irenismo
Orientamento teologico che tende a enucleare i punti comuni alle differenti confessioni cristiane in vista di una loro unione. Il termine, che già compare nella polemica del sec. 17°, fu imposto da J. A. Moehler (1825). Nel secolo della Riforma lo sviluppo dell’i. coincide con quello della tolleranza. L’atteggiamento largamente conciliante assunto da personalità cattoliche e protestanti già nella fase più intensa della lotta, contiene certamente elementi irenistici: si pensi all’azione di F. Melantone e di G. Contarini, e alla particolare posizione religiosa di Erasmo cui risale il primo tentativo di restringere il campo della controversia, distinguendo gli elementi dottrinali necessari alla salvezza («fundamentalia fidei») da altri secondari e quindi indifferenti («adiafora»). Le tesi erasmiane furono subito riprese da sociniani e spiritualisti di vario indirizzo, mentre nel secolo successivo la dottrina più moderata del «consensus quinquesaecularis», di G. Calixt, trovò larga diffusione negli ambienti umanistici riformati. Il pietismo tedesco, soprattutto quello di N. L. Zinzendorf, appare largamente permeato di spirito irenistico, mentre l’esempio più significativo di azione irenistica tra Sei e Settecento è fornito da Leibniz. Più tardi, con lo sviluppo del protestantesimo e del cattolicesimo liberali, la storia dell’i. confluisce in quella del movimento ecumenico. L’i. cattolico novecentesco, inteso a richiamare alla Chiesa i cristiani separati, creando un clima di reciproca conoscenza e apprezzamento, si è raccolto intorno alla rivista Irénikon, pubblicata dal 1926 a cura dei benedettini belgi. Nel 1950 l’enciclica Humani generis condannò alcune implicazioni dell’i. – il relativismo teologico che sembra conseguirne e la critica storica dei libri sacri e della tradizione – giudicate forme di razionalismo modernistico. Temi irenistici sono svolti tuttora dalla teologia cattolica e riformata in relazione agli sviluppi dell’ecumenismo.