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Italia: Il difficile cammino delle riforme

di Gianfranco Pasquino - ATLANTE GEOPOLITICO (2012)
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Gianfranco Pasquino

Persino individuare la data d’inizio del cammino delle riforme appare difficile. Probabilmente, il merito del lancio, se fu tale, va attribuito al segretario socialista Bettino Craxi che nel 1978 dichiarò indispensabile procedere a una non meglio precisata ‘Grande riforma’. Gli altri partiti politici risposero con grande titubanza. La prima vera svolta avvenne nel novembre 1983 con la costituzione della Commissione bicamerale per le riforme istituzionali presieduta dall’onorevole Aldo Bozzi, liberale. Alla fine dei lavori, gennaio 1985, il Parlamento non ne discusse neppure i risultati. Per anni le riforme fecero oggetto di dichiarazioni dei parlamentari per comparire sui mass media. Soltanto nel 1992 venne istituita una nuova Commissione parlamentare, detta De Mita-Iotti, poiché guidata prima dal democristiano Ciriaco De Mita, poi da Nilde Iotti, già comunista ed ex presidente della Camera dei deputati. Anche i lavori di questa Commissione, terminati all’inizio del 1994, si conclusero con un nulla di fatto.

Alcune significative riforme vennero conseguite dai cittadini con referendum che abrogarono diversi ministeri, alcuni dei quali resuscitati con altro nome, il finanziamento statale dei partiti, reintrodotto sotto nuove forme, intere sezioni delle leggi elettorali vigenti. Dal canto suo, in tutta fretta, per evitare il referendum, nel 1993 il Parlamento introdusse l’elezione popolare diretta del sindaco. La nuova legge elettorale, detta Mattarellum, con riferimento ironico al cognome del relatore, Sergio Mattarella, dispose l’elezione di tre quarti dei parlamentari con un sistema maggioritario in collegi uninominali e un quarto proporzionale. Nel 1996 sembrò che potesse addirittura nascere un governo, con la guida di Antonio Maccanico, per dare vita a una repubblica di tipo semi-presidenziale alla francese, con sistema elettorale a doppio turno. Fallì. Il tentativo successivo, con una Commissione presieduta da Massimo D’Alema, di giungere a una riforma organica sia della forma di stato, introducendo elementi di federalismo, sia della forma di governo, rafforzando i poteri del Presidente del Consiglio, si ebbe fra il 1997 e il 1998, ma rimase senza esito.

Più successo iniziale ebbe la maggioranza di centro-destra guidata da Silvio Berlusconi, che approvò sia un’ambiziosissima riforma di 56 articoli della Costituzione, sia la reintroduzione di una legge elettorale proporzionale, ma con soglia percentuale d’accesso al Parlamento e con premio di maggioranza per il partito o la coalizione che ottengono più voti alla Camera e regione per regione al Senato. Vinte molto risicatamente le elezioni dell’aprile 2006, il centro-sinistra chiamò l’elettorato a un referendum costituzionale che bocciò tutta la riforma costituzionale. Pure in seguito sottoposta a referendum, la legge elettorale rimase in piedi intatta a causa del non conseguimento del quorum del 50% più uno dei votanti. Costantemente criticata dagli opinionisti, in particolare del centro-sinistra, la legge elettorale che, grazie alle sue lunghe e bloccate liste di candidati, consente ai capi-partito di scegliersi i parlamentari graditi e ai candidati di farsi cooptare, appare molto difficile da riformare.

Alla fine del 2010, anno quant’altri mai di conflitti politici e di migrazioni parlamentari (la classica malattia italiana chiamata trasformismo), le riforme istituzionali continuano a rimanere sullo sfondo, promessa o minaccia, entrambe difficili da tradurre in pratica. La Costituzione, autorevolmente difesa e interpretata dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, esibisce una straordinaria elasticità, tanto da fare pensare che le riforme dovrebbero essere indirizzate a migliorare la qualità della classe politica piuttosto che a incidere sui meccanismi e sulle strutture istituzionali. Naturalmente, c’è molto da temere qualora una classe politica conflittuale e inadeguata riesca a trovare accordi su riforme costituzionali che ciascuno dei suoi componenti vorrebbe esclusivamente se avvantaggiano la sua parte politica. Le non-riforme appaiono di gran lunga preferibili a riforme forzate, partigiane, malfatte.

Vedi anche
Bettino Craxi (propr. Benedetto). - Uomo politico italiano (Milano 1934 - Hammamet, Tunisia, 2000). Dirigente della gioventù socialista, membro del comitato centrale del PSI dal 1957 ed esponente della corrente autonomista, entrò nella direzione nel 1965 e fu tra i promotori dell'unificazione tra PSI e socialdemocratici. ... Casa delle libertà Casa delle libertà Coalizione di centrodestra composta da Forza Italia, AN, CCD, CDU, Lega Nord e altre formazioni in vista delle elezioni politiche del 2001. Dopo la vittoria, il suo leader, S. Berlusconi ha assunto la presidenza del Consiglio, portando a termine la legislatura. Alle successive elezioni ... deputato Membro della Camera dei deputati. In Italia è eleggibile a deputato ogni elettore che, nel giorno delle elezioni, abbia compiuto i 25 anni di età, salvi i casi di ineleggibilità e incompatibilità. Il termine è usato anche per indicare i membri del Parlamento europeo (cioè dell’assemblea della Comunità ... Partito Liberale Italiano (PLI) Partito fondato nel 1924, dopo una prima assemblea nazionale di gruppi politici e personalità orientate in senso liberale (1922). Ebbe A. Giovannini come primo segretario e svolse una ferma azione in difesa delle istituzioni parlamentari. Sciolto con gli altri partiti nel 1928, fu ricostituito ...
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Vocabolario
cammino²
cammino2 cammino2 (ant. camino) s. m. [lat. *camminus, di origine celtica]. – 1. a. Atto del camminare: essere stanco per il lungo c.; impedire a uno il c.; mettersi in c., incamminarsi; essere in c.; proseguire, riprendere il c.; in costruzione...
madre di tutte le riforme
madre di tutte le riforme loc. s.le f. La riforma più importante per un efficace funzionamento dell’amministrazione statale. ◆ Quella elettorale è la madre di tutte le riforme, propedeutica anche al federalismo. (Sole 24 Ore, 6 marzo 2000,...
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