EMISSIONE, Istituto di (XIII, p. 916; App. I, p. 558)
Il sistema aureo, tornato dopo la prima guerra mondiale a funzionare sia pure con gravi limitazioni, non resistette invece alla prova della grande crisi 1929-33. Nel periodo post-bellico, rinunciando alla automaticità del sistema stesso, si era abbandonato il gold coin standard ripiegando sul gold bullion standard o addirittura sul gold exchange standard; la convertibilità del biglietto era divenuta così teorica mentre l'oro si accentrava nelle casse delle banche centrali per essere riservato agli scambî internazionali e oggetto di vaste manovre o sterilizzato. La grande crisi rese però esplicita l'inoperabilità anche di un sistema aureo così limitato e inevitabile l'abbandono delle ultime parvenze di automaticità; ovunque lo stato interveniva direttamente in campo monetario e faceva della banca centrale il proprio strumento per una vasta politica di moneta manovrata verso l'estero e all'interno. Le monete venivano infatti sganciate da una parità aurea fissa e i cambî sottoposti a controllo; all'interno si legalizzava l'inconvertibilità del biglietto e si fissava d'imperio il tasso di sconto, cosicché all'antica variabile capace di riequilibrare domanda e offerta si sostituiva una politica di espansione creditizia per fornire al mercato il richiesto volume di denaro.
Fu la Gran Bretagna a mettersi per prima su questa strada. Già nel 1928 un emendamento al Gold standard act aveva autorizzato la Banca d'Inghilterra, oltre all'emissione di biglietti a piena copertura aurea, a una certa emissione fiduciaria, limitata per il momento a 260 milioni di sterline ma dilatabile con il consenso del Parlamento. Nel 1931, svalutata la sterlina, sottoposto a controllo il commercio valutario e adottato un sistema di gold standard elastico, la convertibilità del biglietto venne sospesa e si instaurò una politica di espansione creditiza o di cheap money al fine di incrementare la produzione e superare la crisi. La circolazione dei biglietti subì così una continua dilatazione passando da circa 370 milioni di sterline nel 1932 a 400 nel 1939, a 500 nel 1937 e a 600 nel 1938; a questo punto, in virtù dell'emendamento del 1928, l'emissione fiduciaria della Banca d'Inghilterra fu autorizzata fino a 300 milioni di sterline e la circolazione crebbe subito dopo fino a 750 milioni di sterline entro il 1940.
Oltre Atlantico gli Stati Uniti non tardarono a seguire l'esempio della Inghilterra e nel 1934 il dollaro venne svalutato, si instaurò un sistema elastico di gold standard e fu sospesa la convertibilità del biglietto; dette misure si inquadravano nel sistema roosveltiano di riorganizzazione economica, il New Deal, e comprendevano anche la trasformazione del Federal Reserve Board in un Board of Governors di nomina presidenziale quale appropriato strumento per la nuova politica governativa d'intervento diretto e continuo in campo monetario.
Sul continente europeo gli esperimenti furono diversi. In Germania si attuò un rigido controllo della domanda e dell'offerta di qualsiasi tipo di moneta sia per le transazioni interne che internazionali; il governo nazista poté così procedere sulla via del riarmo, il cui aspetto monetario risulta appunto dalla curva ascendente della circolazione della Reichsbank: i 3,5 miliardi di marchi del 1932, nel 1934 erano già 4 miliardi e 5 nel 1936, nel 1938 si raggiungevano gli 8 miliardi e quasi i 12 nel 1939 quando la Reichsbank passò sotto l'assoluto controllo del Tesoro. La Francia, il Belgio e l'Italia in un primo tempo tentarono di rimaner fedeli al sistema aureo e costituirono, alla conferenza di Londra del 1933, il cosiddetto blocco aureo. Nel 1936 però la Francia allineava il franco alle altre monete già svalutate e al pari di queste lo lasciava fluttuare, nel suo rapporto con l'oro, tra un massimo e un minimo. La Banca di Francia da istituzione privata, amministrata da una assemblea dei 200 maggiori azionisti, diveniva istituto pubblico sotto il controllo di un Consiglio i cui membri erano nominati dal presidente della Repubblica, dal governo e da enti pubblici. La convertibilità del biglietto e l'obbligo statutario per la Banca di Francia di una riserva equivalente al 35% della circolazione furono ufficialmente sospesi soltanto nel 1939, ma di fatto lo erano già da tempo e la massa circolante si dilatava da 85 milioni di franchi nel 1932 a 90 nel 1937, a 110 nel 1938, a 150 nel 1939 e a quasi 200 nel primo semestre del 1940.
Anche in Italia, nel 1936, la Banca centrale passò sotto il controllo diretto del Tesoro. La politica di riarmo perseguita dal governo fascista costringeva ad abbandonare qualsiasi velleità di mantenere la vecchia parità aurea e alla dilatazione della circolazione bancaria si aggiungeva di nuovo, come nel periodo bellico e postbellico, una circolazione per conto dello stato. I biglietti salirono così da un ammontare complessivo di circa 18 miliardi (di cui 1,3 di biglietti di stato) a circa 19 miliardi nel 1937, a quasi 21 miliardi l'anno seguente, a circa 27 miliardi nel 1939 e a oltre 34 miliardi (di cui circa 3 di stato) nel 1940.
La seconda guerra mondiale produsse ovunque fenomeni più o meno ampî di inflazione cartacea che continuarono, sia pur controllati, nel periodo postbellico. Dal 1939 in poi, ancora in virtù dell'emendamento del 1928, la Banca d'Inghilterra fu autorizzata a più riprese ad una emissione fiduciaria progressivamente maggìore. Nell'immediato dopoguerra il governo laburista nazionalizzò poi la Banca stessa e ne fece strumento di una coraggiosa politica di espansione creditizia. Sul continente europeo le invasioni e i regimi di occupazione non permisero invece di controllare il fenomeno inflazionistico durante la guerra e le cifre della circolazione cartacea raggiunsero livelli iperbolici tanto da costringere nell'immediato dopoguerra molti paesi al cambio della moneta. In Francia nel 1944 la circolazione era arrivata a un massimo di circa 643 miliardi di franchi, che il cambio della moneta ridusse a 445; ai primi del 1946 era tuttavia già risalita ad oltre 605 miliardi. Anche la Banca di Francia fu nazionalizzata nel 1945. In Belgio la circolazione, arrivata nel periodo di occupazione a oltre 100 miliardi, discese in seguito alla riforma monetaria a 45 ma risalì immediatamente (1946) a oltre 73 miliardi di franchi. In Norvegia la circolazione scese, per il cambio della moneta, da 3 miliardi a poco più di un miliardo, per risalire poi di poco (a 1,4.). Negli Stati Uniti la riduzione della riserva legale aurea e l'aumento del debito pubblico, le cui obbligazioni fanno parte della riserva, hanno permesso dopo la guerra una notevole espansione nella circolazione. L'Italia è stata uno dei pochi paesi che non abbiano attuato il cambio della moneta nonostante l'enorme dilatazione della circolazione, passata nel periodo bellico da 50 miliardi (nel 1941) a 382 (nel 1945) e cresciuta ancora negli anni successivi (v. italia: finanze, in questa App.).