BENAVENTE, Jacinto
Drammaturgo spagnolo, il più celebre tra i viventi, nato a Madrid il 12 agosto 1866. A vent'anni s'innamorò d'un'artista di circo equestre, Geraldine; e al seguito di lei girò quasi tutta la Spagna. Circa lo stesso tempo pubblicò un volume di versi, e poi uno intitolato Teatro Fantástico (1892). A questo seguirono Cartas de mujeres, saggi di psicologia. La rappresentazione della sua prima e più celebre commedia, El nido ajeno, avvenne nel 1894; ma il lavoro dapprincipio dispiacque al pubblico e alla critica: occorsero ancora alcuni anni perché il valore del giovine autore fosse riconosciuto. Ciò avvenne dopo le sue nuove commedie, Gente conocida (1896) e La comida de las fieras (1898): il primo critico a rivelarne il talento fu l'Azorín. Più tardi Juan Ramón Jiménez, parlando della generazione del 1898, chiamava il B. "principe di questo Rinascimento".
Alle opere già dette il B. fece ininterrottamente seguire, con tipica fecondità spagnola, altri drammi e commedie dei più diversi caratteri: fra tutto (comprendendovi alcune traduzioni da Molière, Shakespeare, Dumas, Bulwer-Lytton, Santiago-Rusiñol) un centinaio; oltre a romanzi e saggi coloriti (Figulinas; En Madrid y en varias casas). Fra i lavori teatrali citiamo, in ordine di data: La farándula, El gato de Angora, La gobernadora, Alma trionfante, La noche del sábado (1903), El hombrecito, Al natural, El dragón de fuego, La princesa Bebé, Rosas de otoño, Los malechores del bien, Más forte que el amor, Manon Lescaut, La princesa sin corazón, El amor asusta, Los ojos de los muertos, Los intereses creados (1907), La señora ama, El marido de su viuda, La escuela de las princesas, El príncipe que todo los aprendió en los libros, Malquerida (1913), Más allá de la muerte, La honra de los hombres, Una pobre mujer, La otra honra, La noche iluminada (1927).
Dedito alla vita scapestrata e nottambulo, articolista letterario de L'Imparcial, dal 1906 al 1908 e dal 1914 al 1916, il B. ha anche avuto, col crescere del suo successo, solenni riconoscimenti ufficiali dal suo paese, dove nel 1912 fu nominato membro della Academia Española. Nel 1922, mentre era in America a capo d'una compagnia drammatica, ebbe il conferimento del premio Nobel per la letteratura. Molte delle sue opere teatrali sono state tradotte e rappresentate anche all'estero: in Italia, ricordiamo specialmente Il nido altrui e Gl'interessi creati.
L'opera del B. è stata spesso interpretata come una reazione, in senso sanamente realista e umano, al gusto dell'intrigo romanzesco che aveva trionfato nel più vasto pubblico spagnolo, specie per opera dell'Echegaray, sino alla fine del secolo: reazione espressa nella sua nota divisa: "Non voglio crear commedie per il pubblico, voglio creare un pubblico per le mie commedie". All'avventuroso, al sentimentale e insomma all'artificioso, il B. si propose di sostituire un mondo vivo, rappresentato con osservazione equilibrata, talvolta patetica, altre volte bonariamente ironica; e dagli atteggiamenti assai varî ch'egli via via assunse è derivato alla sua arte un carattere di largo eclettismo.
Nel Nido altrui si pone un delicato caso psicologico: quello d'un uomo giovine e fervido, cui sembra d'aver trovato il porto all'ansia della sua vita nel focolare d'un suo fratello più anziano e ammogliato, dove si respira la dolce quiete domestica, e dove a poco a poco il giovine sente convergere su di sé la silenziosa attenzione della bella cognata. Di qui l'accorata inquietudine del marito, che tacitamente insorge contro l'intruso, avvertendo l'insidia dell'inconfessata simpatia nascente fra i due; finché il fratello minore, divenuto consapevole, intende che non è lecito posarsi nel nido altrui, e mestamente se ne allontana. Commedia assai semplice, tutta sottintesi e ombre crepuscolari (benché forse un po' guasta dall'introduzione d'un inutile antefatto, che ancora tradisce la macchinosa eredità trasmessa all'autore da un certo teatro a lui precedente), essa è il prodotto d'una certa stanchezza del crudo verismo, che il vigile spirito del B. già avvertiva. La notte del sabato, scritta solo nove anni più tardi, e ritenuta da molta critica spagnola uno dei capolavori del B., sembra opera d'un altro autore; è l'avventurosa storia d'una cortigiana del tempo nostro, Imperia, posta al bivio fra il suo istinto materno e il suo destino imperiale di dominatrice: qui siamo nella caratteristica atmosfera di quell'estetismo che parve accetto ai primissimi anni del secolo nuovo. Una commedia semplicissima, tutta note borghesi e morale innocente, è Al naturale, che contrappone un primo quadro a un secondo: nel primo a un giovine signore, il cui amore è conteso da più dame cittadine, vien proposta in isposa una fanciulla venuta coi suoi parenti dalla campagna, e la goffaggine dei poveri campagnoli nel falso e raffinato ambiente mondano è rappresentata con comica crudeltà; ma nel secondo, recatisi i cittadini in campagna, la situazione è capovolta, e la cattiva figura ch'essi fanno dinanzi ai semplici figli della terra è tale, che il giovine respinge le seduzioni artificiose, e sposa la vergine creatura dei campi. In Rose d'autunno si torna ai toni crepuscolari della malinconia borghese, toccati con patetica discrezione e sobria umanità. Le pupille dei morti, che prende il titolo da un fatto fisico (l'immagine dell'assassino, la quale resta impressa nella pupilla dell'ucciso), è un dramma d'anime, serrato, cupo, pregno di passione. Gl'interessi creati, che è forse l'opera più modernamente significativa del B., è una commedia fantastica. L'autore s'è servito delle nostre vecchie maschere per mettere in scena, nella storia d'un avventuriero, Leandro, e del suo servo, Crispino, una specie di sdoppiamento fra le due tendenze dell'uomo. Leandro rappresenta il poeta, l'innamorato del sogno; Crispino, il suo compare, diretta derivazione tecnica dei servitori lestofanti della vecchia commedia dell'arte, è quello che s'acconcia a fare i conti con l'ignobile realtà. Tutt'e due perseguitati dai creditori beffati, che vorrebbero trascinarli davanti alla giustizia, capitano in un paese immaginario, dove Leandro, spacciandosi per un ricco gentiluomo, s'innamora riamato della bella Silvia, figlia del dovizioso parvenu Pulcinella. Quando le loro menzogne si scoprono, è troppo tardi: fra Pulcinella, il Capitano, Arlecchino, l'albergatore che li ospita, la mezzana donna Sirena che ha tenuto mano all'intrigo amoroso, Crispino ha creato una tale rete d'interessi, che tutti si trovano nell'obbligo d'esser solidali con la bugia, e d'accettare come vere le finzioni del lestofante; il cui piano trionfa tra la soddisfazione generale, con l'amore dei due giovani felicemente sanzionato dal sacro nodo. La signora padrona traccia il carattere, originale e insieme umanissimo, d'un'amorosa sposa che, continuamente ingannata da un giovane e affascinante marito a cui tutte le donne corrono appresso, è tuttavia orgogliosa del successo del suo uomo, al punto di provare, pure fra i morsi della gelosia, una sorta di compiacimento per le fortune di lui.
Come si vede anche solo dall'enumerazione di queste principali opere, la versatilità del B. l'ha condotto ad assimilare via via gli echi dei più diversi scrittori e delle più disparate correnti spirituali ed estetiche del tempo suo; al punto che taluno potrebbe chiedersi se per caso la sua fecondità non si risolva talvolta in una straordinaria abilità, senza una vera, personale, profonda visione del mondo e della vita. E forse non è impossibile che il B. sia stato in qualche modo tradito dalla sua perpetua, e or più or meno felice, sete di vagabondaggio e di rinnovamento. A ogni modo è certo che l'essenziale caratteristica del B. consiste appunto in questa sua prodigiosa varietà di caratteri e di stile.
Opere: Teatro completo, la cui pubblicazione si è iniziata nel 1913, Madrid.
Bibl.: Manuel Bueno, Teatro español contemporaneo, Madrid 1909; Miguel de Unamuno, Solilouios y Conversaciones, Madrid 1912; Ramon Pérez de Ayla, Las Máscaras, I, Madrid 1919; S. d'Amico, Il teatro dei fantocci, Firenze 1920; A. Gonzáles Blanco, Los dramaturgos españoles contemporaneos, I, Valencia 1917; Starkie, J. Benavente, Oxford 1924 (con bibl.); A. Lazaro, Jacinto Benavente: de su vida y de su obra, Parigi 1925.