ISABELLA (Jolanda) di Brienne, regina di Gerusalemme e di Sicilia, imperatrice
I., o Jolanda, come viene generalmente chiamata dai cronisti occidentali, nacque ad Acri, in Siria, alla fine del 1212, da Giovanni di Brienne e Maria di Monferrato, regina di Gerusalemme.
I., che portava lo stesso nome della nonna materna, dopo la morte della madre, avvenuta in conseguenza del parto, divenne regina di Gerusalemme, il cui Regno, data la sua minorità, venne retto dal padre.
Quest'ultimo nel 1214 si unì in nuovo matrimonio con Stefania d'Armenia, figlia del re Leone II, la quale cinque anni dopo tentò di avvelenare la piccola I.; il marito Giovanni, a quanto ci raccontano le fonti, la percosse in maniera tanto violenta da ucciderla.
Nell'autunno 1222 Giovanni, che continuava a reggere il Regno di Gerusalemme in nome della figlia, dopo aver designato viceré Oddone di Montbéliart, si recò in Occidente, con lo scopo di ottenere aiuti per il Regno, anche attraverso il matrimonio di I., che in quel momento stava per compiere, o aveva appena compiuto, undici anni. Partito da Acri con un seguito di autorevoli rappresentanti della gerarchia ecclesiastica che potessero supportarlo, giunse a Brindisi alla fine di ottobre. Da lì proseguì il suo viaggio per la corte papale e per quella di Filippo Augusto, re di Francia, mentre Ermanno di Salza, gran maestro dei cavalieri teutonici, cominciò a gettare le basi per il matrimonio tra I. e l'imperatore Federico II di Svevia, da pochi mesi rimasto vedovo di Costanza d'Aragona, sua prima moglie. Giovanni di Brienne valutò con attenzione il lusinghiero progetto, che venne entusiasticamente appoggiato anche da papa Onorio III, che da quel matrimonio si aspettava una nuova spinta per l'auspicata crociata; tuttavia Giovanni, che voleva continuare a tenere il governo del Regno di Gerusalemme, esitò a concedere la sua piena approvazione fino a quando non ricevette da Ermanno la garanzia che avrebbe mantenuto la reggenza fino alla morte. A questo patto il matrimonio fu deciso, nonostante qualche resistenza opposta dal re di Francia.
Accurati furono i preparativi per le nozze, che prevedevano un cerimoniale solenne. Nell'agosto 1225 il conte Enrico di Malta, a capo di una flotta di galee imperiali - che le fonti cronachistiche attestano in numero di quattordici o di venti - partita da Brindisi, venne inviato in Siria con l'incarico di accompagnare e scortare in Italia la regina, che ormai aveva raggiunto l'età consentita per il matrimonio. Dell'ambasceria imperiale faceva parte anche Giacomo, vescovo di Patti (futuro arcivescovo di Capua), che aveva la funzione di procuratore di Federico II. Quando la flotta giunse ad Acri I. fu portata nella chiesa di S. Croce, dove la attendeva il vescovo Giacomo, che la sposò in nome dell'imperatore svevo, ponendole l'anello nuziale al dito. L'Estoire d'Eracles (p. 357) racconta che la gente si meravigliò molto del fatto che un uomo sposasse una donna tanto lontana: ma così comandava il papa. Subito dopo il matrimonio I. partì per Tiro dove, considerata ormai adulta, alla presenza di tutta la più alta nobiltà d'"Outremer" venne incoronata regina di Gerusalemme con una cerimonia solenne, celebrata da Rodolfo di Mérencourt, patriarca di Gerusalemme.
Dopo i festeggiamenti, che durarono quindici giorni, la giovane regina, affidata alle cure di un frate dell'Ordine teutonico, si imbarcò a Tiro per recarsi in Puglia, accompagnata da un seguito di cui facevano parte anche Simone di Maugastel, arcivescovo di Tiro, e Baliano, signore di Sidone e cugino di Isabella.
Durante il viaggio si fermò qualche giorno a Cipro per visitare la regina Alice, sua zia, che, con le sue dame, fu presa da profonda commozione quando - come ci raccontano le Gestes des Chiprois (p. 668) - sentì sussurrare dalla nipote tristi parole d'addio alla sua terra, che non avrebbe più rivisto.
Il convoglio imperiale finalmente giunse a Brindisi, dove ad accogliere I. vennero lo sposo Federico e il padre Giovanni. Dopo l'arrivo, che fu festeggiato con grande pompa, il 9 nov. 1225 si procedette a una seconda e più solenne cerimonia nuziale, che venne celebrata nella cattedrale di Brindisi e che ebbe bisogno di una specifica dispensa papale poiché gli sposi erano cugini di terzo grado.
La solennità della cerimonia, tuttavia, non trovò doverosa rispondenza nel comportamento dell'imperatore, che, a quanto ci dicono le fonti, non trascorse neppure l'intera prima notte con la propria sposa, preferendole la cugina, figlia di Gualtiero di Brienne. Per di più, il giorno dopo Federico lasciò Brindisi senza avvisare il suocero che, dopo aver protestato per quello scandaloso contegno, venne a sapere anche che lo Svevo non intendeva rispettare l'accordo pattuito da Ermanno di Salza e che, quindi, avrebbe assunto direttamente la reggenza di Gerusalemme.
Giovanni, perciò, si trovò non solo privato della dignità regia, ma anche del denaro che il re di Francia, Filippo Augusto, gli aveva affidato come lascito legato esclusivamente al detentore del Regno di Gerusalemme. Del resto, non era stato stipulato alcun accordo scritto e, dopo il matrimonio, la reggenza, per diritto, spettava al marito.
I rapporti tra i due sposi non mutarono neanche in seguito: l'imperatore continuò a dimostrare scarso interesse e rispetto per la persona della giovane moglie, che trattò ostentatamente solo come una pedina da muovere nella scacchiera delle sue più ampie aspirazioni egemoniche. Così I., lungi dall'accompagnare pubblicamente l'imperiale consorte, venne tenuta quasi sempre segregata: nel febbraio-marzo 1226, dopo aver ottenuto dalla moglie la conferma di alcuni privilegi in favore dell'Ordine teutonico relativi al Regno di Gerusalemme, Federico lasciò I. nel castello di Terracina. Sembra da rigettare la notizia secondo cui I. avesse partorito una figlia nei primi mesi del 1227. In ogni caso, il 15 agosto di quell'anno, si recò a Otranto insieme con il consorte, che, tuttavia, la lasciò subito sola per andare a Brindisi, dove si stava raccogliendo l'esercito crociato.
Evidentemente Federico II, sposando I., aveva mirato a impossessarsi della corona del Regno di Gerusalemme, che gli avrebbe consentito di mettere in pratica la sua politica di espansione verso Oriente, sulle orme dei suoi avi, sia normanni sia svevi; per di più, il titolo gerosolimitano permetteva un ulteriore sviluppo propagandistico della sua mistica concezione imperiale. Tuttavia, Federico, per portare a termine questo tipo di politica, aveva bisogno anche di recarsi di persona in quel Regno d'Oltremare. E se inizialmente aveva promesso al papa che si sarebbe recato in Siria per sposare I., poi, su intercessione di Giovanni di Brienne e di Ermanno di Salza, aveva ottenuto che il viaggio in quella terra venisse rinviato di due anni: così, il 25 luglio 1225, si incontrò con due legati papali a San Germano e giurò che si sarebbe recato in Oriente nell'agosto 1227, mentre, subito, avrebbe mandato in quelle terre alcuni cavalieri, che effettivamente furono imbarcati sulle stesse navi che erano partite per portare I. in Puglia. Quella proroga doveva servire all'imperatore per ripristinare l'ordine in Italia settentrionale; tuttavia non fu sufficiente. Probabilmente avrebbe continuato a rimandare il viaggio promesso, se non fosse stato costretto a compierlo dalla scomunica papale e, soprattutto, dalla morte della moglie.
La giovane I. si trovava presso Andria quando, il 25 o 26 apr. 1228, partorì Corrado, destinato a succedere al padre sul trono imperiale e alla madre su quello di Gerusalemme. In conseguenza del parto, pochi giorni dopo - sei secondo alcune fonti, dieci secondo altre - I. morì alla presenza di molti notabili del Regno, che erano stati convocati dall'imperatore per partecipare a una curia generale a Barletta. Il suo corpo venne sepolto nella cattedrale di Andria.
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