VAZOV, Ivan
Scrittore bulgaro, nato a Sopot il 27 giugno 1850, morto a Sofia il 22 settembre 1921. Dal padre, mercante, fu iniziato al commercio. A Kalofer, presso il padre di Hristo Botev (v.), che dirigeva una specie di scuola commerciale e alle cui cure l'aveva affidato suo padre, apprese il russo e s'inebriò alla lettura di Puškin e di Lermontov.
Sotto l'influenza di quelle letture hanno origine anche i primi tentativi poetici di Vazov, i quali, invisi a suo padre, trovarono invece il segreto favore e incoraggiamento di sua madre. Dopo varie vicende familiari, V., mandato nel 1868 a Plovdiv, comincia a interessarsi della letteratura francese e traduce pagine di Lamartine, Victor Hugo e Béranger. Da Lotenica, dov'è più tardi trasferito per volontà paterna, fa qualche viaggio in Romania. È di quest'epoca il suo esordio letterario: la poesia Boràt (Il pino). L'accoglienza favorevole che il pubblico fa a questa sua lirica, come anche alla successiva Stara Planinà, spinge il giovane poeta definitivamente sul cammino della creazione letteraria. Nel 1872, recatosi a Costantinopoli, s'incontra col poeta Petko R. Slaveikov e collabora alla sua rivista Čitalište.
Compromessosi nell'insurrezione del 1876, ripara in Romania, per tornare in patria l'anno seguente al seguito delle truppe russe. Aveva già allora al suo attivo due raccolte liriche d'intonazione patriottica: Preporec i gusla (Vessillo e gusla) e Tàgitě na Bàlgarija (Le pene della Bulgaria). Nell'entusiasmo della liberazione nazionale dà alla luce la sua terza raccolta: Izbavlenie (Liberazione). La sua gioia è peraltro atrocemente mutilata dalla distruzione del paesetto nativo e dall'uccisione di suo padre. Ma la stessa poesia dà nuovo conforto al suo animo esacerbato. Scrive e pubblica con ritmo incessante. Sono di questi anni, oltre a nuove raccolte liriche, i suoi primi lavori in prosa: ricordi autobiografici, impressioni, quadri dal vero (Otdavna, Or non è molto; Mitrofan i Dormidolski; Hadži Ahil; Nemili nedragi, Invisi e sgraditi, ecc.). Nel campo lirico pubblica in questi anni le raccolte: Gusla ed Epopeja na zabravenitě (Epopea dei dimenticati), esaltante quest'ultima varie figure del risorgimento bulgaro. Nel 1884 compie un viaggio in Italia, il cui frutto poetico è la raccolta lirica: Italija. Fonda successivamente due giornali letterarî scrive i suoi Čičovci (Compari), vivace galleria di quadri della vita bulgara, ritratti dal vero, come quasi tutti i suoi racconti, dei quali Dědo Joco gleda (Nonno Joco ci vede) è considerato il capolavoro.
E continua a produrre, alternando canti a racconti, intercalando ad essi a volte anche piccoli saggi letterarî e successivamente anche lavori drammatici, fino alla morte. La prima guerra serbo-bulgara gli ispira la raccolta lirica Slivnica. Esule in Russia scrive, tra altro, il suo ampio romanzo: Pod igoto (Sotto il giogo), trama fantastica amorosa intrecciata su sfondo vero della vita bulgara alla vigilia della liberazione nazionale.
Ritiratosi dalla vita politica (aveva dopo la liberazione nazionale ricoperto varie cariche pubbliche), viaggia per la Bulgaria e raccoglie dovunque ispirazioni per nuove produzioni letterarie, parte delle quali vedono la luce in una nuova rivista da lui fondata. Dal 1897 al 1899 torna a occuparsi della cosa pubblica e viene nominato ministro dell'Istruzione. Pubblica intanto: Zvukove (Suoni), liriche del suo esilio in Russia; Nova Zemjà (Terra nuova), romanzo in continuazione del Pod igoto; il dramma Ruska e successivamente tutta una serie di altri drammi, prevalentemente di soggetto storico, rifacimenti di suoi racconti.
Accenti lirici di passione, di speranza, di sconforto gli dettano la guerra balcanica del 1912, la Macedonia e la guerra mondiale: Pod gàrma na pobeditě (Sotto il rombo delle vittorie), Pěsni za Makedonija (Canti per la Macedonia), Novi ekove (Nuovi echil, Ne šte zagine! (Non perirà!).
V. fu uno dei più fecondi scrittori bulgari. La sua opera abbraccia tutti i generi letterarî, pur eccellendo soltanto nella lirica e nella novella. Ottime pagine non mancano anche nei suoi romanzi, mentre la parte più debole di tutta la sua produzione è la drammatica. V. è essenzialmente un realista. Ma il suo realismo non è esente da un pathos romantico, che si traduce a volte in entusiastici accenti di fede per la patria, nei momenti di lotta, e di idealistico culto del bene. Nella sua opera complessiva è riflessa in generale, su per giù, la stessa scala di valori artistici che caratterizza tutta la produzione letteraria bulgara dell'era nuova. La Bulgaria lo considera per questo il massimo rappresentante della sua letteratura.
Bibl.: La bibliografia su V. è molto copiosa in lingua bulgara. Inoltre in tutti i trattati di storia letteraria si trovano anche ampie notizie su V. In italiano: A. Cronia, I. V., in L'Europa Orientale, V (1925); E. Damiani, I. V., in Riv. di cultura, 1925; B. Angelov e A. P. Stojlov, Note di letteratura bulgara, Roma 1925; E. Damiani, Il significato di V. nella letteratura bulgara, in l'Europa Orientale, XIII (1933); A. Cronia, I. V. nelle letterature straniere, ibid.; L. Salvini, La letteratura bulgara dalla liberazione alla prima guerra balcanica, Roma 1936; E. Damiani, Rievocando I. V. quindici anni dopo la sua morte, in Riv. Italo-Bulgara, VI (1936). Su V. e l'Italia, v. M. Miletič-Bukurestlieva, V. i Italija, ibid., I (1921).
Traduz.: Cuore bulgaro, a cura di E. Damiani, Roma 1925; Poeti bulgari, a cura di E. Damiani, ivi 1925.