PONTINE, Isole
Gruppo di isole del Mare Tirreno al largo del golfo di Gaeta (LT), di cui le maggiori sono Ponza e Ventotene, distanti dalla costa rispettivamente 33 e 45 km.
Ponza (v. vol. VI, p. 377). - Recenti lavori di ricognizione sistematica del territorio hanno permesso la redazione della carta archeologica dell'isola e un migliore inquadramento delle tematiche storico-topografiche. Aree di frequentazione preistorica, certamente già neolitiche (schegge di ossidiana), sono state individuate in più punti del settore meridionale dell'isola, in relazione ai due approdi contrapposti dell'odierno porto e di Chiaia di Luna, dislocate lungo la fascia costiera e forse in rapporto con l'altura naturalmente difesa del Monte La Guardia.
A fronte di una forte lacuna di documentazione per tutta l'età arcaica e repubblicana, che lascia irrisolti i problemi relativi alla pur plausibile frequentazione greca e alle presenze prima volsce e poi romane (colonia latina del 313 a.C.) attestate dalle fonti, la prima età augustea segna un fiorire di testimonianze che collocano in questo periodo una completa reimpostazione urbanistica dell'isola. Alla base di quest'ultima andrà visto il più generale fenomeno del fiorire, intorno alla metà del secolo, lungo tutto il medio Tirreno, delle ville costiere di lusso, fenomeno il cui impatto su Ponza venne probabilmente accentuato da un interesse diretto dello stesso Augusto. È importante poi constatare come, per gli interventi edilizî che si resero necessari per la completa fruizione dell'isola, si fece riferimento ai modelli che già da qualche tempo si stavano realizzando in territorio campano; a questi riportano le gallerie stradali, gli impianti portuali, le peschiere e le grandi cisterne, il tracciato dell'acquedotto e le ville residenziali scenograficamente inserite nell'orografia dell'isola, nonché il tipo di tomba a camera con pareti dipinte utilizzato nelle due principali necropoli.
Nello schema urbanistico dell'isola sarà la posizione della rada di S. Maria, in cui lunghe strutture costiere in reticolato con banchine alternate a nicchie segnalano ora con certezza la collocazione dello scalo portuale, a determinare la realizzazione dei tracciati stradali necessari per saldarla al resto dell'isola. Così su un asse principale posto a congiungere le due estremità di Ponza - quella settentrionale verso la zona de Le Forna e ancora più a Ν verso le altre aree di pianura in cui piccoli rinvenimenti di materiali di superficie possono indicare uno sfruttamento agricolo del settore, e quella meridionale con il «polo urbano» fra S. Maria e Punta della Madonna - venivano a gravitare le vie trasversali che servivano le altre località dell'isola. Per ovviare alle difficoltà orografiche si ricorse allo scavo di alcune gallerie viarie (cryptae), due sull'asse N-S - quelle fra S. Antonio e S. Maria e fra S. Maria e Giancos - e una, nota per le dimensioni e la conservazione delle strutture, fra S. Antonio e Chiaia di Luna.
In direzione di S. Maria venne poi orientato il percorso dell'acquedotto. Questo, partendo da c.a 500 m a Ν di Le Forna, captando mediante un sistema di cunicoli ampie sacche d'acqua presenti negli strati inferiori argillosi del terreno, correva lungo tutto il ciglio orientale dell'isola con un condotto scavato nel banco roccioso e solo occasionalmente sorretto da sostruzioni artificiali, per andare a rifornire la zona del porto e altri punti di approdo, e forse anche qualche complesso abitativo, fino a Punta della Madonna.
Gli insediamenti residenziali presentano come costanti tipologiche l'uso di grandi terrazzamenti atti a inserirli nell'orografia dell'isola, nonché la presenza di grandi cisterne, a volte anche più di una per ogni villa, in qualche caso inserite nei terrazzamenti stessi, sempre rifornite da sistemi di filtrazione e captazione dell'acqua piovana. I complessi principali sono la villa in località S. Antonio, quella di S. Maria e quella di Punta della Madonna, alla quale è legato il grande gruppo di peschiere detto Grotte di Pilato. Unica struttura di pianura è la villa in località Padula.
Sul settore meridionale gravitavano infine le due vaste aree di necropoli, quella di Bagno Vecchio a S e quella di Guarini sul ciglio di Chiaia di Luna, entrambe caratterizzate dall'adozione del tipo di tomba a camera scavata nella roccia e dipinta. A queste devono aggiungersi altri piccoli gruppi di sepolture conosciute in varie zone dell'isola.
Dopo il II sec. d.C. le testimonianze di vita sull'isola si vanno rarefacendo, tanto che per i secoli successivi si conoscono solo un mitreo in località Salita dello Scalpellino e la continuità d'uso delle due necropoli, da una delle quali, quella di Guarini, proviene forse un'iscrizione cristiana databile al IV sec. d.C.
Nelle immediate vicinanze dell'isola, in località Secca dei Mattoni, è stato di recente individuato e parzialmente scavato un relitto di nave oneraria datato, in base al carico, alla prima metà del I sec. a.C.
Ventotene (Πανδατερία). - L'antica Pandateria (varianti Pandataria o Pandaría, ma anche Pandotira in CIL, X, 6785) è indicata dalle fonti come posta «al largo della Campania» (Dio Cass., LV, 10, 14) o di fronte «al golfo di Pozzuoli» (Plin., Nat. hist., VI, 6, 82).
Le più antiche frequentazioni dell'isola sono testimoniate da pochi materiali protostorici, solo genericamente attribuibili al Bronzo Medio I-II, provenienti da un'area subito a NO dell'odierno cimitero. In seguito, la mancanza di dati fino alla prima età imperiale rende impossibile inquadrare un eventuale ruolo svolto dall'isola sulle rotte coloniali dei Greci (ai quali in genere è riferita l'origine del toponimo antico) o accertare presenze romane legate a quelle registrate dalle fonti per la vicina Ponza (colonia del 313 a.C.).
Le testimonianze archeologiche collocano ai primi anni dell'età augustea la pianificazione dell'occupazione di Ventotene, quasi certamente avviata per interesse diretto della casa imperiale. Gli interventi necessari alla fruibilità dell'isola dovettero essere piuttosto repentini, tanto che già Strabone (v, 3,6) la ricorda ricca di belle dimore] nel 2 a.C. essa era in grado di ospitare esiliati di rango imperiale. Alle spalle di molti di questi interventi (scavo del bacino portuale, disposizione planimetrica della villa a Punta Eolo, tombe a camera dipinte della necropoli) si devono vedere le esperienze architettoniche ed edilizie maturate negli anni precedenti nella vicina Campania. Proprio a causa della sua appartenenza ai possedimenti imperiali (testimoniata probabilmente per il I sec. d.C. dall'epigrafe CIL, X, 6785, che menziona un liberto imperiale, Metrobio, che praefuit all'isola) Ventotene venne da questo momento destinata fondamentalmente a luogo di reclusione di membri della famiglia imperiale stessa: prima Giulia, la figlia di Augusto, nel 2 a.C. (Suet., Aug., LXV; Tac., Ann., 1, 53; Dio Cass., LV, 10); poi nel 29 d.C. Agrippina Maggiore, per ordine di Tiberio (Suet., Tib., 53); nel 39 d.C. una delle due sorelle di Caligola: Livilla o Agrippina (probabilmente Livilla: Dio Cass., LIX, 22, 8); nel 62 d.C. Ottavia, moglie di Nerone (Tac., Ann., XIV, 63-64); e infine Flavia Domitilla, inviata a Ventotene da Domiziano nel 95 d.C. (Dio Cass., LXVII, 23).
La conformazione orografica dell'isola permise un agevole sfruttamento urbanistico della fascia costiera settentrionale, sulla quale il nucleo abitato, sostanzialmente incentrato sulla villa imperiale, andò raggruppandosi attorno allo scalo portuale, un bacino interamente scavato nel tufo (per una profondità massima di m 3,5 sotto il livello del mare), accompagnato da banchine di ormeggio e, sul lato a terra, da un portico, anch'esso ricavato nella roccia, e da magazzini, con una piccola darsena di alaggio a S e altre strutture di servizio quali cisterne, grotte e le grandi bitte di manovra ancora visibili all'imboccatura; ne è incerta la cronologia, ma è possibile che la costruzione della villa di Punta Eolo ne abbia determinato quanto meno la sistemazione, se non il primo impianto.
Il nucleo abitato, dislocato attorno al porto, era essenzialmente formato dal complesso della villa imperiale, a cui vanno riferite le strutture in località Polveriera, con la sottostante peschiera, e quelle di Punta Eolo. Delle prime rimane una platea impostata su un duplice terrazzamento, a cui doveva esser stata legata la sottostante peschiera, una struttura complessa, quest'ultima, interamente scavata nella roccia e con i varî ambienti tutti in comunicazione con il mare e con l'acquedotto o con cisterne d'acqua dolce.
I resti di Punta Eolo si estendono invece sul lato settentrionale dell'isola, per più di 30.000 m2, in tre nuclei distinti ma architettonicamente legati tra loro, imposti dalla conformazione orografica nel cui rispetto più totale la villa venne sistematicamente realizzata.
A un'area meridionale connessa con i servizi e forse con attività produttive e una centrale utilizzata come raccordo, seguiva sulla punta il corpo principale della villa, costituito da tre parti: un'area (xystus) formata da spazi aperti, forse cortili per il passeggio e il maneggio, e giardini; l'area abitativa vera e propria, con ambienti e terrazze scenograficamente affacciati sul mare; e il settore termale.
Tutto il settore urbano di Ventotene veniva rifornito da un acquedotto ramificato in più condotti raccordati ai poli principali (porto, peschiera, ville) e alimentato da due grandi cisterne poste al centro dell'isola, dette di Villa Stefania e dei Carcerati, ambedue rifornite mediante sistemi di filtrazione e captazione dell'acqua piovana. Altre cisterne minori sono conosciute lungo il percorso dei varî rami dell'acquedotto. Sempre nell'area centrale dell'isola, in località Cala Battaglia, è localizzata la necropoli, con tombe a camera scavate nella roccia e ornate da decorazioni pittoriche.
Dal tardo II sec. d.C., epoca a cui dovrebbe datarsi l'abbandono della villa di Punta Eolo, le testimonianze di una continuità di vita sull'isola vanno scomparendo, affidate solo a pochi rinvenimenti sporadici (lucerna bilicne bronzea cristiana, dal porto) e alla probabile continuità d'uso della necropoli di Cala Battaglia.
Dall'isola, e in particolare dalla villa di Punta Eolo, proviene numeroso materiale archeologico; oltre a pezzi confluiti in altre collezioni (fra cui la testa colossale di Giove Ammone al Museo Archeologico di Napoli), un consistente nucleo ha permesso la realizzazione del Museo Archeologico Comunale. Si segnalano: dal porto, un ritratto di Tiberio in età giovanile, recentemente recuperato; da Punta Eolo, una vasta campionatura di resti di pitture parietali, un gruppo di lastre «Campana» raffiguranti motivi noti nella propaganda ufficiale della prima età augustea e varî bolli laterizi.
Numerosi i reperti provenienti dai fondali, fra cui un dolio e alcuni lingotti di piombo con la firma dei commercianti C. Utius, C. Fidius e Sex. Lucretius dal relitto di Punta dell'Arco, nonché gli elementi decorativi in bronzo e avorio di klìnai dal relitto di S. Stefano.
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(F. M. ClFARELLl)