MAIONE, Italo
Nacque a Buenos Aires l'8 giugno 1891 da Arturo, farmacista, e da Clorinda Rocca. Nel 1910 si trasferì a Roma per iscriversi all'Università, dedicandosi agli studi di filologia classica, romanistica e storia dell'arte, sotto la guida di A. Venturi. Nel 1914 si laureò in storia dell'arte discutendo una tesi su Fra Giovanni Dominici e beato Angelico (poi pubblicata, Roma 1914).
Molto significativo per la sua formazione di critico letterario e di germanista fu il rapporto con A. Farinelli, docente di filologia romanza all'Università di Innsbruck e, in seguito, di lingua e letteratura tedesca all'Università di Torino, studioso appassionato del romanticismo, il quale promosse intensamente in Italia gli studi di germanistica che all'epoca erano ancora agli albori.
Nella prima fase della sua attività di docente, iniziata nel 1918, il M. si spostò in diversi licei, insegnando storia dell'arte, latino e italiano a Paola, Arezzo, Padova e Modena. Nel 1924 si unì in matrimonio con Beatrice Santoro, da cui ebbe tre figli: Maria Luisa, Francesco e Ugo. Nel 1926 ottenne un incarico più stabile come insegnante di italiano e materie letterarie nel liceo-ginnasio statale Massimo d'Azeglio di Torino. Nel 1930 si trasferì all'Università di Bonn, dove aveva ottenuto un lettorato di romanistica. Fu questo il primo contatto diretto con il mondo tedesco, che avrebbe determinato una duplice svolta nella vita professionale del M.: l'interesse per gli studi di germanistica e il passaggio dall'insegnamento medio a quello universitario. Nel 1936 fu chiamato all'Università di Messina come docente di lingua e letteratura tedesca, incarico che mantenne fino al 1945, quando si trasferì all'Università di Palermo per insegnare questa stessa disciplina. La sua carriera universitaria si concluse nel 1961 all'Università di Napoli, dove era stato chiamato nel 1949 come professore ordinario di germanistica. A Napoli nel 1959 fondò la rivista di critica letteraria Il Baretti che diresse fino al 1968.
Il M. morì a Napoli il 12 ag. 1971.
Già nel 1926, nell'introduzione alla raccolta di liriche di F. Hölderlin da lui curata (Hölderlin; con una scelta delle liriche tradotte, Torino 1926), il M. delineava con chiarezza la sua concezione della critica, che poi andò precisando a contatto con i testi nel corso della sua lunga carriera. Alla luce della convinzione che la critica è soprattutto intuizione, affermò che il lavoro del critico consiste nella sintesi delle emozioni in cui si concreta la reazione della sua sensibilità a un'opera d'arte. Il critico la proietta, per così dire, fuori di sé - ricostruendo soggettivamente l'opera originale - in modo da farla capire e gustare agli altri. Ponendosi "nel centro" di un poema o di una lirica, egli ha la possibilità di raccoglierne tutte le risonanze ed esprimerle nella loro spontanea coerenza. Tali risonanze, tuttavia, secondo il M. non vanno ridotte in concetti, ma espresse come si producono nel nostro spirito nella loro immediatezza. La critica - proprio come l'arte cui si applica - è individualità, è la nostra visione particolare di una costruzione altrui. Lo sforzo che devono mettere in atto i critici nel loro lavoro non consiste in altro che nel tradurre in espressione tutte le modificazioni del nostro io a contatto con l'opera. Esercitare la critica equivale quindi a rivivere l'opera d'arte, cioè a porgere l'occhio e l'orecchio a tutti i passaggi e a tutte le modulazioni di suoni e di colori che essa determina in noi; equivale a mettersi nello stato d'animo dell'artista, provarne le emozioni, godere fino in fondo e soffrire ripercorrendo il suo ciclo di sentimenti per far godere o far partecipare al dolore quelli che da sé non sono capaci di innalzarsi fino all'autore.
Inoltre il M. metteva apertamente in discussione la cosiddetta critica concettuale - avversa alla critica intuizionistica - alla quale riteneva che il più delle volte sfuggisse l'opera d'arte, poiché la "scarnifica", riducendola alla concretazione di alcuni concetti, a schemi troppo generici e insufficienti a contenere l'opera studiata. Fondamentale per la comprensione dell'opera, invece, è la sensibilità del critico, che dev'essere all'altezza di quella dell'autore. Pretendendo di ridurre la critica all'enunciazione di giudizi puri e semplici basati sull'applicazione di determinate categorie, si contempla dallo stesso punto l'opera di poeti diversi, si stabiliscono caselle entro cui gli artisti vengono confinati a forza. Così facendo, quasi sempre si finisce per perdere di vista l'essenza originale dell'opera, mettendo in luce alcuni tratti che pure non hanno uno spiccato carattere individuale. Ancor più discutibile risulta il lavoro del critico quando l'opera d'arte gli serve per l'esemplificazione di una teoria, ovvero quando la si vuole sovrapporre all'artista per cercare la riprova di un principio che è base di un sistema filosofico. Nel breve saggio dedicato a Kafka (Franz Kafka, Napoli 1952), per esempio, il M. esorta a ricercare la grande vena schietta del suo narrare, la sua espressione lirica, che spesso erano state trascurate perché lo scrittore praghese aveva avuto la disavventura di essere interpretato in una chiave prevalentemente filosofica. Il critico, secondo il M., deve porsi dinanzi alla poesia in uno stato di assoluta verginità, senza prevenzioni e schemi; ogni traccia di lavoro altrui deve sparire nel momento in cui ci si pone "nel centro" di un'opera d'arte.
Il lavoro del critico, quindi, è per il M. più conseguenza di una profonda sensibilità che di un pensiero acuto, e il giudizio è implicito nella ricostruzione che si fa dell'opera. Quel che conta, soprattutto, è che il critico abbia una sensibilità educata, che accanto alla storia della poesia conosca la musica e le arti figurative. E che il M. critico abbia applicato questa sua convinzione è dimostrato dai suoi frequenti "sconfinamenti" nel campo della critica musicale, testimoniati da una serie di scritti (Profili della Germania romantica, dedicati a K.M. von Weber, F. Schubert e R. Schumann, Palermo-Roma 1943; Il dramma di Wagner, Palermo 1947; La musica nella cultura romantica, I, La musica nel mondo romantico della Germania, in L'Approdo musicale, III [1959], pp. 172-199; Mendelssohn (nel centocinquantesimo anno della nascita), in Il Baretti, 1959-60, n. 2, pp. 3-15; Robert Schumann (a 150 anni dalla nascita), ibid., n. 4, pp. 3-14). Anche nell'affrontare la critica poetica l'attenzione alla musicalità del testo nel M. è sempre vivissima: per esempio, accostandosi a N. Lenau (La poesia di Lenau, Messina-Roma 1926), paragonato nella sua arte a F. Chopin, ciò che mette in risalto della sua poesia è la melodia fluida, abbondante e chiara.
Tra arte e arte non c'è alcuna barriera, ma un fondo comune che le tiene insieme: l'immagine letteraria non è qualcosa di definito e di veramente distinto dal bello pittorico e musicale. L'immagine che sorge in noi a contatto con il mondo porta in sé elementi di colore, di suono e di poesia che circolano l'uno nell'altro. Interrogando un'opera poetica, spesso ne potrà affiorare una trama sinfonica o una prospettiva pittorica. Per esempio, nel caso dei poeti romantici tedeschi, che erano impregnati di musica, è impossibile comprenderli senza esercitare questo tipo di sensibilità. Il compito del critico dev'essere quello di mostrare con chiarezza l'integralità dell'opera che rivive: quella circolarità di suoni, parole e colori di cui parlavano i poeti romantici è avvertita solo dai critici che hanno un'educazione artistica integrale.
Gli scritti critici del M. coprono una varietà di temi e un arco temporale notevolmente ampi. Una parte consistente dei suoi studi appare dominata dall'interesse per gli esponenti più emblematici del romanticismo tedesco, ai quali ha dedicato numerosi scritti e traduzioni.
Ha rivolto la sua attenzione sia alla prima scuola romantica, rappresentata da F. Schlegel in campo critico e da Novalis, W.H. Wackenroder e L. Tieck - che giudicava spiriti d'eccezione, dotati di una sensibilità particolarmente "scattante" a contatto con il reale - sia alla seconda scuola romantica, che ruota intorno alle figure di C. Brentano, A. von Chamisso e J. von Eichendorff, ritenuti scrittori più sensuali, inclini al capriccio e al fantastico (Novalis degli Inni e dei canti spirituali, in Id., Studi e saggi di letteratura, Bologna 1923, pp. 95-130; Profili della Germania romantica, dedicati a Schlegel, Novalis, F.D.E. Schleiermacher, Tieck, Wackenroder, Torino 1935; Profili della Germania romantica, su Brentano, L.J. von Arnim, E.T.A. Hoffmann, Chamisso, Eichendorff, Padova 1939; Il dramma di Zacharias Werner, in Annali della Facoltà di magistero della R. Università di Messina, II [1940], pp. 21-71; Fiabe romantiche di Tieck, Novalis, Brentano, tradotte e introdotte dal M., Torino 1942).
Un posto a sé stante, appartato rispetto ai romantici tradizionali, è occupato da H. von Kleist (Kleist, Torino 1929) che, alla luce del giudizio del M., sfugge alle classificazioni nette: né romantico né classico, ma l'uno e l'altro insieme.
Il M. ritornò più volte su H. Heine, uno dei suoi autori prediletti, di cui apprezzava la combinazione di umorismo tagliente e slancio sentimentale che percorre l'intera sua opera, sia lirica sia saggistica (La poesia di Heine, Firenze 1922; H. Heine, Reisebilder, tradotti e introdotti dal M., Torino 1931; Id., Liriche, selezionate, tradotte e introdotte dal M., Messina 1937; L'ultimo dei romantici, ovvero un romantico sfratato, in Annali della Facoltà di magistero della R. Università di Messina, III [1941], pp. 1-51; Profili della Germania romantica, dedicati a Heine e Z. Werner, Napoli 1954).
L'opera di ricognizione del M. nella poesia ottocentesca tedesca diede vita anche a un'antologia dedicata ai tre lirici che riteneva i più emblematici della seconda metà di questo secolo: Th. Storm, C.F. Meyer e G. Keller (Poeti tedeschi, tradotti e introdotti dal M., ibid. 1953). La ricchezza di impulsi e di fermenti spesso contrastanti che caratterizzarono la scena letteraria tedesca di fine secolo emerge negli scritti del M. dedicati a S. George, H. von Hofmannsthal e R.M. Rilke (Trittico neoromantico, Messina-Firenze 1950; su Rilke tornerà, più tardi, con una monografia: Rainer Maria Rilke, Napoli 1958) e ai poeti influenzati dal naturalismo, ai quali il M. attribuiva il merito di aver aperto la strada all'arte del Novecento (Piccola antologia della poesia tedesca contemporanea, con una selezione di liriche di A. Holz, O.J. Bierbaum e D. von Liliencron, in Annali della Facoltà di magistero della R. Università di Messina, II [1940], pp. 277-292).
L'irruzione sulla scena letteraria tedesca dell'espressionismo, con il suo attacco frontale a oltranza mosso al "mondo di ieri", fu un altro fra i temi portanti dell'opera critica del M. che, alla tensione violenta e disperata dei suoi rappresentanti più emblematici, ha dedicato più di un saggio, seguendo poi con altrettanta attenzione il trapasso dall'espressionismo al neorealismo, o Neue Sachlichkeit, alla fine degli anni Venti (La Germania espressionista, incentrata sulle figure e le liriche di F. Werfel, G. Trakl, G. Heym e G. Kaiser, Napoli 1955; Dall'espressionismo al neorealismo tedesco, su K. Sternheim, E. Lasker-Schüler, Klabund [A. Henschke], B. Brecht, G. Benn, ibid. 1957). Il M. progettò, inoltre, un saggio - che non riuscì a portare a termine - sulla Germania neorealista, che sarebbe stato la continuazione e il coronamento dei due scritti precedenti dedicati all'espressionismo e alla transizione verso il neorealismo.
Oltre alle opere già citate, del M. si ricordano ancora: La poesia di Verlaine (Bologna 1924); Il dramma di Grillparzer (Torino 1928); Thomas Mann (in La Rassegna nazionale, s. 3, IX [1930], pp. 81-87); Contemporanei di Germania (Torino 1931); Aspetti della letteratura tedesca contemporanea (in Annali della Facoltà di magistero della R. Università di Messina, I [1939], pp. 13-35); Antologia della letteratura tedesca per le scuole medie (Messina 1939); Goethe (Roma 1945); Oskar Loerke poeta della crisi (in Il Baretti, 1960, n. 3, pp. 30-42); Kesten saggista (ibid., n. 4, pp. 59-68); Sommario storico e antologia della letteratura tedesca (Napoli 1960, con A. Viparelli); Il poema cavalleresco e l'epopea nazionale in Germania (ibid. 1961). In occasione del primo centenario della nascita del M. furono pubblicati i suoi Ultimi scritti (1956/1966): musica - letteratura, a cura di U. Maione, Cosenza 1991. Fra le traduzioni: F. Nietzsche, La lirica di Nietzsche (anche con introd. del M., Messina-Firenze 1948), E. Kästner, Paula dinanzi alla casa. Tre poesie (in Il Baretti, 1959-60, n. 2, pp. 52-58), H. Bienek, Voci nel buio (ibid., 1960, n. 4, pp. 92-100), L. Rinser, La piccola signora Marbel (ibid., nn. 5-6, pp. 85-101); Da Nietzsche a Benn. Poeti tedeschi tradotti da I. M., a cura di M.A. Avella, Cosenza 1998; H. von Hofmannsthal, Elettra (trad. di I. Maione - F. Maione, a cura di S. Nienhaus, Cosenza 2000).
Fonti e Bibl.: M. Gorga, I. M.: ritratto di un germanista, tesi di laurea, Università cattolica del S. Cuore, Milano, a.a. 1995-96.