Vedi IVREA dell'anno: 1961 - 1995
IVREA
(᾿Επορεδιᾒα, Eporedia). − L'antica Eporedia fu colonia romana della Gallia Transpadana nella XI regione augustea, fondata nel territorio dei Salassi (Vell., i, xv, per errore la dice appartenente ai Bagienni), sulla via che da Vercelli per la valle della Dora Baltea metteva in comunicazione coi paesi transalpini.
Il nome, derivato dal dialetto gallico, fu interpretato "stazione di carri equestri", o "mansione di conduttori di carri equestri"; potrebbe forse derivare dal nome personale di un eroe o di altro personaggio del luogo. Dopo lunghe lotte sostenute dai Romani contro i Salassi, i quali, con la deviazione delle acque della Dora per lo sfruttamento delle miniere, danneggiavano nell'irrigazione dei campi i Libici di Vercelli, fu decisa la deduzione della colonia (100 a. C.); ma al suo sviluppo furono sempre pericolose e nocive le incursioni dei Salassi, finché essi furono sterminati da A. Terenzio Varrone Murena e venne fondata Augusta Praetoria (24 a. C.).
Eporedia è ricordata per gli ultimi tempi della Repubblica nelle lettere di Cicerone, e nell'età imperiale durante la lotta fra Ottone e Vitellio; ancora nel sec. V aveva una guarnigione di Sarmati. Il Cristianesimo vi fu introdotto abbastanza tardi; la più antica testimonianza è del 356 e il primo vescovo di Eporedia noto è Eulogio che partecipò al Concilio di Milano del 451. Eporedia, l'ultima colonia civium Romanorum, fu iscritta nella tribù Pollia. Tra i suoi magistrati troviamo i duoviri, gli edili, i questori; fra i sacerdozî il flamme di Augusto, di Vespasiano, di Traiano, dei Severi, i Seviri augustali. È ricordato anche il patrono.
Rimangono resti di un teatro romano del II sec. d. C., di un acquedotto e di un ponte sulla Dora che andò distrutto nel XVI secolo. Recentemente è stata rimessa in luce anche la cinta muraria della città romana.
Bibl.: Ch. Hülsen, in Pauly-Wissowa, VI, 1907, c. 249 ss., s. v. Eporedia; G. Corradi, in Enc. Ital., XX, 1933, p. 73, s. v. Ivrea; G. D. Serra, in Lingua nostra, V, 1943, p. 49 ss.; C. Carducci, in Fasti Arch., V, 1950, p. 3833 e VI, 1951, n. 4121.