedente nel medesimo genere. Le sue lettere all'amico Temple sono un miracolo di candore: la sua avida curiosità, la sua adulazione dei potenti, il suo temperamento erotico vi si manifestano insieme col suo buon cuore, con la sua generosità e con la sua fedele amicizia.
Ediz.: J. Boswell, Life of Johnson, including the Journal of a Tour to the Hebrides, a cura di Birkbeck Hill, 6 voll., Londra 1887; The letters of J. B. a cura di B. Tinker, 2 voll., Londra 1924; C. Rogers, Boswelliana, con biografia, Londra 1876; G. Scott, Life of Boswell, in Englich Men of Letters (d'imminente pubblicazione). Cfr. anche i saggi di Carlyle e di Macaulay.