BECCARIA, Ippolito Maria
Nacque a Mondovì nel 1550 da Enrichetto, della nobile famiglia dei Beccaria, e da Caterina Donzelli. Nel 1564 vestì l'abito dei domenicani nel convento di S. Maria delle Grazie a Milano. Dopo aver studiato a Bologna, vi insegnò metafisica; successivamente fu lettore di teologia a Brescia e a Milano. In data imprecisata fu nominato compagno del maestro del Sacro Palazzo. Le sue doti gli assicurarono una rapidissima carriera in seno all'Ordine: priore di S. Sabina, poi del convento riformato dell'Osservanza lombarda di S. Caterina da Formello a Napoli (1582), nel capitolo provinciale tenutosi a Mantova nel 1586 venne eletto all'unanimità maestro della provincia "utriusque Lombardiae", in seguito alle pressioni esercitate da Sisto V e dal cardinale protettore Michele Bonelli. Dopo essere stato nel 1588 inquisitore di Milano e commissario del Sant'Uffizio, fu eletto il 21 maggio 1589, a soli trentanove anni, maestro generale dell'Ordine. Ma la sua forte personalità, insofferente di ogni tutela ("pronto alla colera", lo definì il Piò), lo portò subito a un aspro scontro con il cardinal protettore Bonelli.
Uno dei primi atti del suo generalato, accanto all'appoggio decretato ai tentativi di riforma di S. Michaelis nei conventi della provincia occitanica, fu infatti la proibizione a tutti i membri dell'Ordine di ricorrere in appello direttamente a Roma, cioè al cardinal protettore. Intralciato nella sua azione da quest'ultimo, si allontanò da Roma, per ritornarvi soltanto per brevissimi periodi. Il 22 giugno 1589 si reca a Napoli, dove nomina vicario, in caso di assenza, il padre Timoteo Botonio, e successivamente il padre G. B. Lancius. Dopo una visita ai conventi del Regno di Napoli si reca a Loreto, donde intraprende (28 apr. 1591) una visita ai conventi dell'Italia settentrionale. Il 3 apr. 1592, rientra a Roma per rendere omaggio a Clemente VIII, da poco eletto: ma ancora una volta si tratta di una sosta breve. Dal 5 maggio al 1º luglio riunisce a Venezia, nel convento dei SS. Giovanni e Paolo, il capitolo generale dei definitori.
In tale capitolo, come già in quello di Roma in cui era stato eletto, il B. insisté vigorosamente sulla profonda decadenza dell'Ordine e sulla necessità di restaurarne gli ordinamenti, introducendo, se necessario, nuove leggi. In particolare, fece presente la necessità di inviare uomini religiosi e capaci nelle province della Germania superiore e inferiore della Boemia, Ungheria e Polonia, affrontando così per la prima volta il problema dell'arginamento del protestantesimo che sarebbe stato al centro del suo generalato.
La visita ai conventi dell'Italia settentrionale durò fino all'inizio del 1593 (in questi mesi fu anche a Padova, dove soggiornava il Campanella, che molti anni dopo si scagionò dall'accusa di aver recato oltraggio, in questa occasione, al B.). Subito dopo (il 22 marzo) partì per visitare i conventi austriaci, boemi e polacchi, al fine di accertare lo sfacelo dell'Ordine in quelle regioni, e porvi rimedio.
Era il primo generale domenicano a far ciò: e l'impresa, condotta tra pericoli e fatiche non lievi per la precaria salute del B., suscitò una profonda impressione. A Roma egli lasciò come procuratore e vicario generale Gianvincenzo de Astorga, e partì munito di lettere pontificie di raccomandazione, tra gli altri, per Sigismondo di Transilvania. Il 29 maggio 1593 ottenne dall'imperatore Rodolfo II una patente in cui si appoggiava in termini espliciti il tentativo del B. di correggere i frati ribelli alla regola, e si conferiva anche la facoltà di imprigionare i fuggiaschi. Il 22 ottobre partì da Olmütz per la Polonia: ma il viaggio si risolse in un insuccesso per il disordine e le discordie esistenti tra i frati e per l'assenza di Sigismondo, occupato nell'assedio di Smolensk. Il 9 marzo 1594 ritornò, a Vienna: la condizione dei conventi dell'Ordine nelle zone visitate era risultata ancora più disastrosa del previsto, quantunque egli non si fosse spinto fino alla Germania, dove in molte zone l'Ordine domenicano era ormai sostanzialmente assente.
Il 1º apr. 1594 il B. era a Roma, ma le sue peregrinazioni ripresero quasi subito. Il 17 aprile Clemente VIII annunciò solennemente la canonizzazione di s. Giacinto: il B. non dovette essere estraneo a questa proclamazione, che assecondava così bene la sua attenzione per le vicende religiose dei popoli slavi (il 30 dic. 1595 egli suddivise, con decisione poi confermata nel capitolo di Valenza, la provincia domenicana di Polonia, dando vita alla nuova provincia di Russia, sotto il patronato di s. Giacinto). In ogni caso il 17 aprile si era già allontanato da Roma, non sappiamo se per sfuggire all'ostilità del cardinal Bonelli o per evitare le critiche suscitate dall'insuccesso del viaggio in Polonia. Arrivato a Venezia il 27 aprile, rimase per un anno nell'Italia settentrionale. Al principio del gennaio 1596 s'imbarcò a Genova per visitare i conventi spagnoli. Rimase in Spagna fino al 1598, tenendo un capitolo generale a Valenza nel 1596; e in Spagna, nel convento di Oriol, gli giunse la notizia della morte, avvenuta in Roma, del suo antico nemico, il cardinal Bonelli. A un giovane frate, Damiano de Fonseca, che riferì poi il fatto in un'opera rimasta inedita, il B. confidò che solo ora che il Bonelli, era scomparso si sentiva veramente maestro generale dell'Ordine.
Nel discorso tenuto ai confratelli nel capitolo generale di Valenza ritornano, con accento immutato, i lamenti sulla decadenza dell'Ordine e l'insistenza sulla necessità di introdurre nuove leggi e disposizioni. Nello stesso capitolo venne deciso di trasformare le province di Grecia e Dalmazia in vicarie provinciali, in seguito ai disordini verificatisi e alla fuga dei monaci dai conventi. Inoltre, si soffermava sulla necessità di mantenere, ricorrendo anche a punizioni, la concordia tra i domenicani e i membri degli altri Ordini, in particolare i gesuiti.
Nell'ottobre 1598 il B. lasciò la Spagna: tra i gravi problemi che lo richiamavano a Roma particolarmente urgente era quello della contesa tra gesuiti e domenicani sull'opera del Molina e la dottrina della Grazia in essa enunciata. Il 1º genn. 1599 il papa Clemente VIII convocò il B. e il generale dei gesuiti Claudio Acquaviva per dibattere il problema. L'incontro, avvenuto il 22 febbraio, fu caratterizzato dall'atteggiamento abilmente moderato del B., che limitò la polemica agli errori del Molina in rapporto alle dottrine tomistiche, senza cioè contrapporre, come cercò di fare l'Acquaviva, una concezione domenicana a una concezione gesuitica della grazia.
Il 21 dic. 1599 il B. ricevette, unitamente a fra' Paolo Isaresi da Mirandola, l'incarico di sottoporre a Giordano Bruno, di cui si stava allora celebrando il processo dinanzi al tribunale del Sant'Uffizio, un elenco di proposizioni erronee da abiurare. Il 20 genn. 1600 i due frati resero conto dell'incarico ricevuto, informando che il Bruno li aveva respinti affermando di essere stato fin'allora frainteso dai giudici.
Il giorno di Pentecoste del 1600 il B. aprì a Napoli un capitolo generale in cui la profonda riforma dell'Ordine, più volte preannunciata negli anni precedenti, era finalmente affrontata. Ciò non risultadagli atti ufficiali del capitolo, bensì dalla già citata opera di Damiano de Fonseca, assai vicino al Beccaria.
Nel capitolo di Napoli il B. avrebbe tentato di riformare la struttura dell'Ordine domenicano secondo criteri di rigida centralizzazione: le elezioni dei padri provinciali e dei priori venivano abolite, in quanto la nomina dei primi era affidata al maestro generale e quella dei secondi ai padri provinciali.
È molto probabile che questa riforma fosse ispirata all'ordinamento dei gesuiti; in ogni caso essa incontrò vivissime resistenze. Da Roma il cardinal Bernieri, uscito dalle file dei domenicani, rese nota la sua recisa opposizione al progetto del Beccaria. Quest'ultimo, dopo tre giorni di dibattiti, sembrava avere ormai in pugno la situazione, allorché il definitore d'Aragona, fra' Andrea Balaguer, inviato dal Bernieri, riuscì a sconfiggere i fautori della riforma attaccando la "tirannide" che minacciava di prender piede nell'Ordine, e affermando che innovazioni così profonde dovevano essere preliminarmente approvate dal pontefice. Dal canto suo, il Bernieri inviava lettere agli avversari del B., incitandoli a resistere; lo si accusava apertamente di ambizione. Il tentativo di riforma dell'Ordine fallì, e per questo gli atti del capitolo di Napoli non ne recano traccia. Forse stremato dalla lotta, certo indebolito dalle fatiche e dai viaggi compiuti, il B. si ammalò nella stessa Napoli, dove morì il 3 ag. 1600.
I pochi scritti del B. di argomento teologico e filosofico (In primam partem et in prima secundae S. Thomae commentaria; Inocto physicorum et in tres de anima)rimasero inediti e non ci sono pervenuti.
Fonti e Bibl.: Bullarium Ordinis ff. praedicatorum, V, Romae 1733, p. 471; S. Centofanti, Lettere inedite di Tommaso Campanella, in Arch. stor. ital., s. 3, IV, 2 (1866), pp. 73 s.; Acta Capitulorum generalium, a cura di B. M. Reichert, V (Monumenta Ordinis fratrum praedicatorum historica, X), Romae 1901, pp. 267, 269 s., 278, 309-11, 349-51, 379-82, 407; VI(Monumenta..., XI), ibid. 1902, pp. 42, 209; VII (Monumenta..., XII), ibid. 1902, p. 232; V. Spampanato, Documenti della vita di Giordano Bruno, Firenze 1933, pp. 187 s., 191; G. M. Piò, Delle vite de gli huomini illustri di S. Domenico, seconda parte, Pavia1613, coll. 317-325; V. M. Fontana, Sacrum theatrum dominicanum, Romae1666, p. 543; Id., Monumenta dominicana, Romae1675, pp. 552 s., 559, 561, 566; A. Rovetta, Bibliotheca chronologica illustrium virorum provinciae Lombardiae sacri Ordinis praedicatorum, Bononiae 1691, pp. 149 s.; J. H. Serry, Historia Congregationum de auxiliis divinae gratiae sub summis pontificibus Clemente VIII et Paulo V, Antverpiae 1709, coll. 172 ss.; J. Quétif-J. Echard, Scriptores Ordinis praedicatorum, II, Lutetiae Paris, 1721, pp. 292 s.; A. Touron, Histoire des hommes illustres de l'ordre de Saint Dominique…, IV, Paris1747, pp. 727-735; A. Astrain, Historia de la Compañia de Jesús en la asistencia de España, IV, Madrid 1913, pp. 265 s., 269, 287; D.-A. Mortier, Histoire de Maîtres généraux de l'Ordre des frères prêcheurs, VI, Paris 1913, pp. 1-51; J. Taurisano, Hierarchia Ordinis praedicatorum, pars prima, ed. altera, Romae 1916, pp. 12, 23, 54, 72; V. Spampanato, Vita di Giordano Bruno con documenti editi e inediti, Messina 1912, pp. 121, 206-208, 474 s., 480, 544, 573-575, 586 s., 771 s., 778 s., 781; A. Mercati, Il sommario del processo di Giordano Bruno, Città del Vaticano1942; pp. 25, 42, 44; A. Walz, Compendium historiae Ordinis praedicatorum, Romae 1948, pp. 320 s., 375, 397, 441, 462; L. von Pastor, Storia dei papi, XI, Roma 1958, pp. 555 s.; Dict. d'Hist. et Géogr. Ecclés., VII, coll. 351 s.