ISEO (Ισαῖος, Isaeus)
Oratore ateniese. Le testimonianze antiche non sono concordi s'egli fosse realmente di Atene o se di Calcide in Eubea. Certo, visse in Atene tutta la sua vita: ma poiché il nome del padre suo, Diagora, più facilmente che altrove si trova in iscrizioni dell'Eubea, e inoltre, non avendo mai I. partecipato alla vita politica, è lecito il sospetto che in Atene fosse meteco, non cittadino; appare molto probabile che fosse nativo di Calcide e di là venuto a stabilirsi in Atene. In Atene esercitò professione di logografo, scrivendo per altri le sue orazioni giudiziarie; e anche, pare, di maestro di eloquenza. Quanto al tempo della sua vita, fiorì dopo la guerra del Peloponneso, dicono genericamente gli antichi, fino al regno di Filippo; e poiché delle orazioni sue che ci rimangono la più antica, la V, risale a circa il 390-89, e la più recente, la XII, discende fino a circa il 344-43, è chiaro che Iseo nacque intorno al 420, e morì ottuagenario o quasi. Fu scolaro di Isocrate e maestro di Demostene.
Di un suo trattato di retorica non ci rimane altro che il ricordo. Di lui, o a lui attribuite, gli antichi conoscevano 64 orazioni, delle quali autentiche solo 50, e tutte di genere giudiziario. Conosciamo, per testimonianza dei lessicografi, 56 titoli; da tradizione manoscritta, 11 orazioni di cui l'ultima non intera; da citazioni, un buon numero di frammenti, dei quali uno così esteso che nelle edizioni d'Iseo è numerato come XII orazione. Questa è in difesa di Eufileto per la sua mancata iscrizione nel demo di Erchia (dell'anno 344-43); le altre undici trattano esclusivamente questioni di eredità (λόγοι κληρικοί); e perciò devono esserci pervenute da uno speciale nucleo dell'edizione alessandrina il quale comprendesse solo orazioni di simile argomento. Sono le seguenti: I, Sull'eredità di Cleonimo: vi è contestata la validità di un testamento (data ignota); II, Sull'erediià di Menecle: vi è difesa la validità di un'adozione e insieme la veridicità di un tal Filonide accusato di falsa testimonianza (di circa il 354); III, Sull'eredità di Pirro: accusa contro un tal Nicodemo per falsa testimonianza (data incerta, ma tarda); IV, Sull'eredità di Nicostrato: discorso cosiddetto complementare, ἐπίλογος, tenuto da un amico (secondo la hypothesis Iseo stesso, il che non pare possibile), dopo che già aveva parlato uno dei due fratelli interessati (posteriore al 374); V, Sull'eredità di Diceogene: causa, assai intricata, di parentele, adozioni, ecc. (del 390 circa); VI, Sull'eredità di Filoctemone, e precisamente contro Androcle, per falsa testimonianza: anche qui la causa è impegnata intorno alla validità di un'adozione (del 364); VII, Sull'eredità di Apollodoro (del 354-53); VIII, Sull'eredità di Chirone: un nipote di Chirone, figlio di una figlia, sostiene il suo diritto all'eredità del nonno, contro un nipote, figlio di un fratello, che codesta eredità aveva usurpata (tra il 383 e il 363); IX, Sull'eredità di Astifilo: processo contro un testamento che si presume inventato (posteriore al 366); X, Sull'eredità di Aristarco, contro Xeneneto: si vuol dimostrare illegale un'adozione, onde s'impugna il testamento relativo (posteriore al 378); XI, Sull'eredità di Agnia: è un'accusa per cattivo trattamento verso un orfano (data incerta); al medesimo processo si riferisce la XLIII orazione pseudodemostenica, contro Macartato.
I. fu un vero e proprio specialista di cause testamentarie. Certo queste orazioni, con quei loro grovigli di contese famigliari che si propagano talvolta anche per quattro generazioni, non sono di dilettevole lettura; né mai si vede che l'oratore mostri impeto o desiderio di levarsi un poco su da codesto terreno piatto e arido. Ma nessun'altra fonte, d'altra parte, è più ricca per la conoscenza del diritto attico da tale punto di vista. Dello stile d'I. lodarono gli antichi semplicità e purezza, chiarezza e brevità, come dello stile di Lisia; e il paragone con Lisia è uno dei temi consueti di codesti critici quando parlano d'Iseo. Ma al di là delle somiglianze di espressione e di forma gli antichi stessi, come noi, osservavano fra i due differenze fondamentali: in I. maggior secchezza; non distesi e vivaci racconti, scarsa rappresentazione di fatti, poca descrizione di caratteri e di persone; introduzioni brevi, perorazioni fredde; nell'andamento del discorso qualche cosa sempre come di voluto di calcolato; soprattutto gran cura di costruire la dimostrazione, anche se con sofismi o con interpretazioni non sincere della legge, pur di vincere in ogni modo. Ora, in questa forza e severità dell'argomentare, in questa stessa mancanza di morbidezza e di grazia, Dionisio, e altri con lui, vollero vedere il germe della grande eloquenza di Demostene. Noi possiamo limitare di molto questa derivazione: comunque essa fu, nella critica atticista del sec. I a. C., uno dei motivi principali della fortuna d'Iseo e forse della sua inclusione nel cosiddetto canone dei dieci oratori attici.
Ediz. e trad.: Ed. princ., Aldo Manuzio, Venezia 1513; Stephanus, Parigi 1575 (la cui paginazione è ancora d'uso); Th. Thalheim, Lipsia 1903; P. Roussel, Parigi 1922. La migliore ed. e comm. è di W. Wyse, The speeches of Isaeus, Cambridge 1904. Traduzioni: latina, di A. Reiske, Lipsia 1773; franc., di R. Dareste e B. Haussoullier, Parigi 1898, di P. Roussel, Parigi 1922; ingl., di W. Jones, Oxford 1779; tedesca, di G.F. Schoemann, Stoccarda 1830; italiana, di F. Caccialanza, Roma 1901.
Bibl.: Oltre alle opere generali di F. Blass (Die attische Beredsamkeit, parte 2ª, 2ª ed., Lipsia 1892, pp. 486-577) e di R. C. Jebb (The Attic orators, II, 2ª ed., Londra 1893, p. 262 segg.) v.: L. Moy, Études sur les plaidoyers d'Isée, Parigi 1876. Su questioni giuridiche relative a Iseo, L: Beauchet, Hist. du droit privé de la républ. athénienne, Parigi 1897; J. H. Lipsius, Das attische Recht und Rechtsverfahren, Lipsia 1905-1915.