ESTE, Ippolito I d'
Cardinale. Terzogenito del duca Ercole I e di Eleonora d'Aragona, nato a Ferrara il 20 novembre 1479. Destinato dal padre alla carriera ecclesiastica, a cinque anni era già abate commendatario di Canalnovo; a sette anni la zia Beatrice d'Aragona moglie di Mattia Corvino re d'Ungheria, lo fece nominare arcivescovo della sede primaziale di Esztergom nonostante l'opposizione di Innocenzo VIII, e lo chiamò presso di sé in Ungheria. A 14 anni, nel 1493, fu da Alessandro VI incluso nella prima promozione di cardinali, e a 17 veniva fatto arcivescovo di Milano, a cui aggiunse poi le sedi vescovili di Ferrara, Modena, Narbona, Capua, le abbazie di Pomposa, di Follonica, di S. Faustino e molti altri benefici minori. Ma Ippolito non amava l'Ungheria troppo lontana e barbara rispetto alla sua raffinata Ferrara: le sue frequenti assenze lo obbligarono nel 1497, dopo la morte di Mattia Corvino, a rinunziare alla sede primaziale per quella di Agram (Zagabria); tuttavia dové più volte recarvisi. Nel 1499, quando l'invasione francese costrinse suo cognato Lodovico il Moro a rifugiarsi in Germania, egli lo seguì nell'esilio e non lo abbandonò che dopo la sua cattura a Novara. Nel 1506 Ippolito per gelosia del fratello illegittimo Giulio, che gli era preferito da Angela Borgia, parente di Lucrezia, tentava di farlo accecare dai suoi servi. Il disgraziato Giulio rimasto cieco di un occhio si accordò col secondogenito Ferrante geloso dell'autorità che aveva Ippolito sul fratello (il duca Alfonso I) e con lui organizzò una congiura che doveva spegnere i due fratelli, ma che, scoperta dal cardinale, condusse al supplizio dei complici minori, e alla perpetua prigionia di Giulio e Ferrante. Nel 1509 Ippolito prese parte attiva alla guerra contro Venezia e a lui si deve soprattutto la vittoria di Polesella sulla flotta veneziana; e quando Giulio II minacciò Ferrara, essendo il governo dello stato estense affidato a lui nell'assenza del duca, seppe munire e difendere la città contro il pontefice. Allorché Luigi XII tentò di far deporre il papa nel conciliabolo di Pisa, Ippolito non poté esimersi dal firmare la lettera di convocazione del concilio, dato che la Francia era l'unico stato che difendeva le ragioni degli Estensi, ma si guardò bene dal recarsi a Pisa, facilitando così la sua riconciliazione col papa. Nel 1517 si recò un'ultima volta in Ungheria, e al ritorno morì a Ferrara il 2 settembre 1520, di un'indigestione. Ebbe due figli naturali, Ippolito ed Elisabetta.
Educato dall'umanista Sebastiano da Lugo, Ippolito non fu già un ignorante come lo dice la tradizione e potrebbero far credere certe lettere di rimprovero del padre. Fu invece ambizioso, autoritario, vendicativo ed amò sfrenatamente i divertimenti e le feste. Ma vi erano in lui qualità di politico e di soldato che spiegano il grande ascendente da lui esercitato sul fratello Alfonso I.
La sua memoria è soprattutto raccomandata presso i più alla dedica dell'Orlando Furioso fattagli da L. Ariosto, che compose il poema mentre apparteneva alla corte del cardinale, di cui era entrato a far parte nel 1503, con l'obbligo di sbrigare i numerosi e svariati incarichi che al signore piaceva affidargli, ufficio che abbandonò, per passare al servizio del duca Alfonso I, nel 1517, essendosi rifiutato di seguire il cardinale in Ungheria. Non è esatto che il cardinale contribuisse alla stampa del Furioso a lui dedicato; si limitò ad acquistarne alcune copie e a procurare all'Ariosto alcune agevolezze sul dazio della carta. L'Ariosto nelle Satire si lamentò del poco conto che il cardinale avrebbe fatto delle sue fatiche poetiche, ma non è pensabile che Ippolito, uomo di soda cultura, disprezzasse, come vorrebbe far credere una nota frase attribuitagli, un'opera di cui avea riconosciuto l'alto valore prima che fosse pubblicata.
Bibl.: Vita del card. Ippolito I d'Este scritta da un anonimo, con annot. di G. Antonelli, Milano 1843; T. Gerevich, Ippolito d'Este arciv. di Stigronia, in Corvina, 1921. Numerose notizie sul card. si trovano in M. Catalano, Vita di Ludovico Ariosto, Ginevra 1931, voll. 2;; A. Berzeviczy, Beatrice d'Aragona, Milano 1931; R. Bacchelli, La congiura di don Giulio d'Este, Milano 1931.