BOSSUET, Jacques-Bénigne
Nacque a Digione il 27 settembre 1627. Canonico di Metz a 13 anni, studiò fino al 1642 con i gesuiti, poi a Parigi nel collegio di Navarra. Dottore e sacerdote nel 1652, arcidiacono di Sarrebourg presso la cattedrale di Metz fino al 1659, iniziò in quell'anno a Parigi il periodo delle grandi stazioni e delle celebri orazioni funebri. Vescovo di Condom nel 1669, si dimise nell'ottobre del 1671 perché nominato precettore del Delfino (dal 1670 al 1680), per il quale fece una raccolta di classici e scrisse tra l'altro il Discours sur l'histoire universelle. La sua polemica con i protestanti, iniziata fin dal 1655 e svolta più tardi accanto ai giansenisti, soprattutto con l'Histoire des variations des Églises protestantes sul dogma dell'eucaristia (1688); la sua funzione di moderatore nell'assemblea del clero del 1682, aperta col sermone sull'Unité de l'Église, accentrano intorno a lui le vicende religiose del tempo. Il quietismo di Fénelon, il filosofismo di Malebranche, l'esegesi biblica di Richard Simon, il liberalismo politico del liberale Jurieu, il lassismo e il risorto giansenismo (assemblea del clero del 1700) trovarono in lui l'oppositore spietato, il difensore instancabile e convinto della Chiesa e dell'autorità. I progetti di riunione delle due chiese formati con Leibniz (1692-93 e 1699) fallirono. Vescovo di Meaux fin dal 1680 (è chiamato perciò l'aigle de Meaux), meraviglioso predicatore e direttore spirituale nella sua diocesi fino agli ultimi giorni della sua vita, tormentato dalla malattia della pietra, morì il 12 aprile 1704, mentre ancora lavorava alla Defense de la tradition des Saints-Pères contro R. Simon.
L'assiduo studio dei libri sacri e dei Padri della Chiesa gli ha dato una fede, che non conosce dubbî, nella verità rivelata da Dio, provata dal sacrificio di Cristo, dimostrata dal corso della storia, vivente oggi solo nella tradizione ininterrotta della Chiesa cattolica. Perciò B. può accogliere ben poco della filosofia di Cartesio, di cui gli sfugge la profonda originalità, e i cui sviluppi in Malebranche lo atterriscono, in quanto, sostituendo il libero esame all'autorità, autorizzano il tollerantismo e il socinianismo. Questo suo sentimento profondo dell'autorità vuol dire in fondo sfiducia nell'uomo (onde la sua avversione per tutto ciò che rappresenta in religione opinione individuale e sottigliezza di spiriti femminili, come in Fénelon), e confidenza assoluta nella Provvidenza la cui opera s'attua necessariamente attraverso l'apparente confusione della storia. Avere un inizio umano è la colpa e la condanna del protestantesimo; autorizzare con la critica esegetica il concetto della storicità dei libri sacri è quella di R. Simon. Le trattative con Leibniz sono condannate a fallire per il rifiuto dei protestanti d'accogliere il concilio di Trento, cioè la tradizione. La sua dottrina politica fondata sulla distinzione assoluta del temporale e dello spirituale (necessaria anche per facilitare la conciliazione coi protestanti) è coerentemente assolutistica e conservatrice, e, se pur moderatamente, gallicana: quale l'incarna ai suoi occhi Luigi XIV, di cui applica con fermezza, nella sua diocesi, il decreto di revoca dell'editto di Nantes, geloso, più che dell'intimità delle coscienze, del carattere sacro della religione.
Animato da questa fede, il B. non si preoccupa di conciliare il contrasto solo apparente tra la prescienza divina e il libero arbitrio; sente solo di dover tenere bene stretti ambedue i capi della catena infinita che unisce l'uomo a Dio e si perde nel mistero. Onde la Provvidenza lascia il posto nella storia all'opera dell'uomo (e perciò B. può fare nell'Histoire des variations opera di storico), e la grazia ai meriti della vita fattiva del cristiano, che non si adagia passivamente nelle beatitudini del puro amore quietista, ma realizza in ogni attimo di vita la sua fede e conquista la sua eternità. La sua morale essenzialmente rigorista (onde la sua ammirazione per Port-Royal e l'accusa, da parte di Fénelon, di giansenismo) informa la sua predicazione che mira al cuore e al buon senso, e dà, col suo entusiasmo, il senso vivo dell'unità della tradizione che si concretizza nell'unità degli spiriti. Grande in B. è l'oratore, educato sulla Bibbia e sui classici, che sa rivivere con grande passione e animare di profonda e umana poesia i dogmi più astratti.
Edizioni delle opere complete: Venezia, 10 voll., 1736-1757; ed. Pérau et Léroy, 12 voll. portati a 20 nella 2ª ed., Parigi 1743-1753; ed. dei Benedettini, 19 voll., Parigi 1772-1778; ed. di Versailles, 43 voll., 1815-1819, la migliore, riprodotta in tutte le edizioni posteriori, fino a quella del Lachat, 31 voll., Parigi 1862-1866. Øuvres oratoires, curate dal Léberg, 7 voll., ed. a cura di Urbain e Levesque, Parigi 1913-1922. Correspondance, racc. da Urbain e Levesque, 15 voll., Parigi 1925.
Bibl.: Lédieu, Mémoires et journal, editi da Guetté, Parigi 1856-57; De Bausset, Histoire de J. B. B., Parigi 1814; Réaume, Histoire de B., Parigi 1869; Floquet, Études sur la vie de B., ecc., Parigi 1855; id., B. précepteur du Dauphin, ecc., Parigi 1864; Rébelliau, Bossuet, Parigi 1900; Urbain, Bibliogr. crit. de B., Parigi 1899; Verlaque, Bibl. raisonnée des oeuvres de B., Parigi 1908.