isteria
Quadro clinico che rientra nel gruppo delle nevrosi, caratterizzato essenzialmente da alterazioni somatiche di vario tipo in assenza di segni oggettivi di malattia. Le alterazioni sono rappresentate da sintomi somatici motori (astasia-abasia, mutismo, afonia, paralisi, spasmi, ipercinesie), sensitivosensoriali (ipoestesie, anestesie, algie, parestesie, disturbi della vista e dell’udito), neurovegetativi (con dolori e disfunzioni a carico di vari organi e apparati) accompagnati da tipiche alterazioni dissociative dello stato di coscienza (sonnambulismo, letargia, stati crepuscolari) e della memoria (amnesie). Con il termine di i. ci si riferisce inoltre a un particolare tipo di personalità caratterizzata essenzialmente da suggestionabilità, teatralità, superficialità delle relazioni oggettuali e disturbi della sessualità (soprattutto impotenza e frigidità).
L’i. è indelebilmente legata alla scoperta dell’inconscio e alla nascita della psicoanalisi. Già nota ai tempi di Ippocrate (il termine deriva dal greco ὑστέρα, che significa utero, quando si credeva che tale patologia derivasse da un cattivo funzionamento dell’apparato sessuale delle donne), nel corso dei secoli era decaduta al ruolo di Cenerentola della medicina quando, nella seconda metà del 19° sec., il neurologo francese Jean-Martin Charcot provò a ridare dignità clinica e nosografica alla malattia. Sigmund Freud, allora giovane medico, partecipò a Parigi alle lezioni del grande Charcot e – tornato a Vienna – cominciò a occuparsi del trattamento dei casi di i., allora molto frequenti, soprattutto fra le giovani donne. Nel 1895 pubblicò, insieme al medico viennese Josef Breuer, gli Studi sull’isteria che rappresentano ancora oggi l’atto di fondazione della psicoterapia moderna e contengono le prime geniali intuizioni teoriche e cliniche (i concetti di inconscio, di rimozione, di resistenza, di sintomo come formazione di compromesso) che avrebbero portato, nel volgere di pochi anni, alla nascita della psicoanalisi (➔). Grazie all’analisi delle cosiddette nevrosi traumatiche di guerra, che determinavano nei soldati al fronte sintomi di chiara connotazione isterica, Freud e i suoi primi seguaci compresero che tale patologia poteva colpire anche il sesso maschile e che il trauma e il conflitto alla base potevano essere collegati non solo alla pulsione sessuale, ma anche a quella aggressiva.
Classicamente si distinguono l’i. d’angoscia e l’i. di conversione. Secondo la teoria freudiana, all’origine dell’i. c’è un trauma psichico (➔) di tipo pulsionale (sessuale o aggressivo) che genera conflitto e quindi angoscia. Per tentare di far fronte all’angoscia, si mettono in moto specifici meccanismi difensivi di scissione: la rappresentazione psichica (per es., il desiderio sessuale proibito) viene rimossa nell’inconscio; l’affetto relativo (che per Freud è un quantum di energia libidica) si converte in un sintomo somatico, al quale rimane legato. L’angoscia cioè si converte in una alterazione corporea che mantiene con la rappresentazione rimossa una relazione di tipo simbolico. Il conflitto psichico generante angoscia, che è alla base del processo della formazione del sintomo isterico, è di regola legato al complesso di Edipo (➔) e all’angoscia di castrazione. In questo processo psicopatologico possono intervenire fattori costituzionali o alterazioni acquisite che predispongono o facilitano i fenomeni di conversione (la cosiddetta compiacenza somatica). Nell’i. d’angoscia, invece, l’affetto (➔) si manifesta appunto nella forma generica di angoscia libera che talora si può ulteriormente trasformare in fobia (➔), ossia si può nuovamente legare a un oggetto – detto fobico – che non ha relazione apparente con il conflitto originario. Nella diagnosi differenziale rispetto alle varie malattie organiche alle quali l’i. può talvolta rassomigliare, rivestono un valore particolare sia l’osservazione dei sintomi, che corrispondono sempre all’idea che il paziente ha del proprio funzionamento corporeo più che alla realtà dell’anatomia e della fisiologia, sia il particolare atteggiamento di belle indifférence rispetto alla propria condizione di malattia, la quale può avere invece una inconscia funzione difensiva nei vari contesti familiari, sociali e professionali in cui si trova a vivere il paziente (il cosiddetto tornaconto secondario della malattia).
Una questione che ha assunto, soprattutto negli ultimi decenni, una importanza clinica e teorica sempre maggiore riguarda i rapporti fra i sintomi somatici dell’i. e tutte le altre condizioni morbose che coinvolgono il funzionamento corporeo e che sono state messe in relazione con sottostanti dinamiche psichiche. L’elemento caratteristico che dona all’i. la propria specificità clinica è che i sintomi fisici mantengono con la rappresentazione psichica rimossa una relazione di tipo simbolico. Ciò significa che nell’i. di conversione i sintomi somatici rappresentano ed esprimono i contenuti psichici inconsci e latenti, e sono dunque suscettibili di interpretazione e di risoluzione all’interno del processo psicoanalitico: per es., la paralisi di un braccio simboleggia l’impulso aggressivo a colpire e al tempo stesso l’inibizione dell’impulso. Ciò è di fondamentale importanza per la distinzione fra i sintomi di conversione della malattia isterica e i sintomi organici delle cosiddette malattie psicosomatiche (➔ psicosomatica), che sono piuttosto espressione di una mancata mentalizzazione in epoche estremamente precoci dello sviluppo psichico e non veicolano alcun significato di tipo simbolico che possa essere svelato e curato con l’interpretazione, ma richiedono invece una più complessa elaborazione affettiva e cognitiva nell’ambito del rapporto tra paziente e terapeuta.