FACIO (Fazi, Facii), Isidoro
Esponente di una famiglia di tipografi attivi in Abruzzo e nelle Marche per oltre due secoli, esplicò la sua attività da solo e in società con altri, in particolare con il fratello Lepido. Non si hanno notizie sul luogo e sulla data di nascita, ma non si dovrebbe errare di molto collocando il primo tra le Marche meridionali e l'Abruzzo settentrionale e la seconda negli anni Sessanta del sec. XVI.
Il F., con il fratello Lepido e i discendenti Facio e Marcantonio, può essere considerato un esponente tipico delle generazioni di artigiani tipografi che, negli ultimi decenni del Cinquecento, attivarono o riattivarono la stampa in numerosi centri minori italiani. Ricordiamo, a titolo di esempio, un Giambattista Natolini a Udine, un Girolamo Discepolo a Viterbo, un Angelo Mazzolini a Treviso.
Secondo il Borsa, dovette iniziare la sua attività ad Ascoli Piceno nel 1588. Già nel 1589 si spostava a Teramo, dove collaborava col fratello Lepido, il quale in anni successivi compare all'Aquila. L'unica edizione conosciuta stampata a Teramo che sia datata è del 1589 si tratta di un'opera del teramano Muzio Muzi, Ilpadre di fameglia. Opera utilissima nella quale si ragiona di quanto sia necessario ad un buon capo di casa. Altri lavori dello stesso autore saranno realizzati in seguito dal Facio. C'è poi un'altra opera realizzata da lui e dal fratello Lepido a Teramo, non datata: un Alfabeto spirituale, forse anonimo, rielaborato da qualche cantastorie come il non meglio identificato "Cristoforo milanese" che compare in altre edizioni. La produzione dei due pare comunque orientata verso il genere popolaresco-edificante, come buona parte delle piccole aziende dell'Italia centrale di questo periodo. Sempre privi di data sono Li artificiosi e dilettevoli intermedii Rappresentati nella comedia fatta per le nozze della Gran Duchessa di Toscana, già pubblicati a Roma da Tito e Paolo Diani e a Perugia da Pierpaolo Orlandi nel 1589. È probabile che di opuscoli del genere il F. ne abbia prodotti altri, che non ci sono pervenuti, come buona parte dei libretti destinati alle fasce sociali di alfabetizzazione elementare.
Prima di stabilirsi all'Aquila i due risultano attivi a Campli (1593), dove ricevono una provvisione annua di 30 ducati e usufruiscono dell'affitto gratuito di una casa. Lo spostamento in questo piccolo centro a pochi chilometri da Teramo si spiega con la sua rinascita, databile proprio tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo, dovuta all'interesse dei Farnese: entrambe le composizioni stampate in questa cittadina ebbero come occasione la morte di Alessandro Farnese, avvenuta in Arras (2 dic. 1592). Per la prima, un'Oratio in Alexandri Farnesii exequiis di Pietro Paolo Quintavalle, grammatico e retore di Campli, l'autore aveva avuto dal Parlamento della cittadina l'incarico di presentare al cardinale Ottavio Farnese le condoglianze per la morte del padre. La seconda è un'elegia di autore ignoto (forse lo stesso Quintavalle) dal titolo: Epitaphium perdialogismum.
Nel 1594 il F. e il fratello Lepido iniziano a stampare nel capoluogo abruzzese. In risposta alla loro domanda, il magistrato aquilano, dietro parere del Consiglio (con ventisette voti favorevoli) aveva deliberato positivamente. Essi avrebbero potuto godere degli stessi privilegi dei loro predecessori, dal Rotwil in poi. La loro attrezzatura non era grandissima, ma nemmeno infima: possedevano infatti quattro torchi e otto specie di caratteri, non necessariamente ereditati dal Testa, che li aveva preceduti come tipografo all'Aquila. Il F. insieme con il fratello vi stampò, nello stesso anno, non meno di cinque edizioni. Sono pubblicazioni legate in maggioranza alla storia e alla vita civile della città, come il Dialogo sull'origine della città dell'Aquila di Salvatore Massonio e i Capitoli sopra la riforma della Mag. Cittàdell'Aquila di Ettore Gesualdo. Da segnalare anche l'opera di Marco Megliorati: Dialegus de inventione scientiarum et artium.
Piuttosto che una marca tipografica, come sembra ritenere il Bresciano, la silografia che si trova sul frontespizio del Dialogo del Massonio può essere considerata uno stemma della città: raffigura un'aquila ad ali spiegate, reggente con gli artigli un serto d'alloro e di ulivo, sormontata da una corona ducale col motto: "Undique decora".
Nel 1595 avvenne la separazione tra i due fratelli: già nel 1596 il F. si sposto a Chieti, dove lavorò almeno fino al 1618, dopo aver fondato una società destinata a durare un solo anno con Pasquale Gallo e Carlo Vullietti (che eserciterà anche a Roma). Di essa ci rimangono almeno quattro edizioni stampate nel 1596: le Rime di Muzio Pansa, dedicate al cardinale Odoardo Farnese, il De successione ab intestato commentaria del giureconsulto Costantino Caprioli, opera lodata dai contemporanei, il De magistratu di Giovanni Bernardino Lanuti, giureconsulto teatino, e il De principiis universi Tractatus utilis di Marco Megliorati. La società assunse come insegna uno stemma ovale retto da putti, nel quale compare una mano che regge tre fiori sotto due stelle. Dal 1597 il F. sceglieva come nuovo socio Bartolo (o Bartolomeo) Gobetto. Di questa nuova impresa sono testimonianza l'edizione, in quello stesso anno, dei Portentosi miracoli di s. Giustino, scritti da un certo Gualdo, diacono della cattedrale di Chieti nel 1160, il cui manoscritto in pergamena si conservava nella cattedrale stessa fino a quando, per ordine dell'arcivescovo Matteo Samminiato, non fu stampato; nonché (nello stesso anno) della Quaestio de principio individuationis di Giulio Iornata. La società si sciolse l'anno successivo e il F. continuò da solo la sua professione fino al 1606, epoca in cui si riavvicinò al Gobetto.
Del periodo di intervallo tra le due collaborazioni col Gobetto sono sopravvissute almeno sette edizioni, tra le quali ricordiamo due opere di Muzio Pansa (le Esequie del Cattolico Filippo II del 1598 e il De osculo ethnicae et christianae philosophiae del 1601), una Corona di dodici sonetti di Salvatore Massonio, fatta in morte di Filippo II (1601), e le opere di G.P. Rainaldi. Dell'ultimo periodo di collaborazione col Gobetto è da ricordare La descrittione dell'origine, sito e famiglie della città di Sorrento di Tommaso Cavarretta (1607). L'ultimo periodo di attività del F. lo vede di nuovo sottoscrivere da solo le sue edizioni: è il caso dei Dialoghi curiosi utili e dilettevoli di Muzio Muzi (1612) e di una lettera pastorale di Giacomo da Bagnacavallo (1618).
Il F. morì presumibilmente a Chieti nel 1618.
Lepido rimase attivo fino al 1599 all'Aquila, prima di spostarsi a Roma, dove lo troviamo in collegamento con Stefano Paolini già dal 1601. Del periodo aquilano restano la Geometria di Pico Fonticolano (1597) e la Maddalena penitente di Nicola De Angelis (1599). Non mancano le pubblicazioni d'occasione: ricordiamo le Allegrezze della pace tra il Cattolico re di Spagna et il Christianissimo re di Francia (1598) di Girolamo Accolti, anche questa preceduta da un'edizione romana, e L'imprese della M. C. di D. Filippo d'Austria II re di Spagna rappresentate nel tumulo per la sua morte eretto dalla fedelissima città dell'Aquila (1599) di Felice Benedetti, ornata da numerose incisioni in rame stampate assieme al testo tipografico e dunque con doppia impressione.
Del periodo romano ricordiamo un'opera stampata in società col libraio Stefano Paolini per conto dell'altro libraio editore Sebastiano De Franceschi, Trattato di tutte l'opere pie dell'alma città di Roma di Camillo Fanucci, un Cerimoniale (1602), la Scanderbeide, poema eroico di Margherita Sarrocchi (1606), una Relazione del viaggio e della presa della città di Bona di Silvio Piccolomini e opere di polemica antiveneziana, come quella dell'arcivescovo di Santiago de Compostela Juan Beltrán Guevara (1607).
Della stessa famiglia del F. sono anche Facio e suo figlio Marc'Antonio. Il primo successe a Lepido nella carica di stampatore all'Aquila con le stesse franchigie ed emolumenti, ottenendo in Consiglio cinquantanove voti favorevoli contro nove. Di lui ci rimane una sola edizione: Delle giornate aquilane di Scipione Pisanelli (1602). Il secondo prende quasi subito il suo posto, ereditando anche l'insegna del padre: un sole col motto "Frustra oppositae". Dalla sua officina uscirono due opere di Giancarlo Pica, un'Oratione funebre in morte del Sig. Dottor Cesare Riviera (1602) e le Letture accademiche, nonché un'Historia della santissima imagine della Madonna del Monte Carsoli in Abruzzo (dopo il 1604) di Giulio de Rosis. In seguito, fino al 1636, mancheranno all'Aquila le stamperie.
Ultimo esponente della famiglia è Antonio, che figura come tipografo in una edizione stampata a Lanciano nel 1609: la Vita s. Thomae apostoli, versibus exametris concinnata del medico e letterato lancianese Giacomo Fella, della quale attualmente non si conoscono esemplari, ma che è ricordata dal Toppi.
Fonti e Bibl.: N. Toppi, Biblioteca napoletana. Napoli 1678, I, p. 108; G. Pansa, Noterelle di varia erudizione, Lanciano 1877, pp. 139-173; Id., L'edizione del "Padre di famiglia" di Mutio de Mutii teramano e l'itinerario de' fratelli Facij tipografi abruzzesi, Bologna 1889; Id., La tipografia in Abruzzo..., Lanciano 1891, pp. 28-36, 61-70, 82 s., 96-100; Id., Osservazioni e aggiunte al saggio critico bibliografico sulla tipografia abruzzese dal sec. XV al sec. XVIII, Casalbordino 1900; C. Vecchioni, L'arte della stampa in Aquila. Rass. storico-bibliogr., Aquila 1908, pp. 44-57; G. Bresciano, Tipografi dei secoli XV e XVI nella prov. di Napoli, in Boll. del bibliofilo, I (1918), 1-2, pp. 153-156; P. Santoli, Per lo studio sull'arte della stampa nell'Aquila, in Boll. della Deputaz. abruzzese di storia patria, XLII-XLIII (1951-1952), pp. 7-23; C. Marciani, Per la storia dell'arte tipografica in Abruzzo nel sec. XVI: la tipografia di Vasto, in Arch stor. per le prov. napoletane, LXXVIII (1958), pp. 285-294; M. E. Cosenza, Biographical and bibliographical Dictionary of the Italian printers, Boston 1968, pp. 229 s.; G. Borsa, Clavis typographorum librariorumque Italiae, Aurelia Aquensis 1980, ad Ind.; Associazione italiana biblioteche. Sez. Abruzzo, Cinque secoli di stampa in Abruzzo. Mostra storica, Pescara, 13-18 ott. 1981..., Pescara 1981, pp. 20-22; M. Sgattoni, Un rarissimo cimelio bibliografico, in La voce pretuziana, X (1981), 2, pp. 2-9; Istituto centrale per il Catalogo unico delle bibl. ital., Le edizioni italiane del XVI secolo. Censimento nazionale, I, Roma 1985, nn. 154, 1002, 2984; British Library, Catalogue of seventeenth century Italian books in the British Library, London 1986, p. 1054; G. Zappella, Le marche dei tipografi e degli editori italiani del Cinquecento, Milano 1986, ad Indicem.