IPPOLITO Martire
IPPOLITO Martire (῾Ιπποᾒλυτος Ηιππολψτυσ). − Teologo, prete e antipapa in Roma, martire nel 235 o nel 236.
Greco, discepolo di Ireneo, fu avversario di Callisto, probabile rappresentante dell'elemento latino nella comunità romana, da lui attaccato in nome di una concezione rigoristica della chiesa. Quando Callisto divenne papa, contro di lui fu eletto I., sinché, con la persecuzione di Massimino Trace, entrambi subirono il martirio. Nell'ultimo periodo della sua vita I. era stato probabilmente in contatto con i Severi (dedica a Giulia Mamea di un suo trattato sulla resurrezione). Il suo corpo fu deposto presso Roma, sulla via Tiburtina, nel cimitero che ha il suo nome e in cui è stata rinvenuta un'epigrafe di Damaso in suo onore. Fu venerato come martire, al punto che si perse il ricordo, specialmente in Occidente, di quale diocesi fosse stata la sua, dimenticando così che egli era stato antipapa. Prudenzio (Passio Hippolyti b. m., Perì Stephanon, xi = Dressel, p. 44o) fa morire I. alle foci del Tevere, dilaniato da due cavalli, e dichiara di aver visto una simile raffigurazione del martirio, probabilmente nel cimitero dello stesso Ippolito (cfr. l'iconografia dell'omonimo eroe mitologico).
I. (Ippolitus, epolitus, poltus, ippslits) è tra i pochi pontefici effigiati nei vetri dorati cristiani. Si tratta di cinque vetri, tutti del IV sec. inoltrato, in ognuno dei quali I. compare in compagnia di un altro martire, e in nessuno dei quali è riconoscibile alcuna intenzionalità fisionomica.
Anche in un sarcofago del IV-V sec., rinvenuto a Apt (Vaucluse) nel 1855 (ora nella cattedrale della città), I. è associato, come gia in alcuni vetri, a S. Sisto, (Sustus); nel centro è Cristo con la croce, verso il quale i due martiri si rivolgono acclamando. Entrambi sono imberbi, indossano il pallio filosofico e stringono il rotulo. Nessuna indicazione fisionomica.
Ma il monumento più importante dedicato a I. è una statua marmorea, maggiore del vero, rinvenuta nel 1551 a quanto sembra in prossimità del cimitero del martire. È la sola che si conosca dedicata a un papa prima della pace della chiesa.
Raffigura un togato (la tunica talaaris è visibile sotto il panneggio) seduto su una cattedra sui cui fianchi sono incisi il catalogo delle opere di I. e la tavola da lui elaborata per il computo del ciclo pasquale. Non vi è dunque alcun dubbio sull'identificazione del personaggio, effigiato secondo uno schema proprio dell'iconografia dei filosofi. Il fatto che gli anni considerati nella tavola vadano dal 222 al 234, è un indizio assai utile per la datazione, benché il sistema elaborato da I. fosse in uso a Roma sino al 243. Disgraziatamente la statua fu rinvenuta priva di tutta la parte superiore del corpo e della testa e questa circostanza, insieme all'isolamento del monumento nel contesto dell'arte cristiana antica, ha sinora impedito una precisa acquisizione della statua alla storia dell'arte del periodo. Si è discusso sulla collocazione della statua, che forse era in un ambiente di culto sopra il cimitero del martire, e sui suoi possibili committenti. L'attribuzione della commissione ad Augusta Severa Otacilia o altri membri dalla casa dei Severi è del tutto improbabile. Tuttavia la predilezione dei Severi per il ritratto filosofico, compreso quello di Cristo (Script. Hist. Aug., Vita Alex. Sev., 29, 2; cfr. anche I., Refut., i, 23, sulle immagini di Cristo presso i Carpocraziani), e il fatto che lo stesso I. sia stato in rapporto con i Severi sono indizî dell'atmosfera particolare in cui la statua può essere stata concepita.
La statua, dopo essere stata per molti anni nei Musei Lateranensi, è tornata nel 1959 nella Biblioteca Vaticana, dove era stata collocata subito dopo il rinvenimento. La testa e la parte superiore del corpo, con le mani, sono dovute a restauro cinquecentesco.
Bibl.: A. Donini, I. di Roma, Roma 1925; R. Garrucci, Storia dell'arte cristiana, Prato 1879, V, tavv. 330, nn. 2, 3, 4 (sarcofago di Apt) e VI, tav. 409, 6 (statua): E. Le Blant, Les sarcophages chrétiens de la Gaule, Parigi 1886, p. 140, n. 201, tav. 49; L. v. Sybel, Die christh. Antike, II, Marburg-Lahn 1906, p. 93; O. Wulff, Altchristl. u. byz. Kunst, Berlino 1914, p. 150, fig. 142; G. Bovini, La statua di I., in Bull. Com., LXVIII, 1940, p. 109 ss. (ivi discussione della bibl. precedente e delle fonti sul rinvenimento); G. Ladner, I ritratti dei Papi nel Medioevo, Città del Vaticano 1941, pp. 16 e 34; C. R. Morey − G. Ferrari, The Gold-glass Coll. of the Vatic. Libr., Città del Vaticano 1959, nn. 38, 240, 278, 344.