IRRAZIONALE
. Filosofia. - Dal significato originario, onde esso designa (secondo l'uso che gli antichi matematici greci, per es., Euclide, fanno di ἄλογος, irrationalis: dove λόγος, ratio, è anzitutto la facoltà calcolatrice dello spirito, capace di giungere nei suoi calcoli a conclusioni esatte) il carattere d' irriducibilità di un ente ideale a una data funzione sistematrice o classificatrice dell'intelletto, il termine irrazionale ha esteso il suo valore fino a comprendere sotto di sé ogni realtà, esistente o ideale, che si ponga come ripugnante o estranea, comunque, all'attività propriamente intellettiva e quindi razionale del pensiero. Facile è perciò comprendere l'infinità di particolari significati che, nel corso storico della filosofia e della cultura, ha assunto la parola irrazionale e il suo derivato irrazionalismo. È parimenti facile rilevare come tale molteplicita di significati presupponga sempre che la facoltà razionale, a cui la realta irrazionale risulta inaccessibile o estranea, sia concepita come attività parziale dello spirito: giacché nessun senso resta invece al termine quando la ragione venga senz'altro identificata col pensiero e cioè con l'universale autocoscienza, rispetto alla quale nulla può essere estraneo e quindi irrazionale.
Matematica. - Si dice irrazionale il rapporto di due grandezze incommensurabili (v.). Siccome per definizione tali grandezze non ammettono una misura comune, il loro rapporto non è esprimibile con un numero intero o fratto. Gli antichi non lo consideravano affatto come un numero, bensì come ente d'una classe di grandezze per cui si riesce a definire l'eguaglianza e la diseguaglianza, e su cui si stabilisce anche un vero calcolo.
Invece nella matematica moderna la designazione di numeri ficti o numeri surdi s'introduce già con Leonardo Fibonacci e quella di numeri irrationales con Gherardo da Cremona intorno al 1200. In Galileo - particolarmente nello studio del moto uniforme - si palesa l'esigenza di considerare il rapporto di due grandezze, commensurabili o meno, come un numero, e questa esigenza viene nettamente affermata da Newton nell'Arithmetica universalis (1707): Per numerum non tam multitudinem unitatum, quam abstractam quantitatis cuiusvis ad aliam eiusdem generis quantitatem, quae pro unitate habetur, rationem intelligimus.
La teoria rigorosa dei numeri irrazionali e del calcolo sopra di essi si trova sviluppata sotto forma geometrica nel libro V di Euclide e sotto forma aritmetica da G. Cantor, K. Weierstrass e R. Dedekind (v. numero). Per la teoria dei corpi algebrici definiti da irrazionali di data specie v. algebra, n. 49; aritmetica: Aritmetica superiore, n. 15.