IWAN-I KARKHAH
IWĀN-I KARKHAH. − Nome attuale di un centro di fondazione sassanide; il nome antico è forse Kark.
Dopo la distruzione punitiva di Shapūr II su Susa, questi fondò una residenza-fortezza 15 km a N-O della città, e 10 km a N del ponte-diga di Pā-yi Pul, sulla riva O del fiume Karkhar (choaspes). Si trova nella provincia del Khuzistan (Elam-Susiana).
La città ha un piano a rettangolo regolare di 1 km su 4, ed è circondata da una robusta muraglia di mattoni crudi; gli edifici sono tutti realizzati in mattoni e fango pressato. il Dieulafoy vide alla fine del secolo scorso le rovine in uno stato assai migliore dell'attuale. Nel 1950, nel quadro delle campagne di scavo francesi a Susa, dei saggi ancora non interamente editi sono stati effettuati da R. Ghirshman.
Nella città si distingue il quartiere reale, composto di un grande palazzo, la cui muraglia esterna è fiancheggiata da torri rotonde ed ha un duplice ordine di feritoie. Due corridoi di 30 m, su 6 di altezza, sembrano inquadrare una grande sala. Attorno alla residenza era un giardino, con varî edifici minori disseminati irregolarmente. Isolato di fronte alla porta S della cinta è stato scavato un padiglione di ricevimento a triplice iwān, il cui vano centrale, di m 12 per 8 ha mura affrescate con figure al doppio del naturale.
La copertura di un ambiente, che non è più rilevabile ma fu graficamente ricostruita dal Dieulafoy, si presenterebbe come una serie di vòlte a botte appoggiate su archi trasverali alla sala stessa, il che permette di praticare aperture luminose in una parete vasta e relativamente sottile. Il monumento è servito per affermare una priorità sassanide nell'uso di questa struttura, e per ipotizzare una serie di derivazioni che giungerebbero fino alla valle del Rodano, nel Saint-Philibert di Tournus (fine XI-inizî XII), a sostegno della tesi di una derivazione orientale dell'architettura gotica. Ma intanto questo tipo di vòlta ha precedenti parthici a Hatra, nel Kuh-i Kwagia, (O. Reuter, Survey, i, fig. 102), ad Assur, e sembra originario della Siria: nel Hauran lo si trova impiegato correntemente nel II-III secolo. Quanto alla Francia, già precedentemente si trovano vòlte simili, anche se solo come eccezione nell'architettura religiosa. Il Godard dubita infine che la ricostruzione grafica data dal Dieulafoy sia esatta: gli archi avrebbero potuto sostenere una semplice copertura piana.
Bibl.: M. Dieulafoy, L'art antique de la Perse, Parigi 1884-85, pp. 79-98, figg. 55-62, tavv. VII-IX; A. Choisy, Histoire de l'architecture, II p. 198; F. Sarre - E. Herzfeld, Iranische Felsreliefs, Berlino 1910, p. 130 ss.; R. P. Spiers, Architecture East and West, Londra 1905, p. 82 ss.; O. Reuther, in A Survey of Persian Art, I, Londra-New York 1938, pp. 495-506; 540-43; H. C. Rawlinson, in Journal of the Royal Geographical Society, IX, 1939, p. 71; A. Godard, in Athār-é-Irān, IV, 1949, pp. 211; 244 ss.; R. Ghirshman, in Revue d'Assyriologie, XLVI, 1952, pp. 10-12; U. Monneret de Villard, L'arte iranica, Verona 1954, p. 103; L. Vanden Berghe, Archéologie de l'Iran ancien, Leida 1959, pp. 66-67.