ISTITUTO GIURIDICO
Il termine, nel suo significato più comune, designa il complesso delle norme giuridiche relative a rapporti tra loro connessi (B. Windscheid, N. Coviello); o, con definizione più complessa, l'"unione organica delle norme e dei principî che regolano un fenomeno sociale, unione non artificiale e aprioristica, ma determinata dalla natura e dai fini di quello" (P. De Francisci): così parliamo dell'istituto giuridico della proprietà, del possesso, del testamento, per designare il complesso delle norme che regolano quella molteplicità di rapporti in cui un soggetto di diritto può venirsi a trovare per il fatto di essere proprietario o possessore o a cui può dar luogo la formazione di un testamento. Di solito, mentre designiamo col nome d'"istituto" un complesso di norme relative a un gruppo di rapporti, astraendo da quella ch'è la vita sociale dei rapporti medesimi, parliamo invece d'"istituzione" quando guardiamo alla realtà sociale del rapporto, al modo con cui esso vive e si comporta: in questo senso, ad es., diciamo "l'istituzione della famiglia è salda tra noi" e "l'istituto della famiglia è saviamente regolato nelle nostre leggi". La distinzione terminologica non è però universalmente accettata: vi è chi (W. Cesarini Sforza) parla d'istituti allorché si abbia un complesso di fenomeni giuridici aventi gli stessi soggetti (matrimonio) e d'istituzioni allorché si abbia un complesso di tali fenomeni con diversi soggetti (famiglia); vi è chi adopera i due termini indifferentemente, e i giuristi francesi in specie preferiscono il termine institution.
Quest'idea di determinati istituti giuridici, attraverso quale procedimento si è formata? Per rispondere, occorre prendere le mosse un po' da lontano. Lo storico sa che i rapporti tra uomini e uomini, tra uomini e cose, non sono suscettibili, nelle varie epoche e nei varî paesi, di grandissime variazioni, ma sono riconducibili sul terreno puramente sociale a un numero piuttosto ristretto di tipi. Invece il giurista vede una molteplicità d'istituti e differenze profonde tra quelli di una civiltà e quelli di un'altra. Gli è che gli aspetti della realtà sociale presi in considerazione dai differenti legislatori non sono gli stessi: la categoria generalissima di quel rapporto tra persone e cose che col termine più lato possiamo chiamare appartenenza, ha dato vita a istituti diversi: il solo confronto del diritto romano col germanico riesce in proposito oltremodo istruttivo Il legislatore dunque, che non fa che riflettere la mentalità del suo popolo, ha preso in considerazione certi lati della realtà sociale, e in base a essi ha formulato l'ipotesi che è il condizionato del suo imperativo (ogni norma è riconducibile alla formula: se avverrà questo, seguirà quello). Una volta formata la norma (scritta o non scritta, non importa), comincia il compito del giurista. Egli considera i rapporti solo in funzione della norma che li regge (N. M. Korkounov), volutamente trascurando le diversità di fatto che possono intercedere fra rapporto e rapporto retti dalla stessa norma: e raggruppa tra loro non solo i varî rapporti che ricadono sotto una stessa norma, ma anche quelli retti da norme diverse. R. Jhering ha posto in luce l'opera compiuta dai giuristi romani nelle varie fasi dell'evoluzione di quel diritto, ma ha anche insuperabilmente illustrato quello ch'è l'elemento costante dell'opera di ogni giurista. Giacché il metodo giuridico, come osserva Jhering, non è un apporto venuto al campo del diritto dal di fuori, ma la maniera propria di dominio pratico e sicuro di questo campo, richiesta dal diritto stesso per una sua necessità interiore. La costruzione giuridica opera su un determinato diritto positivo, ma il suo metodo, il suo procedimento logico, è lo stesso in qualsiasi diritto positivo essa operi: in questo senso è esatta la comune affermazione, che i giuristi di ogni luogo e di ogni tempo parlino lo stesso linguaggio. E i momenti salienti di questo procedimento sono: la riduzione del materiale giuridico ai suoi elementi fondamentali, la sua concentrazione logica, l'ordinamento sistematico, ch'è il momento culminante per il sorgere dei concetti giuridici, quello in cui si determina l'aggruppamento delle norme, e la relazione e interdipendenza tra i varî gruppi (l'errata classifica importa, qui come nelle scienze naturali, errore nella conoscenza dell'oggetto: a es., credere contratto ciò che non è contratto), la creazione dei termini giuridici o meglio la determinazione del loro significato (ebbe massima importanza per tutta l'evoluzione posteriore del diritto romano il raggruppamento delle regole di diritto, da parte dei giuristi dell'ultimo periodo repubblicano e dell'età classica, sotto appellazioni particolari destinate a classificarle come istituti giuridici) e infine l'economia giuridica o arte dell'idoneo impiego degli strumenti così disposti.
Gl'istituti giuridici di solito hanno per base della classificazione il rapporto sociale che le norme sanciscono; ma si deve ripetere per essi quel che si è detto delle norme: che la varia indole e attitudine delle razze si rispecchia nell'assumere l'uno o l'altro elemento di discriminazione. D'altronde gl'istituti sono strettamente legati a un clima storico, in quanto ogni istituto ha dei fini che rispondono ai fini sociali propostisi dallo stato, o in genere dall'istituzione ch'è al centro dell'ordinamento giuridico. Si nota però una notevole capacità di adattamento degl'istituti per cui essi mantengono i loro elementi strutturali anche quando mutano le loro funzioni: P. Bonfante e P. De Francisci hanno posto in luce questo mutamento di funzioni degl'istituti, talora graduale, talora rapido, che qualche volta giunge a far divenire principale un fine secondario e a fare scomparire quello ch'era stato dapprima il fine principale; così come hanno posto in luce le alterazioni d'istituti dovute non tanto ai mutamenti ambientali, quanto alle modifiche che vengono introdotte nel sistema secondo un principio generale d'interdipendenza degl'istituti, e ancora l'esistenza di una specie di legge di selezione, per cui tra più istituti sopravvive il più atto, che di solito sarà quello che consentirà di raggiungere nel modo più semplice e più sicuro gli scopi pratici cui varî istituti simili miravano.
Bibl.: E. R. Bierling, Zur Kritik der juristischen Grundbegriffe, Gotha 1877, II, p. 148 seg.; id., Juristische Prinzipienlehre, Friburgo in B. 1894, I, p. 274 seg.; E. Finzi, Le teorie degl'istituti giuridici, in Riv. critica di scienze sociali, 1914; id., Il possesso dei diritti, Roma 1915, pp. 3-16; P. Bonfante, Scritti giuridici vari, I: Famiglia e successione, Torino 1916, p. 190 segg.; J. Ray, Essai sur la structure logique du code civil français, Parigi 1926, p. 230 segg.; P. De Francisci, Storia del diritto romano, I, Roma 1926, pp. 46-65; E. Betti, Educazione giuridica odierna e ricostruzione del diritto romano, in Bull. dell'Istituto di diritto romano, XXXIX (1931), p. 33 segg.