COBAERT, Jacob Cornelisz (Cope fiammingo, Giacomo Coppe, Coppa, Coppeio, Cop, Cobar, Cobbet, Cobet)
Originario di una ignota località delle Fiandre, la sua data di nascita, sconosciuta, è fissata al 1530, da Zani (Encicl. metodica ... delle Belle Arti, I, 7, Parma 1819, p. 33) e ritardata al 1535 da W. Gramberg (1964, p. 17), in considerazione dell'età del C. alla sua morte (circa ottanta anni, secondo Baglione [1642]).
La biografia del C. (scultore, modellatore in terracotta e cera, incisore in avorio, orafo), in assenza di una precisa documentazione diretta, è ricostruibile attraverso la testimonianza piuttosto generica del Baglione e soprattutto in base alle numerose informazioni contenute nelle varie deposizioni del C. stesso e di altri artisti ad una causa intentata da Teodoro Della Porta contro l'orafo Antonio Gentili da Faenza e il modellatore Sebastiano Marchini, in seguito al furto di numerose opere e disegni appartenuti al padre Guglielmo. Gli atti del processo (cfr. Bertolotti, 1880 e 1881) forniscono indicazioni determinanti per l'ambiente romano intorno alla bottega e all'attività del Della Porta e permettono di tentare qualche definizione delle funzioni dei vari artefici.
Sulla data del suo arrivo a Roma è lo stesso C. a fornire qualche indizio, dichiarando al processo di essere giunto quando già Guglielmo Della Porta aveva eseguito gran parte della tomba di Paolo III in S. Pietro ed in particolare la statua del papa e le "quattro statue di marmo" (Bertolotti, 1881, p. 139): quindi tra 1552 e 1555 secondo la cronologia del monumento (Gibellino Krasceninnicowa, 1944). Nel 1569 il C. è già nominato in qualità di aiutante in una lettera di Guglielmo Della Porta a Bartolomeo Ammannati (Gramberg, 1964, p. 122); un ulteriore termine ante quem è individuato nel gennaio 1568, epoca in cui un non meglio precisato "Giacomo, orefice fiammingo" è documentato per un ferimento procurato in una lite (Gramberg, 1960, p. 32), ma potrebbe trattarsi di altro personaggio, ad esempio "Giacomo Janze alias Coppe orefice", già confuso con il C. da Bertolotti (1880, p. 67).
È ancora il C. ad affermare la sua attività presso Guglielmo Della Porta ("io sono stato et allevato in casa del sig. Guglielmo": Bertolotti, 1880, p. 210), ma l'identificazione della sua opera, della sua funzione e della sua fisionomia artistica è questione insoluta e carica di problemi.
Il Baglione, affermando che "in far piccolo era eccellente", gli attribuisce le Storie dalle Metamorfosi di Ovidio "informa ovate e alcune ottangole, composte per gettare in oro, o in argento; e servivano per adornare un ricchissimo tavolino" (p. 94); senza specificare la paternità del disegno, egli riferisce al C. il modello: "fabricò alcuni modelletti assai gratiosi, e belli", da cui attesta la derivazione di varie realizzazioni in cera. La stessa qualifica di esecutore relativamente autonomo in casa Della Porta il Baglione gli conferisce per una Pietà e altre opere sacre di cui "formò" i modelli.
Tanto la serie delle Metamorfosi di Ovidio quanto una della Passione, tra cui allora particolarmente celebre il Discendimento di croce, sono tra il materiale trafugato dopo la morte di Guglielmo nella sua casa di via Giulia, dove il C. continuava a vivere con i figli minori del maestro. Così si apprende dalla querela di Teodoro Della Porta che il Discendimento di croce è "grande circa tre palmi di basso e alto rilievo, con molte figure dentro, scolpite eccellentemente per mano di mio Padre, nella qual'Historia ha lavorato anche il Coppa fiamengo" (Bertolotti, 1881, p. 128). A meglio definire il proprio intervento è il C. stesso nel suo interrogatorio, dove rivendica la paternità dell'esecuzione solamente degli oggetti rubati, che sono i modelli originali in terracotta delle Storie dalle Metamorfosi, della Deposizione e un tondo con gli Dei e Giove al centro, di cui afferma: "l'avevo fatto io conforme alla volontà del signor Guglielmo prima di creta poi di gesso e poi di cera" (ibid., p. 140). Si proclama così implicitamente estraneo tanto all'invenzione del disegno, che non può che appartenere al maestro, che a eventuali realizzazioni in bronzo, o altre materie, nelle quali peraltro può aver fornito la sua opera di assistente.
Per queste opere la critica moderna oscilla tra la propensione alla paternità del C. (Berliner, 1921-22), la sua minimizzazione nel ruolo di artigiano specializzato (Gibellino Krasceninnicowa, 1940; Phillips, 1948) ola limitazione del suo intervento ad alcune "copie" in terracotta di originali bronzei di Guglielmo (Gramberg, 1960). In realtà l'attività del C. è così interna ed implicita all'esecuzione del lavoro, da essere praticamente indistinguibile, come quella di altri tecnici addetti alla esecuzione di altri momenti della realizzazione dell'opera; dall'inestricabile complessità del lavoro emerge, ma ovviamente non ne è in alcun modo isolabile, solo la funzione di Guglielmo in quanto "tecnico" cui compete l'invenzione grafica della composizione.
La serie completa dei bassorilievi in bronzo delle Metamorfosi di Ovidio (provenienti dalle Collezioni Estensi), è conservata al Kunsthistor. Museum di Vienna. Essa è riferita interamente al C. dal Berliner (1921-22) e ricondotta a G. Della Porta dal Gramberg (1960, fig. 4) assieme alle altre realizzazioni che si trovano al Kunstgewerbe Museum di Amburgo (sei scene in bronzo: Gramberg, 1960, figg. 9, 10, 11, 16) e al Metropolitan Museum di New York (sei scene in bronzo: Phillips, 1948, le riferisce a G. Della Porta aiutato dal Cobaert). Completamente dovute alla mano del C. e "copie" delle rispettive realizzazioni in bronzo di Guglielmo, sono, a giudizio del Gramberg, due rilievi ovali in terracotta con Meleagro a caccia del cinghiale di Calidonia e la Danza delle ninfe del Victoria and Albert Museum di Londra (1960, p. 42, figg. 12, 13); nello stesso museo un altro rilievo di terracotta raffigurante il Ratto delle Sabine è ipoteticamente riferito a Guglielmo Della Porta o al C. da J. Pope-Hennessy (Catalogue of Italian Sculpture in the Victoria and Albert Museum, II, London 1964, n. 522, pp. 493 s., fig. 497). Una replica isolata della Caduta dei giganti, sempre dalle scene delle Metamorfosi, sitrova nella Biblioteca Vaticana con un'attribuzione al C. su disegno di Guglielmo Della Porta (A. Venturi, Storia dell'arte ital., X, 3, Milano 1937, p. 544, ripr. p. 543).
Tra i numerosi oggetti realizzati in vari materiali, che vengono fatti risalire ad un disegno o a un modello del C., è compreso un medaglione in bronzo dorato di Paulus Van Vianen in collezione privata, datato circa al 1600, raffigurante un Baccanale e derivato da un rilievo attribuito al C. su disegno originale di Guglielmo (R. Berliner, Niederländische Plaketten, II, in Oud Holland, LI [1934], pp. 228-230, ripr, p. 229). Nel Kunsthistorisches Museum di Vienna vengono fatte risalire all'invenzione del C. anche le gemme incise derivate dalle scene delle Metamorfosi e dovute ad artefice italiano della seconda metà del sec. XVI (Kunsthistorisches Museum, Wien, Katalog der Sammlungen für Plastik und Kunstgewerbe, a cura di L. Planiscig-E. Kris, Wien 1935, p. 106, vetrina 19, nn. 5-10).
La piena misura della personalità del C. si coglie solo quando, dopo la morte di Guglielmo nel 1577, egli prosegue la sua attività indipendentemente dalla bottega del Della Porta, nella cui casa continua ad abitare finché, passato nell'area dei Contarelli, si trasferisce vicino a S. Pietro. La protezione accordatagli dal cardinale Matteo Contarelli gli vale la commissione della scultura di S. Matteo e l'angelo da porre sull'altare della cappella di S. Luigi dei Francesi. Il 23 nov. 1578 Virgilio Crescenzi, erede del cardinale, morto due anni prima, stipula un contratto in cui il C. si impegna a terminare entro quattro anni le due statue "già sbozzate" (Bertolotti, 1880, p. 381).
II Baglione racconta, a suo modo, il seguito della vicenda: di come il C., tecnicamente incapace, trascinasse il lavoro per tutta la vita, vietando a chiunque di vedere l'opera, finché "si condusse egli all'età di 80 anni in circa; ed imbarbogitosi non poté terminarla" e di come "li Contarelli, quando il videro, pensando, che fosse opera divina, o miracolosa, e ritrovandola una seccaggine, no'l vollero nella lor cappella di S. Luigi" e commissionassero di conseguenza a Caravaggio la tela, di analogo soggetto (Baglione, p. 95).
Per gli studi intorno al problema della datazione delle opere d'arte della cappella le vicissitudini della scultura del C. rivestono un'importanza determinante, ciò che ha causato l'infittirsi degli interventi in proposito (J. Hess, The chronology of the Contarelli Chapel, in The Burlington Magazine, XCIII, [1951], p. 188; D. Mahon, Addenda to Caravaggio,ibid., XCIV [1952], pp. 3-23; Id., Die Dokumente über die Contarelli Kapelle und ihr Verhältnis zur Chronologie Caravaggios, in Zeitschrift für Kunstwissenschaft, VII [1953], pp. 183-208). H. Röttgen, in tre interventi successivi determinati dall'apparire di sempre nuovi documenti giunge alla ricostruzione più attendibile, per cui non solo il C. non rispetta i termini del contratto del 1578, ma nel 1596 viene stipulato un ulteriore contratto da Giacomo Crescenzi, in cui sostanzialmente si riconferma quello precedente e da cui risulta come la commissione originaria fosse un atto personale di Virgilio Crescenzi fatto per "liberalità sua et per fare cosa grata a m. Jacomo Cobaert" (Röttgen, 1969). L'insistenza su quest'ultimo aspetto si era forse resa necessaria per placare le proteste del clero di S. Luigi dei Francesi presso il papa a causa del mancato compimento della cappella e contemporaneamente per salvaguardare la commissione al C; e sopperire così alla precarietà della sua situazione economica.
Contrariamente a quanto affermato dal Baglione, risulta da ulteriori documenti (Röttgen, 1965) che alla fine del 1601 la scultura era terminata, ma senza l'angelo e veniva posta sul retroaltare appositamente costruito fin dal 1590 nella cappella Contarelli in S. Luigi dei Francesi (Röttgen, 1969). Ma già il 30 genn. 1602, forse a causa della volontà determinante del nipote del cardinale Contarelli, Francesco, la scultura viene rifiutata e il C. è sciolto dall'obbligo dell'esecuzione dell'angelo, realizzato in seguito da Pompeo Ferrucci quando tutto il gruppo verrà trasferito alla Trinità dei Pellegrini, sua ubicazione attuale (V. Martinelli, Contributi alla scultura del Seicento, III, Pompeo Ferrucci, in Commentari, III [1952], p. 44).
I documenti testimoniano di altre opere di piccole dimensioni commissionate dai Crescenzi durante il lungo periodo in cui il C. è legato dall'impegno del S. Matteo. Il 22 genn. 1595 promette di realizzare un calice d'argento istoriato con figure da suo modello e un altro calice d'argento "senza historia" (Röttgen, 1965) che gli vengono pagati il 15 genn. 1596. Il 25 genn. 1596 si impegna a fornire una Visitazione e una Deposizione in avorio (Röttgen, 1965).
Dopo il 1602, data del rifiuto del S. Matteo, non risultano altre realizzazioni, ne sembra probabile che il C. si allontanasse da Roma essendovi documentato come professore accademico di S. Luca (M. Missirini, Memorie per servire alla storia della Romana Acc. di S. Luca, Roma 1823, p. 463) oltre che dal processo del 1609 e da varie altre testimonianze nel 1608, 1610, 1612, 1613 (Hoogewerff, 1913, pp. 358-385).
La conclusione della biografia del Baglione testimonia un'involuzione caratteriale, un sempre più scontroso isolamento e sempre più grave furore malinconico: "quest'uomo non se la faceva con veruno, e vivea come una bestia, né voleva, che in casa sua v'entrasse uomo, o donna" (p. 95). Morì, ottantenne, sugli ultimi giorni di maggio del 1615; il 1º giugno "fu levato dalla parrocchia di San Pietro e sepulto nella nostra chiesa all'altare della Madonna" (Archivio di S. Maria in Campo Santo dei Tedeschi Libro dei Morti dal 1613 fino al 1636, in Hoogewerff, 1913, p. 253).
Fonti e Bibl.: G. Baglione, Le vite de' pittori [1642], Napoli 1733, pp. 94 s.; A. Bertolotti, Artisti belgi e olandesi a Roma, Firenze 1880, pp. 67, 209-212 passim, 381; Id., Artisti lombardi a Roma, Milano 1881, II, pp. 120-161 passim; G. J. Hoogewerff, Bescheiden in Italië omtrent nederlandsche Kunstenaars…, II, Rome. Arch. …, 's Gravenhage 1913, ad Ind.; R. Berliner, Eine Plakettenfolge von J. C. C., in Archiv für Medaillen- und Plaketten- Kunde, III (1921-22), pp. 134 s.; M. Gibellino Krasceninnicowa, Guglielmo Della Porta, Roma 1944, pp. 14 s.; J. G. Phillips, G. Della Porta. His Ovid Plaquettes, in Bull. of the Metrop. Museum of Art, XXXIV (1948), pp. 148-151; W. Gramberg, Guglielmo Della Porta,Coppe fiammingo und Antonio Gentili da Faenza, in Jahrbuch der hamburger Kunstsammlungen, V (1960), pp. 31-52 passim; Id., Die Düsseldorfer Skizzenbücher des G. Della Porta, I, Berlin 1964, passim; H. Röttgen, G. Cesari,die Contarelli Kapelle und Caravaggio, in Zeitschrift für Kunstgeschichte, XXVII (1964), pp. 201-227; Id., Die Stellung der Contarelli-Kapelle in Caravaggios Werk,ibid., XXVIII (1965), pp. 47-68; Id., Caravaggio-Probleme, in Münchner Jahrbuch der bildenden Kunst, XX (1969), pp. 143-170; M. Lopato, K voprosu ob Ermitažnyh Plaketkah Paulia Van Fianena (Il problema della placchette di P. von Vianen dell'Ermitage), in Trudy'gosudarst. Ermitaža, XVIII (1977), pp. 74-82; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, pp. 128 s.