IRIDE (Ιρις, Iris)
Le indicazioni genealogiche circa I. fanno tutte capo alla Teogonia esiodea, vv. 265 e 780, dove essa è detta figlia di Taumante e dell'oceanina Elettra, colei che altrove appare sempre come dea della luce e figlia del dio celeste Atlante. L'etimologia del nome I. è stata in molte varie maniere spiegata, ma in massima dalle varie proposte viene fuori un senso conforme all'ufficio di messaggera. Dalla Teogonia esiodea, risulta ch'essa è la personificazione dell'arcobaleno. Nei secoli immediatamente seguenti si hanno per I. più testimonianze figurate che non letterarie. A poco a poco, specie con Euripide e poi con i poeti alessandrini (Callimaco, Teocrito, Apollonio Rodio) diviene piuttosto messaggera della sposa di Zeus. Quinto Smirneo e Nonno ci dànno un'I. completamente foggiata sull'omerica. Nel dramma satiresco spesso I. appariva in situazioni scabrose. Le quali non dovevano probabilmente essere estranee neppure alla commedia.
Un tipo ben fisso per I. non è stato creato dall'arte greca. Nei monumenti antichi (vaso François e vaso di Sofilo) essa appare senz'ali; sui vasi a figure rosse è sempre alata. Una delle migliori rappresentazioni d'I. è quella del fregio del Partenone, dov'essa è accanto alla sua signora Era. Né mancano rappresentazioni d'I. nelle pitture parietali pompeiane; nessuna rappresentazione figurata d'I. sembra tuttavia avere raggiunto considerevole bellezza.