MOLESCHOTT, Jacob
(Jacobus Albertus Willebrordus). – Nacque il 9 ag. 1822 a ’s-Hertogenbosch, nella regione del Brabante settentrionale. La madre, Elizabeth Antonia van der Monde, era cattolica praticante. Il padre, Johannes Franciscus Gabriel, medico a Leida, era figlio di un noto farmacista.
Il dottor Johannes Moleschott «occupatissimo» dal suo incarico morì nel 1857 «vittima prima del tempo, nonostante la sua robusta costituzione, della devozione» per la «sua professione di medico», come ricordò lo stesso M. nell'introduzione al trattato Dell'alimentazione.
Il M. frequentò dapprima un collegio a Boxtel, nei pressi di ’s-Hertogenbosch, fino a quando un pastore luterano ne divenne il precettore privato. Apprese così la lingua francese, tedesca, inglese e latina. In seguito si iscrisse al ginnasio-liceo di Kleve, piccola città tedesca prossima al confine olandese e vicina al fiume Reno, dove il professor M. Fleischer lo introdusse alla lettura di Cicerone, Livio, Terenzio e Omero; delle materie scientifiche approfondì la dottrina ma non gli aspetti sperimentali.
Conseguita la licenza liceale, scelse di studiare medicina a Heidelberg dove si recò durante la primavera del 1842, e dove ebbe fra gli insegnanti L. Gmelin, considerato in Germania il fondatore della chimica fisiologica, il chimico W. Delffs, il fisico Ph. von Jolly, e Fr. Tiedemann come professore di anatomia e istologia. Gli interessi medico-scientifici spinsero il giovane M. a visitare Zurigo e Berna dove conobbe L. Oken, fra i principali esponenti della Naturphilosophie, primo rettore della nuova Università di Zurigo, e R.A. Kölliker, Privatdozent di anatomia comparata e fisiologia, esperto microscopista. Si recò anche a Giessen, dove rivide Th.L. Bischoff – anatomista, embriologo e fisiologo – che era stato suo professore durante i primi anni a Heidelberg, mentre i suoi interessi politici lo condussero nel Württemberg dove ebbe modo di confrontarsi con il teologo D.Fr. Strauss e il filosofo Fr. Vischer, incontrato a Tubinga.
Nel 1844 vinse un concorso a premi bandito dalla Società Teyleriana di Harlem con la sua «Osservazione critica alla teoria di Liebig sul nutrimento delle piante», in cui criticava l'opera Die Chemie in ihrer Anwendung auf Agrikultur und Physiologie del maestro della chimica moderna.
Nella sua teoria Justus Liebig sosteneva che l’anidride carbonica dell’atmosfera è sufficiente ad assicurare la nutrizione della vegetazione terrestre e che, di conseguenza, le piante non assorbono dal terreno sostanze organiche contenenti carbonio. Il M., ai tempi ancora laureando, sostenne la convinzione opposta, evidenziando errori metodologici di Liebig. L’opera gli valse la stima di numerosi scienziati e l’apprezzamento dello stesso Liebig.
Il 22 genn. 1845 il M. si laureò con una tesi dal titolo De Malpighianis pulmonum vesiculis (Heidelberg 1845), sotto la direzione del professor Jakob Henle, in cui attribuiva erroneamente alle pareti degli alveoli polmonari fibre muscolari. Affermazione corretta dallo stesso M. l’anno seguente, grazie alla scoperta che la forza di contrazione dei polmoni è assicurata da fibre elastiche. Dopo aver sostenuto a Leida il colloquium doctum, ovvero l’esame di abilitazione professionale, il M. si stabilì a Utrecht per esercitare la professione di medico generico. Divenne anche uno tra i frequentatori del laboratorio di G.J. Mulder; lì conobbe il noto fisiologo Fr.C. Donders, il botanico P. Harting, che non condivideva il suo entusiasmo per il monismo materialista, e il medico I. van Deen con il quale intrattenne una fitta corrispondenza scientifica e privata. Tra il 1846 e il 1848, con Donders e Van Deen, diede vita alla Holländische Beiträge zu den anatomischen und physiologischen Wissenschaften, prima rivista olandese – sebbene redatta in tedesco – dedicata all'anatomia e alla fisiologia.
Nel 1847, profondamente deluso dal mondo accademico olandese, accettò la proposta di Henle di una Privatdozentur in fisiologia e antropologia presso l’Università di Heidelberg, dove avrebbe tenuto soltanto lezioni teoriche non avendo a disposizione un laboratorio. L’anno successivo conobbe la sua futura moglie Sophie, figlia maggiore di G. Strecker, medico a Magonza e rinomato esponente democratico.
In questi anni, la lettura di G. Forster, naturalista settecentesco, scrittore, viaggiatore, figura di spicco dell’illuminismo tedesco e maestro di A. von Humboldt, ebbe una notevole influenza sul M. che giunse a dedicargli il volume Georg Forster, der Naturforscher des Volks (Frankfurt a.M. 1854; 2ª ed. aumentata, Hamm 1862). Non di meno l’Essenza del cristianesimo di L. Feuerbach, opera di enorme risonanza e considerata una delle basi del positivismo materialista, ebbe un ruolo decisivo nella sua formazione, specialmente nell’interpretazione antropologica del fenomeno religioso. Al tempo stesso Feuerbach fu stimolato dal M. a dedicare un’attenzione non generica al sostrato fisiologico delle attività «spirituali».
Nel 1850 pubblicò a Erlangen l’opera divulgativa Lehre der Nahrungsmittel für das Volk; tradotta in francese, inglese, olandese e russo, apparve in edizione italiana solo molto più tardi per i tipi di Treves (e per la traduzione del dottor G. Bellucci: Milano 1871) con il titolo Dell’alimentazione. Trattato popolare. Secondo quanto ebbe a dichiarare lo stesso M., lo scritto fu pensato «in senso materialistico e socialistico».
«Socialistico» perché «soltanto se prospera l’operaio, può prosperare il lavoro». «Materialistico» perché «se cibo e bevanda forniscono la materia che in noi si scompone e si muove, che in noi pensa e sente, la natura e gli uomini producono sì costante impressione sui nostri sensi che la materia del nostro corpo non conosce un secondo di immobilità. In eterno movimento si rincorrono sentimenti e pensieri, volontà ed azioni. E se tutto avviene soltanto nella materia, se tutti gli effetti si propagano soltanto da materia a materia […] al savio si conviene di riconoscere questa dipendenza» (cfr. Per gli amici miei: ricordi autobiografici, trad. it. dall'originale tedesco di Elsa Patrizi-Moleschott, Palermo-Milano 1902, p. 186). Risultava così anticipato il concetto di «circolazione della vita». Il volume fu oggetto di una celebre recensione da parte dello stesso Feuerbach, intitolata Die Naturwissenschaft und die Revolution… (in Blätter für literarische Unterhaltung, n. 269, 9 nov. 1850), che ebbe a definirlo «uno scritto importantissimo, anzi rivoluzionario tanto sotto i rapporti filosofici che etici e persino politici». Fu all’interno di quello scritto che Feuerbach coniò la nota affermazione «der Mensch ist war er isst» ovvero «l’uomo è ciò che mangia».
Nel 1852 il M. pubblicò a Magonza il volume Der Kreislauf des Lebens composto da venti lettere: una vera e propria replica alle Lettere chimiche di Liebig che si concludeva con una dura polemica antispiritualistica. Il libro ottenne tanto successo, soprattutto tra gli studenti di Heidelberg, che la sua diffusione venne proibita in Baviera e Austria a causa dell’impostazione dichiaratamente materialista. Il governo granducale del Baden gli intimò, inoltre, di interrompere il suo insegnamento «frivolo e immorale», pena la revoca della libera docenza. Il M., allora, si dimise e fece ritorno in patria e alla professione di medico senza mai abbandonare gli esperimenti nel suo laboratorio privato: tale attività di ricerca dal 1855 trovò uno sbocco nella fondazione di un «giornale indipendente», Untersuchungen zur Naturlehre des Menschen und der Thiere, pubblicato in fascicoli senza fissa periodicità, cui collaborarono R. Heidenhain, Schiff, E. Du Bois-Reymond, A. Kussmaul.
Nel 1856, anche grazie all’intervento di Kölliker, il M. venne chiamato a insegnare fisiologia presso l'Università di Zurigo dove si trasferì con la moglie Sophie e i tre figli. Nel periodo svizzero si dedicò in modo particolare alla ricerca sul sistema nervoso e respiratorio, e sui muscoli lisci e all'embriologia. Tra gli uditori della sua prolusione accademica vi fu anche F. De Sanctis, professore a Torino ma incaricato all'epoca di un corso di letteratura italiana al Politecnico di Zurigo. Dopo una iniziale diffidenza da parte di De Sanctis, i due cominciarono a frequentarsi, trovando una progressiva sintonia.
Quando, nel 1861, De Sanctis divenne ministro della Pubblica Istruzione del primo governo Cavour, il M. venne chiamato per chiara fama in veste di ordinario di fisiologia e direttore del laboratorio di fisiologia sperimentale nella facoltà medico-chirurgica della R. Università di Torino. Nel medesimo tempo, il suo predecessore S. Berruti, che era stato il primo fisiologo in Italia ad aver affermato la necessità della sperimentazione, fu collocato a riposo d'ufficio.
La chiamata avvenne non senza difficoltà a causa della fama di «materialista» di cui godeva il Moleschott. Il 16 dic. 1861 lesse davanti al Senato accademico la sua prolusione, l'anno successivo pubblicata dall’editore Loescher con il titolo Del metodo nella investigazione della vita (Torino 1862; per le prolusioni, oltre all'ed. ottocentesca, cfr. Prolusioni italiane, a cura di A. Negri, Milano 1988).
L’inserimento in facoltà non fu privo di difficoltà. Quando il M. presentò il suo programma di insegnamento, si registrarono vigorose proteste; il professore venne inoltre confinato nella commissione d’esame di biologia generale ed escluso dalla commissione di fisiologia, che continuò a essere presieduta da Berruti.
Tuttavia il M. trovò dapprima un estimatore e quindi un alleato in G. Timermans, con cui collaborò per riformare l’impostazione teorica e sperimentale della facoltà. Fu Timermans nel 1864 ad avviare l'istituto clinico medico, concepito con criteri nuovi, corredato di un laboratorio di ricerca, di un ambulatorio e di aule per seminari e lezioni. Il M. avviò giovani ricercatori – tra cui S. Fubini, A. Mosso, L. Pagliani – ai metodi sperimentali, compreso quello dell’istologia, fino allora sostanzialmente ignorata a Torino dove anche gli anatomici non andavano oltre la macroscopica. Grazie al M. furono introdotti nell’ateneo torinese il meccanicismo come criterio esplicativo dei fenomeni medico-naturali, lo sperimentalismo nella ricerca fisiologica, il determinismo. Nelle prolusioni accademiche del 1862 e 1863 il M. radicalizzò le posizioni materialiste a proposito della naturalità dell’uomo e della materialità dell’esperienza umana.
In particolare, nella prolusione del 1862 (Dei limiti della natura umana, Torino 1864) affrontò il tema dei limiti delle facoltà conoscitive e del valore da assegnare alle cognizioni che si acquisiscono tramite queste stesse facoltà. In quella occasione espose per la prima volta in Italia la legge psicofisica elaborata da E.H. Weber e G.Th. Fechner a proposito della relazione esistente tra stimolo e percezione, che collegava fisiologia e psicologia.
Nei primi mesi del 1862 ottenne la cittadinanza italiana; da allora sempre più spesso venne chiamato con il nome di Jacopo, più raramente con quello di Giacomo.
Nel 1865, nella quinta prolusione al corso di fisiologia sperimentale nella R. Università di Torino (Patologia e fisiologia, Torino-Firenze 1866), sostenne la continuità tra fisiologia e patologia, anticipando una prospettiva teorica elaborata compiutamente dal fisiologo francese C. Bernard, alla cui Introduction à l'étude de la médicine expérimental (1865) si sarebbe rifatto poi esplicitamente É. Zola (Le roman expérimental, 1880) nel tratteggiare quello che può considerarsi il manifesto teorico del naturalismo in letteratura.
Quello stesso anno l’Italia venne investita da una vasta epidemia di colera, la quarta del secolo, e in quell'occasione il M. elaborò i Consigli e conforti nei tempi di colera diretti alle singole persone ed in ispecie ai padri di famiglia (ibid. 1866). L’opuscolo aveva l’intento di divulgare norme igienico-profilattiche ma non risparmiava accenti polemici contro superstizione, catastrofismo e disinformazione nella convinzione dell’intreccio tra medicina, società e politica.
Nel 1869 uscì in Italia la traduzione di Der Kreislauf des Lebens a opera di C. Lombroso con il titolo La circolazione della vita: lettere fisiologiche (Milano) che venne giudicata dal M. «mitigata», inferiore comunque a quella francese del 1866 per mano di É.-H. Cazelles. Dilagò, tuttavia, l’idea che tra il M. e la futura antropologia criminale di Lombroso vi fosse una filiazione scientifica diretta, secondo quanto affermato anche dal filosofo G. Gentile.
Il fatto che fosse un membro della R. Accademia delle scienze di Torino da più di sette anni rese possibile la sua nomina a senatore del Regno, avvenuta nel novembre del 1876. Quello stesso anno il M. tentò di approdare, senza successo, all’Istituto di studi superiori di Firenze in sostituzione di M. Schiff.
Nel 1878 fu trasferito all'Università di Roma, per ricoprire l'insegnamento della fisiologia reso vacante da S. Cadet. La sua cattedra torinese passò a Mosso, suo allievo perfezionatosi dapprima a Firenze con Schiff per due anni, poi a Lipsia presso l’istituto di fisiologia diretto da K. Ludwig (su indicazione dello stesso M.) e a Parigi presso Bernard e J.-É. Marey. Negli anni romani l’impegno nella sperimentazione divenne meno intenso a favore della didattica, dell’elaborazione teorica e dell'attività di senatore e membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione.
La fama del M., come pensatore e uomo di cultura in generale, trascendeva ormai quella del semplice fisiologo, suscitando attenzione e curiosità. Alla prolusione per l'inaugurazione del nuovo anno accademico, il giovane cronista mondano della Tribuna, G. D'Annunzio, dedicava un lungo articolo volto a celebrarla, additando alcune interessanti giustapposizioni di piani con il pensiero del M.: «Omai anche in materia di letteratura il critico ha da essere scienziato. Ha da escire in fine da quella subiettività in cui lo costringevano i preconcetti speculativi; ed aborrendo dalla vacuità verbosa di certi estetici empirici deve mettersi a partecipar veramente della vita». E ancora: «Egli pare, in certi momenti, inebriato di verità, come altri è inebriato di sogni e di visioni trascendentali. Per ciò la sua eloquenza scientifica così spesso si eleva ad altezze quasi liriche» (cfr. G. D'Annunzio, Per una festa della scienza, in La Tribuna, 4 nov. 1887; poi in Id., Scritti giornalistici, 1882-1888, I, a cura di A. Andreoli, Milano 1996, pp. 943-951; per le citazioni rispett. alle pp. 944, 951). Sicché, secondo quanto scrive D'Annunzio, se per un verso la professione scientifico-fisiologica del M. indirettamente tentava le vette della poesia, per converso il critico letterario doveva liberarsi da ogni orpello e adire al cuore della realtà.
Alla fine del 1892, per sopraggiunti limiti d’età, il M. lasciò l’insegnamento universitario e nella sua orazione finale tornò a citare Feuerbach e indicò J.R. von Mayer e C. Darwin tra «i più grandi nomi» del diciannovesimo secolo. Suo successore fu L. Luciani che, nella prelezione del corso di fisiologia dell’anno accademico 1893-94, lo ricordò sommariamente per la vasta cultura letteraria, scientifica e semifilosofica. Negli ultimi anni della sua vita tornò a esercitare la professione medica.
Il M. morì a Roma il 20 maggio 1893 per aver contratto l'erisipela da un paziente.
Fonti e Bibl.: Le carte del M. si conservano a Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, nel Fondo Jacob Moleschott, che contiene corrispondenza, manoscritti di opere inedite ed edite, documenti relativi all'attività medica, scientifica, di ricerca e accademica, cartelle mediche e documenti personali in merito all'attività professionale di fisiologo, professore universitario e senatore del Regno d'Italia. Sono presenti, altresì, documentazione postuma raccolta dalla figlia Elsa, e scritti e corrispondenza della moglie del M., Sophie Strecker. Sul fondo si vedano: A. Sorbelli, I manoscritti e il carteggio di J. M. donati all’Archiginnasio, in L’Archiginnasio, XXXI (1936), pp. 357 s.; C. De Pascale - A. Savorelli, L'archivio di J. M. (con documenti inediti e lettere di F. De Sanctis, S. Tommasi e A.C. De Meis), in Giorn. critico della filosofia italiana, LXV- LXVII (1986), 2, pp. 217-247, con vasta bibl.; S. Ferrari, I manoscritti Moleschott: nota sulla donazione e prospettive di riordinamento, in L’Archiginnasio, LXXXI (1986), pp. 61-68; M. Desittere, Un carteggio privato della famiglia Moleschott conservato a Bologna, in Filologia e critica, I (2000), pp. 96-113. Una ricostruzione autobiografica si legge in Per gli amici miei: ricordi autobiografici, trad. it dall'originale tedesco di Elsa Patrizi-Moleschott, Palermo-Milano 1902 (originale Für meine Freunde: Lebens Erinnerungen, Giessen 1894). Si vedano, inoltre: In memoria di J. M., Roma 1894; G. Cosmacini, Il medico materialista. Vita e pensiero di J. M., Roma-Bari 2005; gli studi di A. Negri raccolti in Trittico materialistico: Georg Büchner, J. M. e Ludwig Büchner, Roma 1981, ad ind., e nell’Introduzione alle Prolusioni italiane, Milano 1988, pp. 9-43; A. Patriarchi, Materialismo naturalistico, materialismo storico e materialismo moleschottiano, in I Probemi della pedagogia, 1997, 1-3, pp. 215-234; Id., J. M. ed il materialismo dell'Ottocento, Roma 1997 (con relativa Nota bibliografica: pp. 73-100). Notizie sul M. si rinvengono anche in G. Cimino, La mente e il suo substratum. Studi sul pensiero neurofisiologico dell’Ottocento, Pisa 1984, ad ind.; G. de Liguori, Materialismo inquieto. Vicende dello scientismo in Italia nell’età del positivismo 1868-1911, Roma-Bari 1988, ad ind.; A. Pacchi, Materialisti dell’Ottocento, Bologna 1978, ad indicem.