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Chirac, Jacques-René

di Ciro Lo Muzio - Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2006)
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Chirac, Jacques-René

Ciro Lo Muzio

Uomo politico francese, nato a Parigi il 29 novembre 1932, dal 1995 presidente della Repubblica francese. Formatosi all'Institut d'études politiques de Paris (1951-1954) e all'École nationale d'administration (1957-1959), cominciò la sua carriera come funzionario statale; nel 1962 era capo del personale dell'allora primo ministro G.-J.-R. Pompidou. Entrato in politica negli anni Cinquanta, inizialmente attratto dalla sinistra, si schierò poi su posizioni golliste. Deputato dal 1967, dopo vari incarichi istituzionali, fu ministro dell'Agricoltura e dello Sviluppo rurale (1972-1974), degli Interni (1974) e primo ministro (1974-1976). Ricoprì inoltre gli incarichi di segretario generale dell'Union des démocrats pour la république (UDR; 1974-1976) e di presidente del Rassemblement pour la république (RPR, nuova denominazione del partito gollista; 1976-1994). Nel 1977 fu eletto sindaco di Parigi (riconfermato nel 1983 e nel 1989) e nel 1981 si candidò alle elezioni presidenziali, vinte da F.-M.-M. Mitterrand. Nel 1986 fu nuovamente primo ministro di un gabinetto di centrodestra, trovandosi in anomala 'coabitazione' con il presidente Mitterrand. Dopo la seconda sconfitta alle elezioni presidenziali del 1988, lasciò la guida del governo.

Nel 1994 si dimise da presidente del RPR e nel maggio 1995 fu eletto presidente della Repubblica, battendo al ballottaggio il socialista L. Jospin. In giugno C. dispose la ripresa degli esperimenti nucleari, sospesi dal 1992, nell'atollo di Mururoa (Polinesia Francese); le sei esplosioni suscitarono le proteste di diversi Paesi del Pacifico e dell'Asia orientale, nonché dei movimenti ambientalisti e antinucleari. Nel febbraio 1996 C. annunciò la cessazione dei test nucleari e in settembre la Francia era tra i Paesi firmatari del Trattato di interdizione totale dei test nucleari (Comprehensive Nuclear Test Ban Treaty).

Per quanto riguarda la politica interna, nei primi mesi del suo mandato, disattendendo il programma elettorale, che prospettava tagli alle imposte, misure di carattere sociale e incentivi all'occupazione, il presidente - con il primo ministro A. Juppé, dell'ala conservatrice - varava un riassetto economico di orientamento neoliberista, in larga parte basato su tagli alla spesa pubblica. Tali misure provocarono la reazione della sinistra e dei sindacati e causarono, alla fine del 1995, un'ondata di scioperi. Al fine di rafforzare la coalizione di governo e di rivitalizzare il sostegno al suo programma economico, nel 1997 C. sciolse il parlamento e indisse elezioni legislative anticipate (maggio-giugno). Queste, tuttavia, decretarono la vittoria del Parti socialiste (PS), che ottenne il 23,4% dei voti (241 seggi) contro il 15,7% del RPR (134 seggi), e C. ritornò al regime di 'coabitazione' con un primo ministro di parte avversa, Jospin, e indebolito nei suoi poteri.

Il 2000 fu segnato dalle accuse di corruzione e abuso d'ufficio mosse a C. nell'ambito di indagini su finanziamenti illeciti del RPR e relativi agli anni del suo mandato di sindaco di Parigi. La mozione che richiedeva che il presidente potesse essere processato dall'Alta corte di giustizia, avanzata da trenta deputati dell'opposizione, fu tuttavia respinta e per C. fu confermata la garanzia dell'immunità.

Alle elezioni presidenziali del 2002 C. dovette fronteggiare un inatteso rivale, J.-M. Le Pen, leader del Front national (FN), partito di estrema destra di orientamento xenofobo. La percentuale di voti relativamente esigua ottenuta da C. al primo turno (19,8%, contro il 16,8% di Le Pen e il 16,1% di Jospin), si accrebbe notevolmente al ballottaggio (82%). Rieletto presidente, e traendo vantaggio dalla crisi che attraversava la sinistra dopo la sconfitta di Jospin, C. fondò un nuovo partito, l'Union pour la majorité presidentiale, in seguito ribattezzato Union pour un mouvement populaire (UMP), che vinse le elezioni legislative del giugno 2002 (33,3% dei voti, contro il 23,7% del PS e l'11,1% del FN). Il 14 luglio dello stesso anno, durante le celebrazioni della Bastiglia, scampò a un attentato compiuto da un esponente dell'Unité radicale, gruppo di estrema destra, poi condannato a 10 anni di prigione.

Molto attivo in politica estera e convinto fautore della moneta unica, C. si impegnò nondimeno a consolidare l'identità politica e l'autonomia della Francia all'interno dell'Unione Europea (UE), contribuendo, al contempo, a tener vivo il tradizionale asse franco-tedesco, nonostante le frizioni con il cancelliere H. Kohl. C. espresse dure critiche sulla politica statunitense in Medio Oriente, cercando di contrastare il piano di invasione dell'Irāq con la minaccia di veto a qualsiasi risoluzione venisse autorizzata in tal senso dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Sulla posizione di C., che fece da catalizzatore del dissenso manifestato anche da altri Stati nei confronti dell'opzione militare nel Paese mediorientale, furono sollevati sospetti di opportunismo economico che era legato a presunti rapporti privilegiati tra il governo francese e l'Irāq in merito alle forniture di petrolio: presunti rapporti che, tuttavia, successive indagini smentirono. Ulteriori tensioni con gli Stati Uniti furono causate dal sostegno che il primo ministro J.-P. Raffarin offrì alla Cina (aprile 2005) in merito all'introduzione di leggi tese a legittimare un'invasione cinese di Taiwan qualora quest'ultima avesse dichiarato la propria indipendenza, e dalle pressioni per una sospensione dell'embargo dell'Unione Europea sull'esportazione di armi in Cina.

Il prestigio di C. fu compromesso dagli esiti del referendum sulla ratificazione della Costituzione europea (maggio 2005). Con una maggioranza del 55% (su una percentuale di votanti del 69%), la consultazione decretò la vittoria del 'no', che secondo alcuni esprimeva, più in generale, una diffusa disapprovazione verso la politica del presidente e del suo partito.

bibliografia

J.-M. Tondre, Jacques Chirac dans le texte, Paris 2000.

E. Zemmour, Chirac, l'homme qui ne s'aimait pas, Paris 2002.

Vedi anche
Lionel Jospin Uomo politico francese (n. Meudon 1937). Socialista, è stato primo ministro (1997-2002) di un governo comprendente tutte le componenti della sinistra. Difensore della tradizione socialista francese, prese le distanze dal manifesto social-liberale di T. Blair e G. Schröder. Candidato alle presidenziali ... Jean-Marie Le Pen Uomo politico francese (n. La Trinité-sur-Mer 1928), ex presidente del partito di estrema destra Front national (FN), da lui fondato nel 1972; il suo programma politico, fortemente nazionalista, prevede rigide restrizioni sull'immigrazione da paesi extraeuropei, maggiore indipendenza della Francia dall'Unione ... Nicolas Sarkozy Uomo politico francese (n. Parigi 1955). Avvocato, politicamente neo-gollista, dal 1993 ha detenuto diversi ministeri negli esecutivi di É. Balladur, P. Raffarin e D. de Villepin. Presidente della Repubblica dal 2007 al 2012, ha alternato atteggiamenti ora più improntati a un deciso conservatorismo ora ... Valéry Giscard d'Estaing Uomo politico francese (Coblenza 1926 - Tours 2020). Deputato (1956) per il Centre national des indépendants, nel 1959 fu nominato sottosegretario alle Finanze. Ministro delle Finanze dal genn. 1962 al genn. 1966 nei gabinetti Debré e Pompidou, assunse la principale responsabilità del piano di stabilizzazione ...
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Vocabolario
rène
rene rène s. m. [dal lat. ren renis; cfr. reni]. – 1. a. In anatomia, organo proprio dei vertebrati che secerne l’urina, assicurando l’eliminazione dall’organismo (attraverso un complesso meccanismo di filtrazione glomerulare e riassorbimento...
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