Vedi EOLIE, Isole dell'anno: 1960 - 1973 - 1994
EOLIE, Isole (v. vol. III, p. 349 e S 1970, p. 301)
vol. III, p. 349 e S 1970, p. 301). - Preistoria. - Sono da segnalare la pubblicazione degli insediamenti dell'Età del Bronzo delle isole di Panarea e Salina e le relazioni preliminari relative a quelli di Filicudi, di Stromboli e di Alicudi. Per Filicudi in particolare è da ricordare la presenza di ceramica matt-painted policroma, che si trova cronologicamente in testa alle importazioni di ceramiche egee in Occidente. Per Lipari, in particolare, ha visto la luce la completa edizione degli scavi del Castello a cui si aggiungono segnalazioni di altre ceramiche micenee, testimonianze di attività industriali nei livelli dell'Ausonio II (XI-X sec. a.C.), ma anche di insediamenti dal Neolitico all'Età del Bronzo nella contrada Diana e in varie località dell'isola (Castellaro, Zinzulo, Spatarella, ecc.). In particolare è stato possibile precisare con sempre maggiore chiarezza l'evoluzione culturale attraverso il Neolitico, l'Eneolitico e l'Età del Bronzo.
Sono stati messi in evidenza gli stretti rapporti intercorrenti fra la facies culturale eoliana del Bronzo Antico (cultura di Capo Graziano, soprattutto nelle sue fasi iniziali) e le culture del Protoelladico III e del Mesoelladico iniziale, attribuendo l'avvento di tale cultura eoliana a genti di stirpe eolica dalle quali le isole trarrebbero il nome che ancora portano, e riferendo alla stessa età il ricco patrimonio di leggende a esse relativo che conserverebbe il ricordo dello stanziamento nelle isole. Concorda d'altronde con queste osservazioni il riconoscimento di una facies analoga nei tumuli (specchie) del Salento, presumibilmente di simili origini e rientrante nello stesso ciclo epico-leggendario.
Sono state anche messe in evidenza le testimonianze di un impatto capograzianoide a largo raggio nell'area tirrenica, in un'età corrispondente ancora al Protoappenninico A, sicché è stato visto in questi apporti egei, mediati attraverso il golfo di Taranto e le E., il fattore determinante del passaggio, nella penisola italiana, da un Protoappenninico A, di tradizione eneolitica, a un Protoappenninico B, e cioè a una piena Età del Bronzo, nei primi secoli del II millennio a.C.
Di particolare importanza è il riconoscimento dell'appartenenza ancora alla facies culturale di Capo Graziano, (e quindi a una data anteriore al 1430 circa a.C., confortata dalle ceramiche rinvenute in saggi di scavo) della stufa termale di S. Calogero, che riproduce in scala ridotta (diam. m 4,20 c.a), in rapporto alle funzioni per le quali è stata costruita, il tipo delle più eleganti e raffinate fra le thòloi micenee. Per quanto riguarda la struttura, sono particolarmente strette le analogie con il Tesoro di Atreo.
Ciò implica una penetrazione della cultura micenea nelle E., che va ben al di là di quanto si poteva supporre in base al solo rinvenimento di frammenti ceramici protomicenei, sia pure in numero rilevante, e avvalora l'ipotesi precedentemente avanzata da Ch. Doumas che riconoscerebbe Lipari nella pittura delle navi di Acrotiri (v. thera) ora conservata al Museo Nazionale di Atene.
Età arcaica, ellenistica e romana. -- Sulla base di un àition di Callimaco, dei relativi schòlia e di un distico dell'/bis di Ovidio, sono state apportate fondamentali precisazioni sulle guerre fra i Liparesi e i Tirreni e sul significato storico dei donari dei Liparesi e dei Tirreni a Delfi (Colonna, 1984). Mentre il primo donario liparese potrebbe corrispondere a una prima fallita aggressione etrusca contro Lipari, l’ex voto dei Tirreni sarebbe in rapporto con una seconda aggressione (condotta dal tarquiniese Velthur Spurinna?) che avrebbe conquistato Lipari e sacrificato a Febo il più forte dei difensori della città, Theudotos. Il secondo donario dei Liparesi corrisponderebbe alla loro pronta rivincita e alla liberazione della città.
Per la topografia di Lipari in età classica sono da segnalare la scoperta e lo scavo di ampi tratti della cinta muraria in elegante opera isodoma, costruita nel corso della prima metà del IV sec. a.C., e la messa in luce di evidenti testimonianze dell'assedio romano del 252-251 a.C. culminato con la distruzione della città (suolo cosparso di palle di catapulte, cuspidi di lance, frecce in ferro ecc.). Questa cinta (la seconda dopo quella in opera poligonale databile intorno al 500 a.C., identificata negli scavi del 1954) non è stata mai oltrepassata dall'espansione urbana. Durante la guerra civile del 36 a.C. essa fu rafforzata da un aggere provvisorio in opera incerta di cui si rinvennero alcuni tratti.
Della città stessa furono scoperti nell'area retrostante alle mura resti di abitazioni più volte ristrutturate dal II al VI sec. d.C. e, nell'area suburbana, le tracce di un'arena rustica (semplice muro perimetrale curvilineo) di età tardo-imperiale sovrapposta ai resti di un santuario di età greca.
Estesi scavi sono stati eseguiti nell'area della necropoli greca e romana, dove il numero delle tombe sistematicamente messe in luce supera ora le 2800. Si può quindi delineare con evidenza l'evoluzione dei tipi tombali, delle consuetudini funerarie, ma anche dei tipi ceramici in gran parte di produzione locale, dall'epoca della fondazione della colonia cnidia (580-576 a.C.) all'età tardoimperiale. Dal punto di vista storico-artistico e storico-religioso particolarmente importante è l'ampia serie di grandi vasi figurati, soprattutto crateri, di cui pochi sono di fabbrica attica (cfr. kelèbe del Pig Painter con banchetto degli dei) del V sec., mentre invece molti sono riferibili a produzione siceliota, campana o pestana del IV sec. (Pittori Santapaola, Prado-Fienga, Louvre Κ 240, ecc.). Sono ben rappresentati alcuni maestri la cui personalità artistica può essere definita proprio in base ai rinvenimenti liparesi, come il Pittore di Adrasto e il Pittore di Maron, mentre la produzione di ceramiche minori (soprattutto lekànai) appare in un primo momento, nei decenni intorno alla metà del IV sec., strettamente legata a quella siceliota del Gruppo Lentini-Manfria (notevoli alcuni pezzi attribuibili al Pittore di Hekate) e in un momento successivo a quella campana del Pittore Mad-Man e del Pittore ΝΥΝ, quest'ultimo rappresentato almeno da una quarantina di pezzi (a sole teste femminili) attribuibili alla sua bottega, che talvolta si associano con le prime testimonianze del c.d. stile di Gnathia. Sicuramente locale è la produzione del Pittore di Cefalù, attribuibile agli ultimi decenni del IV sec. e coeva alla grande fioritura dello stile di Gnathia. Nella prima metà del III sec. l'artigianato liparese produce la ceramica policroma di cui è massimo esponente il Pittore di Lipari, ma che continua a svilupparsi con altri maestri (Pittori della Sphendone Bianca, delle Tre Nikai, della Colomba, di Falcone) fino alla distruzione del 252-251 a.C. che pone termine a tutti gli artigianati locali. È di questa età il Pittore dei Cigni, a cui è dovuto probabilmente il trasferimento di quest'artigianato a Lilibeo, con cui Lipari, nel corso della prima guerra punica, è strettamente legata sotto l'egemonia di Cartagine.
Altro artigianato liparese di eccezionale interesse è quello della coroplastica di argomento teatrale, di cui si ha qualche testimonianza fin dalla metà del V sec., ma che conosce una straordinaria fioritura dai primi anni del IV, con la produzione di una serie di modellini di maschere legate ai diversi generi del teatro greco. Una trentina di pezzi relativi alla tragedia presentano i personaggi di opere di Sofocle (Trachinie, Edipo re, Filottete a Troia) e di Euripide (AlcestiAlessandro, Ecuba, Crisippo) e forse di Astidamante il Giovane (Ettore) e cioè delle tragedie di maggiore successo che continuavano a essere rappresentate nel corso del IV sec. a.C. Alcune maschere appartengono al dramma satiresco. Quelle comiche (una ventina di tipi diversi) rispecchiano l'arte di Aristofane e non è da escludere che un gruppo di esse conservi parte dei personaggi delle Ecclesiazuse. Le maschere buffe di Eracle e Hades si riferiscono a una commedia ispirata al famoso episodio omerico (II., V, 395-404)·
Una vastissima serie di statuette della seconda metà del IV sec. si riferisce sia al dramma satiresco, sia in massima parte alla commedia di mezzo, e dimostra il perpetuarsi della tradizione risalente alla commedia antica. Un profondo mutamento tipologico e stilistico si manifesta invece fin dagli inizi del III sec. a.C., attestato nel genere comico da numerosissime (più di 400 fra intere e frammentarie) maschere e da alcune statuette riferibili alla Commedia Nuova. Si possono riconoscere in esse quasi tutti i personaggi descritti nel catalogo delle maschere teatrali tramandatoci nell'Onomastikòn di Giulio Polluce. Poche sono invece finora le maschere satiresche e quelle tragiche della prima metà del III sec., le quali dimostrano peraltro lo stesso radicale mutamento e l'avvento dei tipi che rimarranno in uso fino all'età romana imperiale. Questa straordinaria diffusione della coroplastica di argomento teatrale, connessa con riti funerari (oltre 1200 pezzi finora rinvenuti nell'area della necropoli e il numero va continuamente crescendo) non ha confronto in nessun altro centro del mondo greco. Senza dubbio è in rapporto con un particolare aspetto assunto localmente dal culto misterico di Dioniso.
Un'altra classe di terrecotte liparesi della prima metà del III sec. a.C. è quella dei ritratti di personaggi illustri, sia sotto forma di statuette (Omero, Socrate, Lisia) sia di piccole maschere. Importanti fra queste l'Euripide e il Menandro (giuntoci in 3 esemplari) mentre incerta resta l'identificazione di altri personaggi (Sette Sapienti; Difilo? Filemone?).
Altrettanta originalità presentano le terrecotte sacrali del IV e III sec. in massima parte provenienti da un santuario extraurbano di Demetra e Kore. Oltre a busti della dea modiata e a statuette con l'attributo della face o del porcellino che rielaborano con proprio stile tipi largamente diffusi, si ha qui un'ampia serie (almeno una quindicina di tipi diversi) di piccoli pìnakes con insolite figurazioni. Ricca e varia la serie delle statuette femminili ellenistiche (soprattutto piccole teste). Lipari quindi si rivela fra il IV e la prima metà del III sec. a.C. come uno dei centri di più vivace e originale attività artistico-artigianale della Sicilia e della Magna Grecia.
Nel campo dell'epigrafia, i cippi o stèlai funerari databili fra il IV e il I sec. a.C. conservati al Museo Eoliano sono più di 500. Recano in genere il solo nome del defunto, talvolta una formula di saluto, raramente altre indicazioni (patronimico, toponimo ecc.). Alcuni sono riferibili a tombe datate dal corredo. Numerosi i bolli delle tegole, in massima parte dal II sec. a.C. al I d.C.
La sezione di archeologia marina del museo raccoglie i materiali di diverse discariche di fondali e di almeno una quindicina di relitti di diverse età, di cui il più antico delle fasi iniziali dell'Età del Bronzo, e molti altri dal V sec. a.C. all'età tardo-imperiale. Alcuni di essi, fatti oggetto di ricerche sistematiche o almeno di ampi recuperi, hanno dato centinaia di anfore (talvolta con bolli) e partite di ceramiche acrome o a vernice nera (relitti F di Filicudi, della secca di Capistello di Lipari, relitto 1987 di Panarea). Particolarmente interessante il relitto A di Filicudi nel quale anfore tipo Dressel ia e ceramica campana Β sono datate da assi romani del 290-270 circa a.C.
Età tardo-imperiale e protocristiana. - Oltre a vasti strati di discarica, a resti di abitazioni e a una stufa termale (c.d. organo di Eolo), appartengono a questo quadro alcuni ipogei funerari e la necropoli del predio Zagami (scavo XXXVI) con tombe prive di corredo, ma nella quale l'iscrizione di Proba, con formule insolite, è di grande interesse per la storia della chiesa liparese nel V sec. d.C. Ivi un ipogeo ricavato entro una vecchia cisterna è probabilmente ebraico.
I dati archeologici e storici di questa età e dell'Alto Medioevo e il vastissimo patrimonio di leggende agiografiche relative alle E. sono stati ripresi in esame e messi in rapporto con le testimonianze del risveglio dell'attività vulcanica nell'isola di Lipari nell'VIII sec. d.C. (Monte Pelato, Forgia Vecchia).
Nella sezione vulcanologica del museo, oltre alla storia geologica delle isole si è anche cercato di chiarire i rapporti fra vulcanologia e archeologia, attraverso tutta l'antichità fin dalla preistoria, e di mettere in evidenza le risorse offerte all'uomo dalla natura vulcanica delle isole (fertilità dei suoli, ossidiana, pomice, allume, zolfo, caolino, ma anche sorgenti termali, fanghi, stufe fumaroliche, ecc.).
Bibl.: In generale: L. Bernabò Brea, M. Cavalier, in BTCGI, IX, 1991, s.v. (cfr. i lemmi Alicudi, Basiluzzo, Filicudi, Lisca Bianca, Lisca Nera). - Preistoria: L. Bernabò Brea, M. Cavalier, Meligunìs Lipâra, III. Stazioni preistoriche delle isole Panarea, Salina e Stromboli, Palermo 1968; M. Cavalier, Ricerche preistoriche nell'Arcipelago Eoliano, in RivScPr, XXXIV, 1979, pp. 45-136; L. Bernabò Brea, M. Cavalier, Meligunìs Lipâra, IV. L'acropoli di Lipari nella preistoria, Palermo 1980; A. M. Bietti Sestieri, La Sicilia e le isole Eolie e i loro rapporti con le regioni tirreniche dell'Italia continentale dal neolitico alla colonizzazione greca, in Atti del V Congresso intemazionale di studi sulla Sicilia antica, Palermo-Etruria meridionale-Sardegna 1980 (Kokalos, XXVI-XXVII, 1980-1981), Roma 1982, pp. 8-79; M. Cavalier, L. Vagnetti, Frammenti di ceramica «Matt Painted» policroma da Filicudi (Isole Eolie), in MEFRA, XCV, 1983, pp. 335-344; L. Bernabò Brea, Gli Eoli e la prima età del Bronzo nelle isole Eolie e nell'Italia Meridionale. Archeologia e leggende, Napoli 1985; M. Cavalier, Nuovi rinvenimenti sul Castello di Lipari e testimonianze di attività industriale dell'Ausonio II, in RivScPr, XL, 1985-86, 1-2, pp. 225-254; M. Cavalier, L. Vagnetti, Materiali micenei dall'acropoli di Lipari, in SMEA, XXV, Roma 1986, pp. 143-144; L. Bernabò Brea, La Sicilia e le isole Eolie, in L'Età del Rame in Europa. Atti del Congresso Internazionale, Viareggio 1987, in RassAPiomb, VIII, 1988, pp. 496-506; M. P. Moscetta, Il ripostiglio di Lipari. Nuove considerazioni, in DArch, VI, 1988, pp. 53-78; L. Bernabò-Brea, M. Cavalier, La tholos termale di San Calogero nell'isola di Lipari (con appendice di P. Belli), in SMEA, XXVIII, 1990, pp. 7-84; iid., Meligunìs Lipàra, VI. Filicudi. Insediamenti dell'età del Bronzo (con appendici di M. C. Martinelli, L. Vagnetti, R. M. Albanese, J. L. Williams, P. Villari), Palermo 1992.
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