PARISATI, Jacopo
(Jacopo di Parisio, Jacopo da Montagnana). – Incerta è la data di nascita di questo pittore, figlio del cerdo (calzolaio o conciapelli) Parisio di Parisio. La proposta di fissarla tra il 1440 e il 1443, avanzata da Andrea Moschetti (in Lazzarini, 1908, ed. anast. 1974, p. 118), è stata accolta dalla critica successiva con l’eccezione di Mauro Lucco (1990), più propenso a ipotizzare una data attorno al 1448.
La professione del padre e la residenza a Montagnana sono documentate da una polizza d’estimo dell’ottobre del 1460, nella quale vengono denunciati terreni nella campagna montagnanese e una casa di abitazione in muratura e coppi, ubicata in contrada Pindexaro, nel quartiere nordoccidentale Alberi. Il padre era già morto nel 1469, mentre nessuna notizia ci è giunta della madre. Jacopo aveva due fratelli: Giovanni Francesco, probabilmente il primogenito, che raggiunse la maggiore età nel 1446, quando compare come testimone in un atto di compravendita, e Biagio, che si trasferì a Padova come Jacopo. Quest’ultimo era probabilmente il secondogenito, in considerazione dell’ordine con cui sono nominati i tre fratelli in un documento di procura relativo ai diritti vantati verso la casa paterna (Danieli, in Jacopo da Montagnana, 2002, pp. 56 s.).
Una registrazione notarile del marzo 1457, che vede un «m[aestr]o Iacopo da Montagnana» conferire una procura all’usuraio Emanuele ebreo, non è considerata, giustamente, riferibile al nostro pittore, in quanto l’indicazione «da Montagnana» indica con maggiore probabilità un ceppo famigliare distinto da quello dei Parisati (Danieli, in Jacopo da Montagnana, 2002, p. 58).
Per la prima menzione dell’artista si deve attendere il 12 giugno 1458, quando il padre di Jacopo, abitante nel borgo Ognissanti a Padova, stipulò un contratto di apprendistato a nome del figlio, in quel momento assente, con il pittore di origini emiliane Francesco del fu Giacomo Bazelieri, noto, a seconda della contrada di residenza, come ‘da Santa Margherita’ e ‘dalle Pescherie’ ovvero ‘da Sant’Andrea’. Il giovane pittore s’impegnava per la durata di tre anni, a decorrere dal marzo appena trascorso, a compiere «quecunque possibilis sibi inposita ab ipso magistro Francisco circa dictam artem et exercitium pingendi» in cambio di vitto, alloggio e vestiti (Lazzarini, 1908, ed. anast. 1974, pp. 117 s., doc. CXXXVI). Fino al 1469, anno della registrazione di Jacopo alla fraglia dei pittori padovani (Urzì, 1932, p. 216), non sono note sue opere firmate o documentate; la prima commissione a lui riferibile risale al 29 novembre di quell’anno, quando il pittore veneziano Matteo dal Pozzo e il padovano Pietro Calzetta ricevettero l’incarico da parte degli esecutori testamentari del condottiero Erasmo da Narni e dei massari dell’Arca del Santo di decorare ad affresco la perduta cappella Gattamelata nella basilica antoniana, «cum figuris et historiis», secondo quanto richiesto dalla vedova del condottiero (Danieli, in Jacopo da Montagnana, 2002, pp. 77 nota 97, 78). A Jacopo da Montagnana il giorno seguente venne assegnato dai due pittori un terzo del lavoro, e, in seguito alla morte del dal Pozzo nel 1471, il completamento di quanto iniziato dal maestro deceduto. L’affidamento di quest’ultima commissione avvenne ufficialmente solo nel maggio del 1473, quando Jacopo vinse la gara con il pittore padovano Angelo Zoppo, realizzando «unum sanctum» giudicato migliore di quello dipinto dal collega (Danieli, in Jacopo da Montagnana, 2002, pp. 77 s.). Sempre a Jacopo fu affidata la decorazione di quattro facciate del chiostro del Noviziato, che nel 1488 non era ancora conclusa (Lucco, 1984, p. 132).
Per la stessa basilica, Jacopo avrebbe disegnato inoltre, nel 1472, i paramenti per papa Sisto IV, venti candelabri per il coro, scolpiti nel 1482 da Minello de’ Bardi e da Bernardino tagliapietra del borgo S. Croce (Moschetti, 1940, pp. 36 s. docc. XIII-XV; Gonzati, 1852), e altri lavori minori.
Nel ricordare il sodalizio con il Calzetta, non si deve dimenticare che Jacopo sposò la sorella di lui, Angela, dalla quale ebbe quattro figli (Marcantonio, Lucrezia, Giulia, e Iacopo, anch’egli pittore), e che probabilmente con lui condivise l’abitazione di Volto dei Negri. Pietro, infatti, nominando nel suo testamento del 19 marzo 1486 Jacopo come erede universale, dichiarò che il cognato era «habitantem simul in domo» (Medin, 1910, p. 21 doc. III).
Nel novembre 1469 il pittore dimorava in contrada Borghese, nei pressi di S. Leonardo, e dal 1472 al 1474 nel borgo dei Rogati, ma una testimonianza del 1471 lo ricorda abitante in Volto dei Negri.
Sempre al 1471 risale anche il contatto con la famiglia Olzignani «causa et occasione picturarum factarum», proprietaria di «uno San Cristophano» del pittore montagnanese (Danieli, in Jacopo da Montagnana, 2002, pp. 68, 82).
Morto Pietro Calzetta nel maggio del 1486, Jacopo instaurò un nuovo sodalizio con il pittore padovano Prospero da Piazzola, che ebbe il ruolo di suo collaboratore subalterno. In quello stesso anno Prospero ricevette l’incarico di dipingere il «cornizon de Sancto Antonio de zenzedeli», realizzato da un non meglio specificato Bernardino intagliatore su disegno di Jacopo (Moschetti, 1940, p. 181 doc. XXIII). I due pittori collaborarono l’anno seguente per alcuni lavori nel palazzo vescovile di Padova (Id., 1940, pp. 181 s.; Zanocco, 1928, p. 244; Sambin, 1962, pp. 104-106), voluti da Pietro Barozzi, nominato alla guida della diocesi padovana in quello stesso anno. Il 16 maggio 1488 Jacopo fu presente a Padova al testamento di Giovanni strengarius «abitante al volto dei Negri» e l’anno seguente venne eletto Savio della Scuola di S. Maria dei Servi (Danieli, in Jacopo da Montagnana, 2002, pp. 71, 86).
Entro il 12 novembre 1490 il pittore decorò ad affresco la sala del Consiglio maggiore del palazzo comunale di Belluno, che conosciamo grazie ad alcuni frammenti di affresco conservati nel locale Museo civico, ai disegni di Ippolito Caffi e alle incisioni di Melchiorre Toller (Catalogo, 1983). Jacopo tornò a lavorare in Vescovado il 5 settembre 1494 per affrescare la cappella privata voluta da Pietro Barozzi, e il 24 gennaio 1495 per dipingere il Trittico dell’Annunciazione ancora in situ sull’altare, mentre con Prospero da Piazzola, a partire dal 14 agosto 1497, divise l’incarico di decorare la sala ‘da basso’ e l’esterno del palazzo (De Nicolò Salmazo, in Jacopo da Montagnana, 2002, pp. 227, 241). Non è chiaro, invece, quando Jacopo venne chiamato ad affrescare il presbiterio del santuario di Monteortone ad Abano Terme (Padova), consacrato dal Barozzi il 28 agosto 1497.
Sappiamo in ogni caso che, nel momento in cui il pittore stipulò il contratto per affrescare la cappella in Vescovado, il 5 settembre 1494, l’unica deroga tollerata per l’interruzione dei lavori poteva essere la richiesta dei fabbricieri di Monteortone di proseguire la commissione, sospesa in seguito alla grave malattia che aveva colpito la moglie (Sartori, 1976, p. 181b).
Morì, forse a Padova, in un lasso di tempo compreso tra il 20 aprile del 1499, giorno in cui dettò il proprio testamento (Moschetti, 1940, p. 187 doc. XL) e il 14 agosto dello stesso anno, quando risulta già defunto (Sambin, 1962, p. 107).
La critica otto-novecentesca, sulla scorta delle parole di Giorgio Vasari (1550 e 1568) e di Carlo Ridolfi (1648), ha rilanciato a più riprese l’ipotesi di un alunnato di Jacopo presso Giovanni Bellini, collocabile nel settimo decennio del secolo (Lucco, 1990, p. 753; Dal Pozzolo, pp. 151 s., De Marchi, p. 162 e Merkel, in Jacopo da Montagnana, 2002). Se Mauro Lucco (1990, p. 753) ed Ettore Merkel (2002, p. 120) ipotizzano addirittura un suo soggiorno veneziano mai documentato, va senz’altro ricordato che il pittore ebbe la possibilità di entrare in contatto con Jacopo, Gentile e Giovanni Bellini nel 1460, quando i tre firmarono la pala della cappella Gattamelata al Santo, di cui sopravvivono solo i tre scomparti di predella e un pannello laterale (Callegari 1998, pp. 79-81).
L’affresco della Madonna col Bambino (Padova, Musei civici), staccato da una casa Obizzi – famiglia proprietaria dell’abitazione in Volto dei Negri, presso la chiesa di S. Maria dei Servi, in cui il pittore visse dal 1485 fino alla morte –, assieme alla Madonna col Bambino del santuario del Tresto a Ospedaletto Euganeo (Longhi, 1926, 1967, p. 91), edificato tra il 1468 e il 1470, e alla Madonna col Bambino della Johnson Collection di Philadelphia (De Marchi, in Jacopo da Montagnana, 2002, p. 165), costituiscono la prova della vicinanza tra Jacopo da Montagnana e Giovanni Bellini, sempre filtrata però da «un’accanita acribia grafica propriamente mantegnesca» (De Marchi, in Jacopo da Montagnana, 2002, p. 162).
I modelli belliniani cui Jacopo s’ispirò sono da individuare nelle giovanili Madonne Frizzoni (Venezia, Museo Correr), Trivulzio (Milano, Museo del Castello Sforzesco), dell’Isabella Stewart Gardner di Boston, e in quelle dipinte nei trittici di S. Lorenzo e della Madonna per la chiesa della Carità a Venezia (Venezia, Gallerie dell’Accademia), databili circa alla metà del settimo decennio del Quattrocento. La presenza di una Madonna con il caratteristico velo bianco, fissato al centro del petto da un fermaglio, ha consentito di assegnare dubitativamente a Jacopo anche la pala già nella chiesa padovana di S. Stefano (Venezia, Gallerie dell’Accademia), da leggersi come sua risposta al trittico di Andrea Mantegna per la basilica di S. Zeno a Verona, quest’ultimo riferimento figurativo anche per la Crocifissione di ubicazione sconosciuta (già New York, Historical Society; e New York, Collezione Pietro Corsini), attribuitagli da Bernard Berenson nel 1896 (De Marchi, in Jacopo da Montagnana, 2002, pp. 163 s., 166 s.).
Il catalogo delle opere più propriamente ‘mantegnesche’ di Jacopo da Montagnana, quello che presenta cioè i maggiori punti di contatto con le opere documentate, ha subito numerose revisioni (Banzato e Lucco, in Jacopo da Montagnana, 2002) a causa dell’assenza di dipinti ascrivibili con sicurezza ai pittori padovani suoi coetanei, ai quali la critica otto-novecentesca ha tentato a più riprese di restituire una fisionomia storico-artistica. Oltre alle opere già citate, gli vengono assegnate concordemente le seguenti: Cristo in pietà sorretto dalla Vergine, Budapest, Szépművészeti Múzeum; Madonna col Bambino, Ferrara, Pinacoteca nazionale; Deposizione di Cristo dalla croce, Hannover, Niedersächsiches Museum; Cristo in pietà tra la Vergine e s. Giovanni Evangelista, Padova, chiesa di S. Maria dei Servi; Trittico di S. Maria dei Servi, Padova, Musei civici; Compianto su Cristo morto, Padova, Museo diocesano; Annunciazione, già Monteortone, Venezia, Gallerie dell’Accademia; Cristo in pietà sorretto da due angeli, già Padova, chiesa degli Eremitani, cappella Ovetari; Madonna col Bambino, già (?) Montecatini, Collezione Caselli.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite… (1550 e 1568), a cura di P. Barocchi - R. Bettarini, III, Firenze, 1971, p. 440; C. Ridolfi, Le maraviglie dell’arte…, I, Venetia 1648, p. 73; B. Gonzati, La basilica di S. Antonio di Padova descritta e illustrata, I, Padova 1852, p. 66; N. Pietrucci, Biografia degli artisti padovani, Padova 1858, pp. 197-199; G.M. Urbani de Gheltof, Gli artisti del Rinascimento nel Vescovado di Padova, Padova 1883; V. Lazzarini, Documenti relativi alla pittura padovana del secolo XV (1908), ed. anast. Bologna 1974, passim; A. Medin, Nuovi documenti sul pittore Pietro Calzetta, in Bollettino del Museo civico di Padova, XIII (1910), 1-3, pp. 11-35; R. Longhi, Lettera pittorica a Giuseppe Fiocco (1926), in Id., Opere complete, II, 1, Firenze 1967, pp. 77-98; A. Moschetti, Di Jacopo da Montagnana e delle opere sue, in Bollettino del Museo civico di Padova, XVIII (1925), pp. 149-158, XXI (1928), pp. 165-219, XXIII (1930), pp. 122-188, XXVII-XXVIII (1934-1939), pp. 31-90, riediti in A. Moschetti, Di Jacopo da Montagnana e delle opere sue, Padova 1940, pp. 36 s., 181 s., 187; R. Zanocco, Il palazzo vescovile attuale nella storia e nell’arte della rinascenza (1309-1567), in Bollettino diocesano di Padova, XII (1928), 3, pp. 243-258; M. Urzì, I pittori registrati negli statuti della fraglia padovana dell’anno 1441, in Archivio veneto, XII (1932), 23-24, pp. 209-237; P. Sambin, Nuovi documenti per la storia della pittura in Padova dal XIV al XVI secolo. I. Prospero da Piazzola, Bartolomeo Montagna, Jacopo da Montagnana, Jacopo da Feltre, Nicoletto da Modena, in Bollettino del Museo civico di Padova, LI (1962), 1, pp. 99-126; A. Sartori, Documenti per la storia dell’arte a Padova, a cura di C. Fillarini, Vicenza 1976, pp. 180a-182a; Id., Archivio Sartori, I. Basilica e convento del Santo, a cura di G. Luisetto, Padova 1983, pp. 388-392, 964; Catalogo del Museo Civico di Belluno. I, I Dipinti, a cura di M. Lucco, Vicenza 1983, pp. 5-7 cat. 5; M. Lucco, Il Quattrocento, in Le pitture del Santo in Padova, a cura di C. Semenzato, Vicenza 1984, pp. 119-143; A. Sartori, Archivio Sartori, IV. Guida della basilica del Santo. Varie, artisti e musicisti al Santo e nel Veneto, a cura di G. Luisetto, Padova 1989, pp. 138a-139a; M. Lucco, Jacopo da Montagnana, in La pittura nel Veneto. Il Quattrocento, a cura di M. Lucco, II, Milano 1990, pp. 752 s.; R. Calle-gari, Scritti sull’arte padovana del Rinascimento, Udine 1998, pp. 63-86; Jacopo da Montagnana e la pittura padovana del secondo Quattrocento. Atti delle Giornate di studio, Montagnana - Padova... 1999, a cura A. De Nicolò Salmazo - G. Ericani, Padova 2002 (in partic. D. Banzato, Jacopo da Montagnana La vicenda critica, pp. 101-113; A. De Marchi, Primordi di Jacopo da Montagnana, pp. 161-170; G. Danieli, J. P. da Montagnana: note su famiglia, collaboratori e cerchie di committenza attraverso l’analisi di documenti editi e inediti, pp. 53-100; E.M. Dal Pozzolo, Quattro appunti su Jacopo da Montagnana, pp. 151-159; A. De Nicolò Salmazo, Un vescovo umanista e i suoi “maistri”: la cappella Barozzi nel Palazzo Vesco-vile di Padova, pp. 221-253; G. Ericani, Iacopo da Montagnana e la pittura di storia: Monteortone, Belluno e Montagnana, pp. 285-304; M. Lucco, Sul catalogo di Jacopo da Montagnana, pp. 133-150; E. Merkel, Iacopo P. da Montagnana, allievo di Giovanni Bellini a Venezia, pp. 115-132).