GADDI, Jacopo
Nacque a Firenze nei primi anni del sec. XVII. Il padre Camillo, primogenito di Jacopo Pitti - insigne studioso e politico - e di Maddalena di Sinibaldo Gaddi, aveva assunto il cognome materno secondo il testamento di Sinibaldo.
Piuttosto scarsi sono i dati sulla sua giovinezza e sui suoi studi. La prima notizia certa lo vede promotore e principe dell'Accademia degli Svogliati, che ebbe origine proprio in seguito ad alcune dotte riunioni che si tenevano nella sua casa. Qui venne fondata il 5 nov. 1620, anche se si dotò di nome definitivo, di leggi e impresa soltanto il 22 genn. 1637.
L'accademia fiorì sino al 1648, occupandosi principalmente di filosofia, arte militare e poesia, e accogliendo i più illustri letterati ed eruditi della Firenze del tempo, tra cui Alessandro Adimari e Poliziano Mancini. Tra i corrispondenti esterni di questo circolo va annoverato anche Gabriello Chiabrera, che probabilmente ai suoi componenti fa riferimento, chiamandoli "amici", in un sermone intitolato Contro l'effemminatezza dei giovani italiani, e proprio al G. indirizzato. Lo stesso John Milton, durante il suo soggiorno fiorentino del 1638-39, che lo vide ospite presso la dimora dei Gaddi, prese parte ad alcune adunanze degli Svogliati (16 e 17 sett. 1638, 24 e 31 marzo 1639), leggendo in una di queste occasioni un componimento latino in esametri. Allo stesso periodo va anche fatto risalire l'ingresso del G. in una delle più prestigiose accademie dell'epoca, quella degli Incogniti di Venezia, che gli riserveranno tra l'altro una biografia celebrativa nelle loro Glorie.
Il primo testo degno di rilievo composto durante questi anni è il Corollarium poeticum (Patavii 1628, poi Florentiae 1636).
Si tratta per lo più di componimenti d'occasione scritti per personaggi illustri spesso preceduti da una introduzione allegorica subito esplicata. Tali composizioni inaugurano peraltro un periodo denso di opere che intrecciano la forte tendenza al genere dell'elogio con intenti storico-antologici.
Ciò viene in particolare testimoniato dall'Elogiographus scilicet Elogia omnigena (Florentiae 1638), inizialmente in latino e poi tradotto in italiano da alcuni membri illustri dell'Accademia degli Svogliati (Firenze 1639). Sempre in questa chiave erudita va inoltre ricordato un suo Trattato istorico della famiglia Gaddi (Padova 1642). Importante anche il suo De scriptoribus non ecclesiasticis, Graecis, Latinis, Italicis Primorum gradum (I, Florentiae 1648; II, Lugduni 1649).
Si tratta di una storia letteraria di ampio respiro, suddivisa in cinque classi: filosofica, poetica, storica, oratoria e critica. Ognuna di esse contiene profili biografici e critici a partire dalla classicità fino a giungere all'epoca del compilatore. In quest'ambito, e tra le molteplici prese di posizione, va segnalata soprattutto l'attenzione alla tradizione fiorentina. Essa viene guardata in particolare sotto il profilo storico-trattatistico, e in questo senso notevole è il rilievo dato a Machiavelli e Guicciardini e al dibattito da essi suscitato. Da notare anche, nello stesso contesto, l'importanza decisiva e fondativa attribuita alla figura di Dante, che ne testimonia la fortuna nel primo Seicento. Quella del G. fu tra le storie letterarie più apprezzate del periodo, spesso citata e discussa dagli eruditi contemporanei.
Il 1649 sembra anche rappresentare una data decisiva nella biografia del G.: le sue opere si diradano e gli Svogliati interrompono le loro riunioni. Probabilmente è proprio a questa data che si può far risalire un oscuro episodio della sua vita, peraltro appena accennato da uno dei suoi maggiori biografi, l'Inghirami. In seguito a trame verosimilmente interne alla sua stessa famiglia - che gli procurarono una non meglio precisabile ostilità da parte di Ferdinando II - il G. venne costretto a un lungo esilio che si protrasse fino all'anno della morte.
È significativo che tutta la produzione successiva a tale data, la cui notizia ci è stata soltanto tramandata, rimanga inedita: così una Dissertazione sullo stato antico della Repubblica fiorentina, opera, peraltro, alla quale l'autore doveva tenere in modo particolare, e non a caso menzionata come appena intrapresa nella seconda parte del De scriptoribus non ecclesiasticis. Andrebbero ancora ricordati in questo elenco di testi rimasti sullo scrittoio un poema eroico, intitolato Politicus, sive Respublica liberata, e un trattato sulle Familiae Florentinae insignes.
Il G. morì in esilio, in località ignota, nel 1668.
Fonti e Bibl.: M. Guglielminetti - M. Masoero, Lettere e prose inedite… di Giovanni Ciampoli, in Studi seicenteschi, XIX (1978), pp. 203, 211 s., 226 (lettere di Ciampoli al G.); Glorie degli Accademici Incogniti, Venezia 1647, pp. 181-183; Liriche di G. Chiabrera, per cura di F.L. Mannucci, Torino 1926, pp. 209-211; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, pp. 326-328; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della Toscana, Firenze 1805, I, pp. 403 s.; II, p. 497; F. Inghirami, Storia della Toscana, s.l. 1844, pp. 109 s.; A. Belloni, Il Seicento, Milano 1929, p. 159; M. Maylender, Storia delle Accademie d'Italia, Bologna 1930, V, pp. 287-289; P. Rebora, Milton a Firenze, in Interpretazioni anglo-italiane, Bari 1961, pp. 144, 149, 153.