SALVIATI, Jacopo
SALVIATI, Jacopo. – Figlio di Alamanno di Francesco e di Contessa Bonfiglioli, nacque nella seconda metà del XIV secolo, in data imprecisata.
Prima di dedicarsi esclusivamente alla carriera politica, Salviati iniziò l’attività mercantile come iscritto all’Arte della lana, nella quale risulta immatricolato nel 1386. Nel 1388 sposò, in prime nozze, Albiera Gucci da cui ebbe almeno tre figli maschi che raggiunsero l’età adulta, Alamanno, Bernardo e Calvano, a cui Jacopo lasciò le sue fiorenti botteghe laniere che aveva ereditato dal padre Alamanno.
Nel 1391, il suo nome venne estratto (veduto), ma non selezionato per il ruolo di gonfaloniere di Compagnia, per il quartiere di Santa Croce, nel ‘gonfalone della Ruota’. È possibile che la mancanza di nomina fosse dovuta alla giovane età di Jacopo, dato che per i successivi sei anni, il suo nome non venne mai selezionato (squittinato), ma solamente veduto. Nel 1393, infatti, venne nuovamente selezionato, ma non eletto, per il ruolo di priore, ruolo per cui venne veduto anche nel giugno e nell’ottobre del 1395, e nel giugno del 1396. Nello stesso biennio, il suo nome venne estratto due volte per un ruolo nei Dodici buonuomini – nel settembre 1395 e nel giugno 1396 – e un’altra volta per il ruolo di gonfaloniere di Compagnia nell’agosto 1395.
Nell’aprile 1397, Jacopo Salviati divenne il gonfaloniere di Compagnia per il quartiere di Santa Croce, nel ‘gonfalone della Ruota’: da quel momento in avanti egli lasciò la conduzione delle sue botteghe laniere per dedicarsi in maniera esclusiva al servizio della città di Firenze. Un anno dopo, nel 1398, Salviati fu eletto priore delle Arti del popolo di Firenze. L’ufficio cominciò il 1° maggio e dieci giorni dopo venne conclusa una tregua di dieci anni tra il duca di Milano da un lato, e le città di Lucca, Firenze e Venezia dall’altro.
Il priorato precedette di poco il primo ruolo diplomatico affidato a Jacopo dalla Signoria di Firenze: un’ambasceria a Perugia, insieme con Alessio di Jacopo degli Albizzi. L’ambasceria aveva il tripartito scopo di stabilire un’alleanza tra la città di Perugia e il signore di Foligno, Ugolino Trinci; assicurare a Perugia la protezione di Firenze nel mantenimento della propria libertà; risolvere una questione di politica interna perugina.
Rientrato a Firenze nella seconda metà di novembre del 1397, il suo nome venne quasi immediatamente tratto per l’ufficio dei Dodici buonuomini, cominciato il 15 marzo 1399 e terminato tre mesi più tardi. Dal dicembre 1399 al 3 luglio 1400, venne mandato come podestà di Montepulciano, al posto di Iacopo di Niccolò Ricciaboni. Alla fine del suo mandato venne sostituito da Paolo di Cino de’ Nobili e ripartì alla volta di Firenze.
Poiché, però, in quel momento a Firenze era in atto un’epidemia di peste, Salviati decise di ritirarsi presso Arezzo, per evitarne le conseguenze. Nonostante ciò, nell’epidemia persero la vita la madre Contessa, il figlio Andrea, di 9 anni, e le figlie Lisa e Margherita, rispettivamente di 7 e 5 anni. Nello stesso anno (ottobre) ebbe l’onore e l’onere di organizzare un sontuoso funerale per Guccio da Casale, signore di Cortona, morto di peste in città.
Dopo un’esperienza come vicario in Valdinievole e Ariana (febbraio-agosto 1401), nel febbraio del 1402 fu inviato a Roma presso papa Bonifacio IX, insieme a Bartolomeo Popoleschi, a due ambasciatori di Roberto di Baviera e a due ambasciatori del signore di Padova Francesco Novello da Carrara, per trattare l’incoronazione imperiale di Roberto di Baviera, ma invano, perché l’eletto non ottemperò alle condizioni poste dal papa. Pochi mesi dopo (settembre 1402) fu incaricato con Tommaso di Neri Ardinghelli di riformare il Comune di Colle di Val d’Elsa e poi di ottenere da Paolo Guinigi, a Lucca, lo sblocco di una partita di merci fiorentine provenienti da Genova. Concluse questo intenso periodo con la carica vicariale ad Anghiari (dicembre 1402-giugno 1403; oltre il termine usuale, poiché il suo successore – Antonio d’Alessandro – aveva rifiutato l’incarico). Nel frattempo egli prendeva in sposa in seconde nozze Dianora di Fastello Petriboni (26 ottobre 1403).
Assai più rilevanti le successive tappe del cursus honorum di Salviati. Il 5 febbraio 1403, il suo nome venne ‘tratto’ per l’ufficio dei Dieci di Balìa ed egli rappresentò, dunque, il Comune nella campagna militare contro il ducato di Milano (giugno-ottobre 1403), ottenendo successivamente, per questa missione, il cavalierato (11 ottobre 1404). Nel settembre del 1403, fece parte con Maso Albizzi e Tommaso Sacchetti di una legazione presso Bonifacio IX – coronata da successo – per dissuadere il papa dalla ratifica immediata della pace che il suo stesso legato Baldassarre Cossa aveva siglato con il ducato di Milano; l’applicazione dei patti fu subordinata al consenso del Comune di Firenze. In una successiva legazione presso Carlo VI re di Francia, con Filippo Corsini e Niccolò Guasconi, protestò per l’appoggio fornito dal luogotenente regio Boucicaut alla città di Pisa, ottenendo la sospensione degli aiuti; e proprio di Pisa – che il Comune di Firenze aveva acquistato da Gabriele Maria Visconti – fu nominato, dai Dieci di Balìa, per tre mesi (5 settembre-18 dicembre 1405) capitano dell’esercito, contribuendo a reprimere la ribellione dei pisani e all’assoggettamento del contado.
Dopo una parentesi in patria (fu eletto infatti tra i Dodici buonuomini), operò ancora nella Toscana occidentale, affiancando, per incarico dei Dieci di Balìa, il capitano Obizzo da Montegarullo (3 aprile 1406) all’assedio di Vicopisano e recandosi presso Paolo Guinigi, signore di Lucca, allo scopo di far cessare il perdurante sequestro di beni commerciali fiorentini (4 settembre 1406; a Lucca sarebbe ritornato nell’aprile 1407 in occasione delle nozze di Guinigi con una da Varano). Il mese successivo (ottobre 1406) fu nominato capitano di Pistoia ed estratto come accoppiatore per il quartiere di S. Croce.
La serie ininterrotta di cariche pubbliche affidate a Salviati proseguì nel maggio 1407 con un’ambasciata a Genova, per risolvere una questione di risarcimenti che Pisa, ormai soggetta a Firenze, doveva a Genova ‘francese’; nel settembre dello stesso anno con una inutile missione diplomatica a Nizza presso Benedetto XIII e, infine, su tutt’altro scenario, nelle Alpi di Firenzuola ove fu vicario e di conseguenza inviato a Ferrara (ottobre 1407-marzo 1408). Dalla primavera 1408, comunque, al centro della vita politica fiorentina vi fu per qualche anno il problema dei rapporti con Ladislao re di Napoli e Salviati fu pressoché continuativamente coinvolto in queste trattative.
Innanzitutto, con Filippo Magalotti, Lorenzo Ridolfi e Bartolomeo Valori si recò a Roma, di recente conquistata dal re, per dissuaderlo – a tutela della Toscana – dalla conquista di Perugia e per indurlo a sostenere il progettato Concilio di Pisa. Con Vanni Castellani, Salviati tornò presso il re, per perorare la causa del Concilio, nuovamente nel novembre 1408, e il 20 maggio 1409 fu nuovamente incaricato dai Dieci di Balìa di predisporre una strategia contro la possibile offensiva del re. Nei giorni successivi Salviati si recò pertanto con Giovanni Soderini a Bologna, ove si riunirono i rappresentanti dell’alleanza contro Ladislao; e nel giugno fu con Vieri Guadagni e Pandolfo Malatesta signore di Pesaro presso l’esercito, schierato a Monte San Savino. Nella stessa linea gli impegni dei mesi successivi: capitano di guardia ad Arezzo dal novembre 1409 al 25 aprile 1410, nel mese seguente si recò a Piombino a supportare il re Luigi d’Angiò, che – in cerca di alleati contro Ladislao – andò incontro a una sconfitta navale presso lo scoglio della Meloria (17 maggio 1410); con lui, Salviati si incontrò nei giorni successivi insieme con Buonaccorso Pitti, per discutere dell’appoggio fiorentino, e fu il suo ultimo impegno di questa intensissima fase di attività diplomatica.
Nel gennaio 1411 venne nominato capitano della Guardia della cittadella di Pisa, per due mesi; a questo impegno seguì, nel giugno dello stesso anno, l’ambasceria a Bologna, con Agnolo di Filippo di Ser Giovanni, per risolvere una questione territoriale tra la città e i Malatesta. Questa fu l’ultima carica pubblica coperta da Salviati, che morì nel 1412, lasciando un figlio appena nato, ribattezzato Jacopo in suo onore.
Proveniente da una famiglia di antica nobiltà, Salviati si configura come un cittadino esemplarmente dedito alla vita politica, che in talune congiunture appare quasi indispensabile allo Stato fiorentino, un vero ‘specialista’ della diplomazia ma anche dell’arte del governo – visto che ebbe anche cariche militari di notevole responsabilità. Pur non arrivando mai alla carica più alta dell’ordinamento politico del Comune di Firenze, il gonfalonierato di Giustizia, egli collezionò comunque incarichi di tutto rispetto, che non solo lo posero al centro del panorama fiorentino, ma lo collocarono anche in un contesto politico internazionale.
La sua figura, pur molto significativa, dovette attendere autorevoli storici posteriori come Scipione Ammirato per essere giustamente valorizzata. La più importante fonte storica coeva che è giunta fino a noi (conservata in originale nell’Archivio Salviati e data alle stampe alla fine del XIX secolo) è la sua autobiografia: testo molto puntuale e ricco di informazioni, costituisce uno strumento essenziale per la ricostruzione degli eventi pubblici e privati della sua vita. Da essa è possibile ricostruire la consapevole immagine di un cittadino modello, virtuoso e dedito allo Stato.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Dieci di Balia 3, c. 1r; Relationi di ambasciatori 1395-1402, cc. 34-42; Tratte 78, cc. 6r, 182r; 79, cc. 12v, 91r, 166v; 80, cc. 15r, 155r-v; 81, c. 250v; 83, c. 26r; 596, c. 153r; 597, cc. 5r, 45r, 48v, 51r, 53v, 65r, 67v, 83r, 105v, 125v; 598, c. 60r; 599, cc. 69r, 74r, 76v, 78v; 600, cc. 6r-v, 56r; Archivio Salviati, Priorista, 213; Serie II, 2 (Memorie di messer Jacopo di Alamanno Salviati); R. Malespini, Istoria fiorentina di Ricordano Malespini coll’aggiunta di Giachetto Malespini e la Cronica di Giovanni Morelli, Firenze 1718, p. 319; J. Salviati, Cronica, o memorie di Iacopo Salviati dall’anno 1398 al 1411, in Delizie degli eruditi toscani, a cura di fr. Ildefonso di San Luigi, XVIII, Firenze 1784, pp. 175-381; Istorie fiorentine di Scipione Ammirato, a cura di L. Marchini - G. Becherini, VI, Firenze 1824, libro XVII, p. 360, libro XVIII, p. 333.
S. Ammirato, Vescovi di Fiesole, di Volterra e di Arezzo, Firenze 1637, pp. 40, 92; Id., Albero e Istoria della famiglia dei conti Guidi, Firenze 1640, p. 23; A. Mazzarosa, Storia di Lucca dalla sua origine fino al MDCCCXIV, Lucca 1833, p. 248; P. Hurtubise, Une famille-témoin. Les Salviati, Città del Vaticano 1985, pp. 27, 29, 37-42, 44 nota, 45, 62, 72 nota, 74, 76-78, 80, 84-86, 94, 99, 103-106, 108 s., 115, 124 s., 128, 130, 145, 269, 287, 289, 367, 373; S.K. Cohn, Creating the Florentine State. Peasants and rebellion, 1348-1434, Cambridge 1999, pp. 120-122, 136, 194.