Italici
Le popolazioni indoeuropee dell'Italia preromana
Giunti in Italia poco dopo il 1000 a.C., i popoli italici detti Osco-Umbri per le lingue che parlavano si civilizzarono a contatto con popoli più evoluti come i Greci e gli Etruschi. Quando emerse la potenza di Roma, furono sottomessi e assorbiti dalla nuova repubblica
I popoli italici detti Osco-Umbri (o Umbro-Sabelli) per le loro lingue scesero in Italia tra il 10° e l'8° secolo a.C. L'osco, la lingua dei Sanniti o Sabelli, si diffuse nel Sannio, un'ampia zona con centro in Molise, ma che si estendeva in Abruzzo e Campania. L'umbro si parlava, invece, nella valle dell'alto Tevere: un documento di questa lingua sono le Tavole eugubine, lastre di bronzo scoperte a Gubbio nel 1444, che descrivono alcuni riti religiosi dei primi secoli a.C.
Alcuni storici considerano Italici anche i Latino-Siculi, stanziati in Italia centro-meridionale e in Sicilia dal 3° millennio a.C., che praticavano l'inumazione dei morti, cioè li seppellivano in fosse, e parlavano dialetti di una lingua comune. Tra questi il più importante fu il latino, che diventò la lingua dei Romani. Gli Osco-Umbri si distribuirono nell'Italia centro-meridionale.
Gli Italici migravano frequentemente, quando la popolazione aumentava e le risorse non erano sufficienti per il suo sostentamento. Gli spostamenti seguivano talvolta rituali religiosi, come quello del Ver sacrum ("primavera sacra"): in primavera, dopo avere compiuto sacrifici rituali, i giovani migravano in cerca di nuove terre. A volte seguivano gli spostamenti di un animale sacro. Secondo la tradizione, il Piceno fu raggiunto dagli Umbri Picenti che seguivano il volo di un picchio (in latino picus), che era una loro divinità.
Inizialmente gli Italici vissero in tribù e villaggi di contadini e pastori. Si civilizzarono tardi, quando entrarono in contatto con popoli più evoluti, sviluppando la lavorazione del bronzo e i commerci. I contatti più fecondi furono quelli con gli Etruschi e i Greci ‒ che si stanziarono in Italia costituendovi colonie verso l'8° secolo a.C. ‒, ma anche con i mercanti fenici e con i Celti, scesi nella penisola nel 5° secolo a.C. Gli Italici che ebbero relazioni più intense con queste culture, come i Siculi, i Sanniti e i Latini, svilupparono livelli di civiltà superiori rispetto a quelli rimasti più isolati.
Gli Italici erano forti guerrieri. Le loro forme di governo erano generalmente collegiali. Essi praticavano l'incinerazione, cioè cremavano i morti e deponevano le urne cinerarie in pozzi scavati nella terra. Si riunivano spesso in leghe religiose, che erano anche alleanze politiche e militari, ma non crearono federazioni politiche stabili. Gli incontri e le feste religiose avvenivano presso i più importanti santuari, come quello dei Sanniti a Pietrabbondante o dei Latini sul Monte Cavo, dove ogni anno veniva sacrificato un toro a Giove. I sacrifici servivano a ottenere il favore e la protezione degli dei in guerra e per le attività economiche. Molti dei furono ripresi da altre civiltà, soprattutto dai Greci: tra questi Giove, Venere, Marte, Bacco e Cerere.
I popoli italici furono progressivamente sottomessi dall'emergente potenza romana. Furono sconfitti uno dopo l'altro e costretti ad allearsi o a sottomettersi a Roma. I primi furono i Latini e gli altri popoli del Lazio (gli Equi, sconfitti da Cincinnato, e i Volsci, battuti da Coriolano), assorbiti dallo Stato romano nel 5° secolo a.C.; poi fu la volta dei Sanniti con le tre guerre sannitiche (4° -3° secolo a.C.); quindi i Bruzi, i Sabini e gli Umbri (3° secolo a.C.). Ai tempi delle guerre puniche (3°-2° secolo a.C.) pressoché tutti gli Italici erano federati dei Romani.