ISHCHALI
ISHCHĀLĪ. − Località nell'Iraq, posta sul fiume Diyala nei pressi del Tigri.
Scavata clandestinamente nel 1929, I. fu esplorata nel 1934-35 dalla missione dell'Oriental Institute di Chicago diretta da H. Frankfort. All'inizio del II millennio a. C. la città faceva parte dello stato di Eslinunna (v.), ma la sua fondazione risale ad epoca molto più antica. Lo scavo, rimasto interrotto dopo una sola campagna, ha rivelato una parte delle mura cittadine con una porta, un vasto edificio ed un importante complesso di santuarî datato, da iscrizioni ivi rinvenute, al tempo di Hammurapi di Babilonia (1728-1686 a. C.). Di particolare interesse è l'insieme degli edifici sacri, che sono i meglio conservati di quel periodo. Il complesso sorge su una vasta piattaforma di mattoni, ed è costituito da tre diversi santuarî disposti ad angolo retto: il santuario maggiore si trova sull'asse S-N, gli altri due sull'asse E-O, lungo il lato settentrionale; la parte sud-orientale dell'edificio è occupata da un ampio cortile sul quale si aprono, come di solito in Mesopotamia, diverse stanze. I due santuarî minori sono costituiti da un cortile lungo e stretto il quale dà accesso alla cella, poco profonda ma larga; quello maggiore, dedicato alla dea Ishtar di Kiti (Ishtar Kititum), ripete lo stesso schema degli altri, presentando in più un'antecella. Nella cella era una nicchia in asse con l'ingresso, occupata da un rilievo cultuale ricostruibile sulla base di piccole terrecotte votive: un busto femminile in visione frontale; la dea porta le mani al collo ricoperto di collane.
Nella città sono state trovate anche diverse opere di scultura: una testa maschile in granito, mutila, una scimmia in alabastro proveniente dal tempio, un frammento di rilievo su cui è visibile la parte inferiore del dio Shamash, alcune figure di animali in rame, un vaso di bitume con cervidi ad altorilievo (v. babilonese, arte) ed una serie di tavolette di terracotta. Queste ultime presentano una notevole varietà iconografica: dalle raffigurazioni di Ishtar e di altre divinità ad un gruppo di soggetti apparentemente profani e di incerto significato, come un uomo su uno zebù (v. babilonese, arte), un suonatore di cetra, una cagna che allatta i cuccioli, due uomini affrontati con uno strano strumento in mano. Copie di queste tavolette, provenienti forse da scavi clandestini, si trovano anche nel Museo del Louvre.
Bibl.: H. Frankfort, Progress of the Work of the Oriental Institute in Iraq, 1934-35, Chicago 1936, pp. 74-100; cfr. anche bibliografia s. v. eshnunna.