PIZZI, Italo
Orientalista, nato a Parma il 30 novembre 1849, morto a Torino il 6 dicembre 1920. Dal 1885 fu professore straordinario di persiano e dal 1899 alla morte ordinario di filologia indoiranica nell'università di Torino, dove per diciott'anni tenne anche l'incarico di lingue semitiche comparate.
D'ingegno vivace e versatile, combatté con grande ardore, forse talvolta eccedendo, l'indirizzo pedantescamente erudito che, sotto influenza tedesca, circa dal 1880 aveva preso a dominare in Italia nello studio delle varie letterature, a detrimento del senso del bello. Questo sentimento umanistico, insieme con la cura di provvedere ai bisogni didattici, dominò tutta la sua produzione anche fuori del campo orientalista. È merito suo se gli studî iranici, soprattutto neopersiani, furono per la prima volta coltivati con serietà e profondità in Italia; e appunto in questo campo si mosse la maggiore produzione del P., culminante nella traduzione completa, in endecasillabi, dello Shāhnāmeh (Libro dei re) di Firdusi (Torino 1886-1888, voll. 8; ed. "rifatta e compendiata sull'integra" ivi 1915, voll. 2), condotta scrupolosamente sull'ed. di Calcutta del 1829 e frutto di circa diciott'anni di lavoro. Connesso con questa versione è il libro, ch'ebbe il premio reale della R. Accademia dei Lincei (1884), L'epopea persiana e la vita e i costumi dei tempi eroici di Persia (Firenze 1888). Con disegno assai più ampio di quanto fosse stato fatto sino allora e con molte traduzioni poetiche anche da testi inediti, condusse la sua Storia della poesia persiana (Torino 1894, voll. 2), che arriva sino alla morte di Giāmī nel 1492. Voltò dal persiano anche il Gulistān di Sa‛dī (Il Roseto di Saadi, Lanciano 1917, voll. 2); dal sanscrito il Pañcatantra (Le novelle dí Visnusarma, Torino 1896) e parzialmente Le sentenze di Bhartrihari (Torino 1899); da varie lingue orientali i Fiori d'Oriente (Milano 1906); dal tedesco medievale i Nibelunghi (Milano 1890, voll. 2, in versi); inoltre alcuni testi dal pahlavī, dall'avestico, dal siriaco. Per i bisogni della sua scuola compose grammatiche elementari, con crestomazia e lessico, dell'antico iranico (Torino 1897), dell'ebraico (Torino 1899; rist. 1909), del sanscrito (Torino 1896), dell'arabo (Firenze 1913), del dialetto arabo d'Egitto (Firenze 1886; rimesso in circolazione con la data 1912) e del persiano (Chrestomathie persane, Torino 1889); invece più che semplice libro scolastico è il Manuale della lingua persiana (Lipsia 1883; 2ª edizione, col titolo più esatto di Antologia Firdusiana, ivi 1891). Nel campo orientalista sono da notare inoltre i manuali di Letteratura persiana (Milano 1887), Letteratura araba (Milano 1903), e Islamismo (Milano 1903); gli ultimi due di graziosa composizione, ma non privi di gravi difetti. Compose anche qualche libro scolastico di letteratura italiana e di letteratura greca; degni di nota gli Ammaestramenti di letteratura (Torino 1875, molte volte ristampati), poiché per la prima volta introdussero nell'insegnamento ginnasiale utili raffronti con letterature straniere, sì europee che orientali. Componimenti originali in poesia sono il dramma lirico Bizeno (Ancona 1884), d'argomento tolto da Firdusi, e il grosso poema in ottave, in venti canti, Miro e Naida (Torino 1901), libera elaborazione di materia tratta da poemi romanzeschi persiani. Con lo pseudonimo Italo da Parma comparvero postume le autobiografiche Memorie d'un letterato che non fu ciarlatano (Torino s. a., ma 1922).