IUBILUS (o Iubilatio)
È, nel canto liturgico latino, il melisma svolto sull'ultima a dell'Alleluia (v.). Nell'edizione vaticana del Graduale romano (Praef. de ritibus servandis in cantu Missae, n. IX) si legge: "Chorus autem repetit Alleluia et subiungit neuma, seu iubilum, protrahens syllabam a".
L'uso del iubilus risale probabilmente fino alle origini del canto cristiano, e usi analoghi si praticavano già nei riti dei popoli pagani (Egizî) e negli ebraici. In ogni caso ne abbiamo documenti fino dal sec. IV (Omelie di S. Girolamo e di S. Agostino sui salmi). S. Agostino esprime anzi il senso proprio del iubilus nell'omelia sul salmo XCIX: "Qui iubilat, non verba dicit, sed sonus quidam est laetitiae sine verbis: vox est enim animi diffusi laetitia, quantum potest, exprimentis affectum, non sensum comprehendentis". Da M. A. Cassiodoro sappiamo che già nel primo sec. VI il iubilus conclude la ripresa corale dell'Alleluia già esposto dai solisti. Alla fine dello stesso secolo, Gregorio Magno codifica l'ammissione di quest'uso, oltre i limiti dei riti pasquali, nella maggior parte dell'annata liturgica. Nei secoli seguenti, al iubilus si sogliono aggiungere altri periodi chiamati sequenze (v.).
Il melisma del iubilus si svolge su motivo proprio, nei confronti con l'Alleluia ch'esso conclude e corona, e si delinea in una melodia organizzata e compiuta.
Bibl.: P. Wagner, Ursprung und Entwicklung der liturgischen Gesangformen, Friburgo 1901; A. Gastoué, Les origines du chant romain, Parigi 1907; pp. 23-31.