IRENE di Monferrato, imperatrice d'Oriente
Nacque nel 1273 da Guglielmo VII marchese di Monferrato e da Beatrice, figlia di Alfonso X il Saggio re di Castiglia e di León, e fu battezzata con il nome di Iolanda. Le prime notizie su di lei risalgono al 1284, quando, a undici anni, andò sposa ad Andronico II Paleologo imperatore di Bisanzio.
Andronico, salito al trono nel 1282, rimasto vedovo di Anna di Ungheria, dalla quale aveva avuto i due figli Michele e Costantino, chiese in sposa la figlia del re di Castiglia, ma lo scarso interesse che al tempo suscitavano in Occidente le unioni con i sovrani bizantini, per la forte decadenza dell'Impero e l'ostilità papale ai matrimoni con gli scismatici, impedirono la conclusione dell'accordo e il re ripiegò su Iolanda, che fu data in sposa ad Andronico senza neppure chiedere il necessario consenso papale.
I. sposò Andronico a Costantinopoli e assunse il nome greco di Irene. Le nozze con I. furono per Andronico un notevole successo diplomatico in quanto egli ottenne come dono dotale da parte di Guglielmo VII la cessione dei diritti formalmente detenuti sulla città di Tessalonica, tornata con Michele VIII nel nuovo Impero di Costantinopoli, in qualità di erede di Bonifacio di Monferrato che nel 1205, all'indomani della quarta crociata, vi aveva costituito un Regno latino. Il legame matrimoniale, inoltre, presentava di fatto un chiaro risvolto antiangioino, per l'alleanza del re di Castiglia con Pietro II di Aragona, nemico di Carlo di Angiò, che fino a qualche anno prima aveva minacciato la stessa esistenza dell'Impero di Bisanzio. Andronico versò in cambio a Guglielmo VII 6000 lire genovesi come saldo per i redditi ricavati da lui e dal padre da Tessalonica che, teoricamente, sarebbero spettati al marchese di Monferrato e, forse, gli inviò anche un certo numero di soldati. Tra 1288 e 1294 I. ebbe tre figli maschi, Giovanni, Teodoro e Demetrio, e una femmina, Simonis; a questi si aggiunsero poi Bartolomeo, Isacco e Teodora, morti in tenera età. Dopo la nascita del primogenito Giovanni, nel 1288 o 1289, I. fu solennemente incoronata imperatrice.
Ambiziosa e volitiva, I. cercò di introdurre a Bisanzio le consuetudini del mondo feudale e, anziché rispettare la tradizionale forma di successione al trono, destinato al primogenito dell'imperatore, Michele IX, pretese che questi fosse escluso dalla successione o che l'Impero fosse equamente diviso fra tutti i discendenti di Andronico, rendendo così partecipi del governo anche i propri figli. Questo urtava però contro la tradizione bizantina, per cui la cosa pubblica era considerata indivisibile, e trovò l'opposizione del sovrano, a dispetto dell'insistenza e, a quanto pare, delle scene teatrali con cui I. accompagnava le sue richieste. Malgrado il carattere tendenzialmente remissivo, Andronico si mostrò inflessibile sul rispetto delle leggi dell'Impero e quindi i rapporti coniugali divennero difficili, provocando la progressiva disaffezione del sovrano e un forte risentimento nei suoi confronti da parte di I.; l'associazione al trono di Michele IX (21 maggio 1295) rese particolarmente acuto il contrasto, malgrado la concessione del rango di despota a Giovanni, figlio di I., e pose le premesse per la rottura che avrebbe avuto luogo poco più tardi.
Di fronte al fallimento dei propri progetti, I. cercò in ogni modo di assicurare posizioni di privilegio ai figli con vantaggiose alleanze matrimoniali. Nella primavera 1299 la coppia imperiale fece sposare Simonis, a cinque o sei anni di età, con il re di Serbia Stefano Uroš II Milutin che aveva superato i quaranta. Si trattò di un matrimonio eminentemente politico, volto a contenere in qualche modo la minaccia serba dell'espansionismo del re Milutin, al potere dal 1282, che nei primi anni di regno aveva sottratto all'Impero un'ampia area della Macedonia orientale. Andronico pensò inizialmente di offrirgli in sposa la sorella Eudocia, vedova dell'imperatore di Trebisonda, ma di fronte al rifiuto di questa inviò in Serbia lo statista e letterato Teodoro Metochite per combinare il matrimonio e poi, accompagnato dalla moglie e dalla figlia, incontrò Milutin a Tessalonica dove l'unione venne benedetta da Macario arcivescovo di Ocrida. Le conquiste fatte in Macedonia furono ufficialmente riconosciute al re serbo come dote nuziale, ma in cambio l'Impero ottenne un sia pur relativo rafforzamento delle proprie posizioni nei confronti dello Stato balcanico. Le nozze suscitarono però opposizioni, sia in Serbia sia nell'Impero dove il patriarca di Costantinopoli, Giovanni (XII) Cosma, levò la sua voce contro l'unione scandalosa, ritirandosi quindi nel monastero di S. Maria Pammakaristos.
Il sostanziale accordo mostrato nella vicenda dalla coppia imperiale si infranse di lì a poco, quando I. progettò un matrimonio fra il despota Giovanni e la vedova del principe di Acaia, Isabella di Villehardouin, incontrando la netta contrarietà di Andronico II, che nel 1303 fece sposare il figlio con Irene, figlia del suo ministro Niceforo Choumnos, inviandolo a governare Tessalonica dove il despota sarebbe morto quattro anni più tardi senza eredi. La decisione dell'imperatore, che rivendicò espressamente i suoi diritti di padre, fece infuriare I. e portò alla rottura definitiva fra i due.
Subito dopo questo episodio, I. abbandonò Costantinopoli senza il consenso del marito per prendere dimora a Tessalonica, probabilmente poco prima della Pasqua 1303.
La scelta di Tessalonica non fu casuale per I., perché la città, oltre a essere appartenuta ai Monferrato, era la sede del despota Giovanni e conservava una forte tendenza al separatismo, consolidatasi nel XIII secolo, di cui I. si servì in seguito per i suoi scopi politici. Sulla decisione di abbandonare la capitale, forse, pesò anche il desiderio di costringere Andronico ad accondiscendere ai suoi progetti iniziali, facendo leva sul residuo sentimento che il sovrano ancora le mostrava. Di fatto, però, la separazione fu irreversibile e, malgrado un probabile rientro temporaneo nella capitale fra 1305 e 1309, I. prese stabile dimora nella città fino alla fine della sua esistenza. Inutili si rivelarono anche i tentativi compiuti dal patriarca di Costantinopoli Atanasio (I), che in diverse occasioni scrisse alla coppia imperiale per invitarla a una riconciliazione. I. esercitò a Tessalonica prerogative quasi sovrane, conducendo una propria politica indipendente da Costantinopoli, essenzialmente rivolta allo scopo dominante nella sua vita di assicurare una conveniente sistemazione ai figli. Non appena vi giunse, iniziò a diffamare sistematicamente Andronico, ricorrendo anche alle insinuazioni più basse, e intrattenne stretti rapporti con il genero re di Serbia, suscitando forti preoccupazioni nell'imperatore, timoroso che in qualche modo potesse istigarlo a fare guerra a Bisanzio. Andronico, quindi, abbandonando il rigido atteggiamento avuto fino a quel momento, cercò di tenere a freno I. in tutti i modi, e a questa sua intenzione, forse, si lega la permanenza di Teodoro Metochite a Tessalonica fra 1303 e 1305 per assistere I. o anche per controllarla.
I. avviò trattative con il duca franco di Atene, Guido (II) de la Roche, che nel 1303 aveva minacciato Tessalonica, per un matrimonio fra la figlia di questo e il suo secondogenito Teodoro, a condizione che il duca la aiutasse a conquistare la Tessaglia, sottraendola al principe greco che la governava, per darla in appannaggio a Teodoro. Il progetto non si realizzò, ma nel 1305 le ambizioni di I. trovarono inaspettata soddisfazione a seguito della morte del fratello, Giovanni I di Monferrato, che con testamento del 18 genn. 1305 nominò erede il figlio postumo che poteva avere dalla moglie Margherita di Savoia, oppure, in assenza di questo, la sorella imperatrice o uno dei figli di questa. Dopo avere inizialmente pensato al despota Giovanni, I. trasferì i propri diritti a Teodoro, che divenne, quindi, signore di Monferrato dando inizio in terra piemontese a una nuova dinastia dei Paleologhi, che durò fino alla prima metà del XVI secolo.
Teodoro Paleologo arrivò nel Monferrato nel 1306 e qui sposò, con l'assenso del padre, Argentina Spinola, figlia del genovese Opicino.
Le strette relazioni mantenute con il re di Serbia, essenzialmente per aumentarne il prestigio a vantaggio della figlia, furono particolarmente onerose per I., che attinse probabilmente alle consistenti rendite delle proprietà che Andronico le aveva donato in Grecia. I. ebbe frequenti incontri con Milutin e gli fece consegnare enormi somme di denaro, abiti e oggetti preziosi e, in particolare, una serie di corone simili a quelle imperiali per equipararlo anche formalmente al sovrano bizantino. I suoi sforzi per aumentare il prestigio del Regno serbo non si fermarono neppure quando le fu annunciata la sterilità di Simonis; I. convinse Milutin ad adottare come erede al trono il figlio Demetrio. Il re non si oppose e verso il 1304 Demetrio si recò in Serbia, ma ben presto rientrò a Costantinopoli. Lo stesso tentativo fu poi fatto con Teodoro, che rinunciò a sua volta tornando in Italia. La politica di I., quindi, andò incontro a un nuovo fallimento, di cui fece le spese anche il re serbo, suscitando un ampio movimento di opposizione nazionalistica, che tuttavia riuscì a reprimere anche grazie al denaro ricevuto da Iolanda.
Gli intenti politici di I., favorevoli a una rinnovata egemonia latina in Oriente più che agli interessi dell'Impero, la spinsero verso il 1308 ad associarsi al progetto di Carlo di Valois, fratello di Filippo IV re di Francia, che intendeva conquistare Costantinopoli. Nel 1301 Carlo di Valois aveva infatti sposato Caterina di Courtenay, erede dell'ultimo imperatore latino, e negli anni successivi costituì una rete di alleanze in funzione antibizantina, di cui fece parte anche la Serbia. La progettata crociata antibizantina, benedetta dal papa Clemente V che nel 1307 scomunicò Andronico II, non ebbe tuttavia l'esito sperato, rendendo vani ancora una volta i progetti di I. che sicuramente si attendeva un esito favorevole alle sue ambizioni dinastiche. Verso la fine del 1307, per motivi che ignoriamo, I. decise di lasciare Tessalonica per tornare a Costantinopoli, ma il suo viaggio fu reso impossibile dalla minaccia della Compagnia catalana, i mercenari già al servizio di Bisanzio che, dopo l'uccisione del loro capo Ruggero di Flor nel 1305, devastavano il territorio dell'Impero. I. rientrò quindi nella sua città e qui, nella primavera dell'anno successivo, dovette subire l'assedio dei Catalani, che venne alla fine respinto dalle truppe imperiali.
Dopo questo avvenimento si perdono le tracce di I. alla quale, verosimilmente, la morte del figlio Giovanni diede un duro colpo, facendole perdere l'intraprendenza che aveva caratterizzato i primi anni di attività. I. morì a Drama nel 1317, e il suo corpo venne portato a Costantinopoli e fu sepolto nel monastero del Pantokrator.
La sua figura è ricordata da un lamento funebre composto dal retore Teodoro Irtaceno, da una monodia di Alessio Lampeno nonché da componimenti poetici di Manuele Philes e Teodoro Metochite. La consistente fortuna dell'imperatrice venne usata in parte da Andronico II per restaurare S. Sofia, e il resto andò ai figli superstiti. Di questa facevano parte probabilmente anche i 10.000 iperperi inviati nel 1318 dal sovrano al figlio Teodoro. Demetrio, dopo aver ottenuto nel 1306 il titolo di despota, fu per alcuni anni al governo di Tessalonica e, nella guerra civile fra Andronico II e il nipote Andronico III, si schierò dalla parte del padre, fuggendo quindi in Serbia quando le sorti del conflitto volsero a favore di Andronico III. Tornato a Costantinopoli alcuni anni più tardi, morì nel 1343. Simonis, che mal sopportava di vivere in Serbia, rientrò nella capitale bizantina per le esequie della madre e, di nuovo, nel 1321 a seguito della morte del marito; morì in un monastero dopo il 1345.
Fonti e Bibl.: Nicephorus Gregora, Byzantina historia, a cura di L. Schopen, I, Bonnae 1829, pp. 168, 233-237, 240-245, 273, 287; Anecdota Graeca e codicibus regiis, a cura di J.F. Boissonade, I, Paris 1830, pp. 296-281; Acta et diplomata Graeca Medii Aevi sacra et profana collecta et edita, a cura di F. Miklosich - I. Müller, V, Vindobonae 1887, pp. 268-270; Annales Veronenses de Romano, a cura di C. Cipolla, in Antiche cronache veronesi, I, Venezia 1890, p. 428; S. Lampros, Ai monodiai Alexiou tou Lampenou…, in Neos Hellenomnemon, XI (1914), p. 377; F. Dölger, Regesten der Kaiserurkunden des Oströmischen Reiches von 565-1453, IV, München-Berlin 1960, nn. 2098 p. 5, 2158 p. 19; The correspondence of Athanasius I patriarch of Constantinopole, a cura di A.M. Maffry Talbot, Washington 1975, nn. 56 p. 124, 75 pp. 186-191, 84 pp. 220-226, 85 p. 226, 86 p. 228, 97 p. 252, 98 p. 254, pp. 366, 397 s., 411-414, 427, 444; W. Haberstumpf, Regesto dei marchesi di Monferrato di stirpe aleramica e paleologa per l'"Outremer" e l'Oriente (secoli XII-XV), Torino 1989, nn. 169 p. 78, 172-179 pp. 79-81, 181 p. 81, 183-185 p. 82, 196 p. 85; Georges Pachymérès, Relations historiques, a cura di A. Failler, II, Paris 1984, p. 413; III, ibid. 1999, pp. 25, 139; IV, ibid. 1999, pp. 307, 319, 323, 413, 527, 545, 609, 645, 659; C. Diehl, Figures byzantines, II, Paris 1909, pp. 226-245; H. Constantinidi-Bibikou, Yolande de Montferrat impératrice de Byzance, in L'hellénisme contemporain, IV (1950), pp. 425-442; A.E Laiou, Constantinople and the Latins. The foreign policy of Andronicus II 1282-1328, Cambridge, MA, 1972, pp. 5, 8, 45, 48, 52, 70, 96, 115 s., 171, 173, 213, 219, 224, 229 ss., 282; H. Hunger, Die hochsprachliche profane Literatur der Byzantiner, München 1978, I, pp. 138 s., 156, 459; II, p. 147; D.M. Nicol, The Despotate of Epiros 1267-1479, Cambridge, MA, 1984, pp. 53 n. 82, 54 s., 57, 74 n. 40, 75; Prosopographisches Lexikon der Palaiologenzeit, a cura di E. Trapp et al., IX, Wien 1989, n. 21361 p. 67 (con ampia indicazione di fonti e bibliografia); The Oxford Dictionary of Byzantium, a cura di A.P. Kazhdan et al., II, New York-Oxford 1991, p. 1010; D.M. Nicol, The last centuries ofByzantium, 1261-1453, Cambridge, MA, 1993, pp. 114, 151 s.; W. Haberstumpf, Dinastie europee nelMediterraneo orientale. I Monferrato e i Savoia nei secoli XII-XV, Torino 1995, pp. 12, 24, 63 s., 96-98, 104, 107, 112, 132, 226 s.; S. Origone, Giovanna di Savoia alias Anna Paleologina: latina a Bisanzio (c. 1306-c. 1365), Milano 1999, pp. 30, 33 s., 49, 138, 144, 157, 175, 186; A.A. Settia, Giovanni I, marchese di Monferrato, in Diz. biogr. degli Italiani, LV, Roma 2000, p. 546.