AMYOT, Jacques
Nato a Melun il 30 ottobre 1513, morto il 6 febbraio 1593. Di famiglia povera, studiò a Parigi, si formò una solida cultura classica, insegnò greco e latino all'università di Bourges: quivi cominciò la grande traduzione francese di Plutarco, a cui resta affidato il suo nome. Il re di Francia, Francesco I, gli assegnò nel 1547 l'abbazia di Bellozane affinché potesse lavorare con agio; viaggiò in Italia per meglio studiare il testo di Plutarco sugli antichi manoscritti: era a Venezia fra il 1548 e il 1550, l'anno di poi a Roma, e a Trento per una breve missione presso il Concilio; tornò in Francia nel '52 al seguito del cardinale di Tournon. Precettore dei figli di Enrico II, dal suo discepolo, divenuto il re Carlo IX, fu nominato il 6 dicembre 1560 grande elemosiniere di Francia; salì più tardi al vescovato di Auxerre. La sua lunga vita di studio trascorse fra la stima affettuosa dei contemporanei; solo fu turbata negli ultimi anni dalle lotte di religione, poich'egli dovette fuggire da Blois, sotto l'ingiusta accusa d'aver consigliato l'assassinio dei signori di Guisa, e nella sua stessa diocesi, agitata dagli elementi anticattolici, ebbe a subire danni, insidie e oltraggi. Ellenista di grande valore, si dedicò unicamente alle traduzioni: pubblicò dapprima quelle di Eliodoro (1547), di Diodoro Siculo, libri XI-XVII (1554), di Longo Sofista (Les Amours pastorales de Daphnis et Chloé, 1559) e finalmente quella di Plutarco (Vies des hommes illustres, 1559; 2ª ed., 1565, con numerose correzioni, dovute in gran parte alla traduzione latina di Xylander, apparsa nel 1561; Oeuvres Morales, 1572). Il Plutarco è uno dei libri che più contribuirono alla cultura classica francese del sec. XVI.
Prima di lui, alcune vite erano state volgarizzate da Simon Bouigouyn, Arnauld Chandon, George de Selve, vescovo di Lavaur, morto nel 1542: quest'ultimo aveva atteso ad esse per consiglio di Francesco I, e l'Amyot ne seguì le orme: però, attraverso il suo lavoro, di cui restano manoscritte alcune redazioni condotte sull'edizione giuntina del testo greco (1517), col sussidio della versione latina "variorum", l'Amyot migliorò il suo metodo di traduzione, sotto l'aspetto sia filologico, sia artistico.
Ad attuare il programma umanistico di Guillaume Budé, che aspirava massimamente ad accostare lo spirito francese al pensiero ed all'arte ellenica, l'Amyot si valse dell'innata sua attitudine di scrittore e la disciplinò con una cura ostinata: già vecchio, e vicino a morte, egli raccoglieva altre varianti, e aggiungeva correzioni al suo libro. Egli considerò Plutarco come uno scrittore vivo e interessante, utile per la cultura del suo paese, e si propose di escludere ogni traccia di pedanteria dal proprio linguaggio per riprodurre quanto più gli fosse possibile la semplicità e il vigore dell'originale. E così, tutto rivolto alla precisione e alla chiarezza logica, presentò nelle pagine dello scrittore greco, divenuto limpidamente moderno, uno dei primi rmodelli della prosa letteraria francese; secondo un critico del tempo, il Du Verdier, "si dubita se Plutarco meglio discorra nella sua lingua con la dolcezza della Grecia che in francese con la grazia d'Amyot", e basti ricordare che il Montaigne si penetrò talmente dello stile d'Amyot, che inserì passi interi del Plutarco negli Essais e talora dimenticò di citarlo.
R. Sturel, Jacques Amyot traducteur des Vies parallèlès de Plutarque, Parigi 1908; J de Zangroniz, Montaigne, Amyot et Saliat, Parigi 1906.