Vedi IVREA dell'anno: 1961 - 1995
IVREA (v. vol. IV, p. 280)
L'impianto urbano di Eporedia pone ancora oggi problemi di restituzione, nonostante i numerosi ritrovamenti del passato e le indagini, anche di ampio respiro, condotte negli anni più recenti. Queste ultime hanno tuttavia consentito di acquisire, assieme con elementi interessanti l'aspetto topografico, anche riferimenti di carattere cronologico utili per l'individuazione del sito del primo impianto coloniale e di successive risistemazioni e ampliamenti urbanistici.
Un peso determinante per la scelta del luogo e per la creazione dell'impianto urbano debbono aver avuto le due direttrici costituite dalla via proveniente dalla pianura padana a E (ricalcata sul decumano massimo della città, attuale Corso Palestro) e la sua deviazione a NO in direzione dei valichi transalpini del Piccolo e del Gran S. Bernardo. Questa può riconoscersi verosimilmente con il cardine massimo della colonia, in apparente prosecuzione, con i dovuti adattamenti, del cardine massimo della centuriazione rilevata sul territorio. Come è stato osservato (Mansuelli, 1971), il decumano massimo si evidenzia come asse propulsore dell'impianto della colonia, attestandosi a metà pendio della collina dioritica sulla quale sorge la città. Questa appare quindi distribuita su una serie di terrazze, allungate in direzione E-O e digradanti verso l'alveo della Dora Baltea, che scorre a S del centro urbano, coprendo un dislivello di 9 m rilevabile sulla distanza di 200 m dal decumano massimo al fiume.
Del tessuto viario, parzialmente sopravvissuto nell'assetto dell'attuale centro storico, sono stati individuati pochi tratti: un decumano e due cardini consentono di ipotizzare la presenza di isolati di m 70 x 35 c.a, con possibili divisioni interne. Sulla base delle indicazioni offerte dalle indagini più recenti, il primo impianto pare collocabile nel settore centro orientale dell'attuale centro storico e particolarmente sul versante più prossimo al fiume, dove sono emersi resti di strutture riconducibili alla prima metà del I sec. a.C., costruite con materiale lapideo unito a terriccio e pavimentazioni di mattoni sesquipedali. Le murature presentano un orientamento regolare N-S/E-O, in allineamento con il decumano massimo.
Al terzo venticinquennio del I sec. a.C., verosimilmente in connessione con le nuove esigenze derivanti dall'organizzazione municipale della Gallia Cisalpina, pare corrispondere una fase di ristrutturazione edilizia di vaste proporzioni, che interessa il rifacimento di interi isolati ricalcanti tuttavia, almeno in parte, gli impianti precedenti. L'opera muraria è ora caratterizzata da struttura lapidea in opera incerta, con nucleo cementizio; gli ambienti, a seconda della diversa destinazione d'uso, sono in opus signinum, in qualche caso arricchito con inserti di tessere che delineano motivi geometrici di estrema semplicità.
Nel corso dell'età augustea e giulio-claudia la città non pare aver subito interventi di particolare rilievo; le fasi edilizie attribuibili a questo periodo sembrano piuttosto riguardare singoli edifici e modifiche di entità limitata. Un riassetto urbanistico di maggiore impegno pare invece rilevabile in età flavio-traianea.
A questo periodo si possono infatti attribuire con certezza: la costruzione dell'anfiteatro, ubicato alla periferia E della città, lungo la via per Vercelli, avvenuta sul luogo di una preesistente villa suburbana, edificata in età augustea e demolita in età neroniano-flavia; l'edificio pubblico, forse identificabile come horrea, ubicato nell'isolato prospiciente da Ν il decumano massimo, presso la medievale Porta Vercelli; per analogia di opera muraria, un grosso muro (di cinta?) che delimita i quartieri a S della città, lungo il fiume.
Al medesimo periodo si può inoltre far risalire il riassetto degli assi viari, che vengono ampliati e basolati, e la costruzione di un sistema di grossi collettori fognari in corrispondenza dei cardini.
A questo generale riassetto e alla monumentalizzazione, rilevabile almeno nel settore orientale urbano, potrebbe altresì corrispondere un ampliamento dell'abitato, registrato sin quasi all'altezza dell'anfiteatro.
Assai più problematica appare la datazione del teatro, ubicato all'estremità opposta del decumano massimo, presso l'incrocio con il presumibile cardine massimo. Forse edificato ancora nel I sec. a.C., potrebbe aver subito restauri e abbellimenti in età imperiale avanzata, in connessione con la fase urbanistica prima descritta, se a esso possono riferirsi frammenti di decorazione architettonica in marmo conservati presso il Museo Civico di Ivrea.
Ancora aperto resta il problema dei limiti dell'impianto originale e conseguentemente della cerchia muraria; risulta assai difficile ipotizzare l'estensione della colonia, dal momento che ignoriamo il numero delle famiglie dedotte (soltanto 300, secondo la regola delle colonie civium Romanorum o di più, come nelle colonie di tipo latino dedotte nel II sec. a.C. in Italia settentrionale?).
Sembra comunque di poter escludere che all'età tardo-repubblicana possa risalire, come è stato proposto, il tratto angolare di cinta a doppia cortina individuato nel 1969/70.
Per quanto riguarda infine la possibile destinazione funzionale delle diverse aree della città, un suggerimento in tal senso pare ricavabile dai ritrovamenti degli ultimi anni: il settore SE rivela infatti una prevalente destinazione ad attività artigianali e commerciali, in verosimile collegamento sia con il percorso terrestre della pianura padana, sia con un approdo fluviale, del quale può ritenersi valido indizio un lungo tratto di banchina su palificata emersa lungo la sponda del fiume.
Bibl.: P. Barocelli, Edizione archeologica della Carta d'Italia al 100.000. Foglio 42: Ivrea, Firenze 1959; F. Perinetti, Ivrea romana, S. Giusto C. 1965; F. Carandini, Vecchia Ivrea, Ivrea 19673; G. Mansuelli, Urbanistica e architettura della Cisalpina fino al III sec., Bruxelles 1971; S. Finocchi, Città fortificate su vie di comunicazione transalpine, in AttiCItRom, 1975-1976, pp.303-314; ead., Banchina romana su palificata trovata a Ivrea nell'alveo della Dora, in Studi di Archeologia dedicati a Pietro Barocelli, Torino 1980, pp. 89-93; ead., Aspetti della colonizzazione romana nell'occidente padano: le fortificazioni urbane, in Atti del Congresso sul Bimillenario della città di Aosta, Bordighera-Aosta 1982, pp. 317-341; L. Brecciaioli Taborelli, in QuadAPiem, I, 1982, pp. 184-187; II, 1983, p. 284; III, 1984, pp. 44-56; IV, 1985, p. 194; ead., Un contributo alla conoscenza dell'impianto urbano di Eporedia (Ivrea). Contributo per la storia della romanizzazione nella Transpadana occidentale, Torino 1988; ead., Nuovi documenti epigrafici dal circondario di Victumulae «inter Vercellas et Eporediam», in ZPE, LXXIV, 1988, pp. 133-144; ead., La ceramica a vernice nera da Eporedia (Ivrea). Contributo per la storia della romanizzazione nella Transpadana occidentale, Cuorgné 1988.