BUZZI (Buzi, Buzio, Bucio, Buti), Ippolito
Nacque a Viggiù circa il 1562 se è vera la notizia del Baglione, secondo la quale l'artista morì in età di settantadue anni. Figlio di Ercole, noto dai documenti come scalpellino (Caravatti, p. 21), esercitò l'attività di scultore e non è improbabile, che al seguito del padre sia venuto a Roma, dove entrambi sono ricordati nell'ultimo decennio del XVI secolo (Bertolotti, I, p. 233; Caravatti, pp. 21, 24 s.). Il 17 ott. 1592 il B. sposava Maddalena Guerrieri (v. Thieme-Becker).
Ebbe la prima commissione ufficiale nel 1592, quando - essendo morto Alessandro Farnese - egli ricevette l'incarico dal Consiglio pubblico di eseguire la testa del condottiero da apporre su una statua antica di Giulio Cesare resa, per l'occasione, acefala. Per questa opera (Roma, Campidoglio), inaugurata già il 28 dicembre dello stesso anno, ricevette un compenso di quaranta scudi nel 1593 (Rossi, p. 17). Tra le opere di decorazione da lui compiute sono da ricordare gli otto putti e le quattro statue eseguite per le esequie del cardinale Marco Sittico Altemps (morto nel 1595); per queste, andate perdute come analoghe opere modellate per simili occasioni, ricevette un pagamento di 100 scudi. È tuttora nella chiesa di S. Giacomo degli Incurabili, che il cardinale Anton Maria Salviati stava facendo ricostruire in quegli anni (1595-1602), la statua di S. Giacomo. Per incarico di Clemente VIII, il B. fu convocato assieme ad altri scultori quali il Mariani, il Cordier e il Maderno, a lavorare nella cappella Aldobrandini in S. Maria sopra Minerva: l'artista eseguì, sicuramente prima della morte di Clemente VIII (1605), la statua del pontefice; mentre il Baglione (p. 34) e le antiche guide (Martinelli, p. 109; Mola, p. 154) gli danno anche la statua della Giustizia, il Riccoboni (p. 128) ritiene invece la Giustizia del Valsoldo e la Prudenza del B. (pp. 111, 121).
Con lo stesso gruppo di artisti lavorò agli otto Angeli a bassorilievo per l'altare del Sacramento, in S. Giovanni in Laterano, la cui esecuzione dovrebbe cadere intorno a questo primo decennio del XVII secolo. Egli fu a lungo attivo nella villa Aldobrandini di Frascati, dove, nei primi mesi del 1605, scolpì le sei erme - sovrastate da ricchi capitelli con teste di drago, fiori e frutta - poste a lato delle tre nicchie principali del ninfeo (D'Onofrio, 1963, p. 60). Alla stessa data aveva scolpito anche il gruppo del Leone in lotta con la tigre, collocato al centro del ninfeo, e scomparso in epoca imprecisata. Per questi lavori e per altri, come statue e restauri di sculture, ottenne pagamenti fino al 1614, quando il cardinale Pietro Aldobrandini saldò definitivamente i debiti dovuti all'artista (K. Schwager).
L'assiduità di lavori condotti per questa famiglia, i suoi modi indubbiamente graditi al gusto ufficiale avevano permesso al B. di inserirsi nelle vaste imprese decorative promosse dalla corte pontificia: così nel 1610 prese parte ai lavori decorativi della fontana dell'acqua Paola al Gianicolo, scolpendo i due Angeli che sostengono lo stemma del pontefice (D'Onofrio, 1957). Ma già dal 1608 era impegnato, con il solito gruppo di scultori accresciuto da P. Bernini, Silla Longhi da Viggiù, il Buonvicino e il Valsoldo, nella decorazione della cappella Paolina in S. Maria Maggiore.
Per il monumento funebre di Paolo V scolpì, assieme a Pompeo Ferrucci, otto cariatidi completate nel maggio del 1611 (Dorati, p. 235). L'anno seguente terminò il rilievo raffigurante la Pace tra il re di Francia e il re di Spagna sotto gli auspici di Clemente VIII, per il monumento funebre di questo pontefice (ibid., p. 251). Soltanto nel 1613 vennero affidate le commissioni per i rilievi del deposito di Paolo V, e al B. spettò quello rappresentante l'Incoronazione del papa, consegnato nel 1615, il cui pagamento finale è del 30 aprile del 1616 (Bertolotti, II, p. 114; Dorati, pp. 257 s.).
Con un modello eseguito in concorrenza con Pietro Bernini, il B. fu prescelto per l'esecuzione della statua di S.Bartolomeo per il duomo di Orvieto, scolpita in questa città in sei mesi e mezzo, per seicento piastre, e collocata il 5 genn. 1618. Un pagamento del 1618, al B. e a Bernardino Massoni (Bertolotti, II, p. 114), comprova lavori eseguiti alla villa Taverna di Frascati. L'ultima notizia relativa all'artista è del febbraio 1623: riguarda una stima dei restauri delle sculture d'età romana al Quirinale, fatti da Egidio Moretti (ibid.).
Morì a Roma il 24 ottobre del 1634 (Baglione).
Il B. fu tra i fondatori dell'Accademia del disegno (cfr. F. Zuccari, Origine et progresso dell'Accademia del disegno... [Pavia 1604], Firenze 1961, p. 97).
Il Baglione loda in lui la correttezza ed eleganza di forme - cioè quelle qualità di decoro proprie alla scultura tardo-manierista - comuni a quanti operavano in Roma nel periodo a cavallo tra i due secoli in vaste imprese decorative; né i suoi modi si distinguono tanto da farlo emergere tra gli altri. È pur vero, comunque, che il particolare tipo di produzione del B., condizionata dall'ambiente al quale era volta, e l'esiguo numero delle sue opere non consentono una compiuta e lucida chiarificazione della sua personalità, così che arbitrari o non del tutto accettabili sembrano i tentativi fatti dal Riccoboni per attribuirgli altri lavori.
Altri membri della famiglia Buzzi, probabilmente imparentati con Ippolito, erano presenti e attivi a Roma, come artisti, a partire dalla seconda metà del sec. XVI.
Giovanni Antonio, figlio di Giovanni, da un doc. del 18 genn. 1569 (G. Campori, Memorie biografiche degli architetti... nativi di Carrara, III, Modena 1873, p. 294) risulta scultore del papa, a Carrara, da dove mandava a Roma gran quantità di marmi. L'anno dopo, a Roma, veniva querelato "per una graffiatura ad una donna" (Bertolotti, I, p. 232).
Giovanni Donato, mentre stava lavorando al sepolcro di Pio V alla Minerva, il 22 ag. 1588 veniva pagato, insieme con altri, per lavori in Vaticano, "al palazzotto di Termini", al Quirinale, a S. Salvatore. Ancora nel 1595, con altri, presentava un altro conto per lavori nei palazzi apostolici (Bertolotti, I, p. 233).
Maino, figlio di Antonio, è presente a Roma nel 1579 (Bertolotti, I, p. 232).
Marco Antonio, scultore che risulta a Roma già nel 1567 (Bertolotti, II, p. 308), era figlio di Giacomo e lavorava con Guido che, il 27 giugno 1588, si impegnava per lavori all'Ospedale di S. Giacomo; il 2 luglio venivano accettati anche da Marco Antonio (Arch. di Stato di Roma, Not. Capitolini, 30, off. 19, vol. 18, cc. 925 s.). Lo stesso Guido, con altri scalpellini, tra cui un Francesco Bucio da Viggiù, s'impegnava ancora per altri lavori a S. Giacomo il 12 sett. 1588 (ibid., vol. 19, c. 588). Figlio di Marco Antonio risulta Orazio (Notai Capit., 30, off. 19, vol. 98 [1615: il padre è già morto], cc. 834 ss.), che appare già in una quietanza del 4 genn. 1613 (ibid., vol. 89, c. 68) e possedeva (1620) case a Campo Marzio (ibid., vol. 113, p. 389).
Gabriele, scultore nel 1599 alle Botteghe Oscure (Bertolotti, I, pp. 233 s.), faceva testamento nel 1605, lasciando le figlie sotto la tutela della moglie Livia Boccaccio e di Silla Longhi da Viggiù (ibid., II, p. 116).
Giovanni Battista e il fratello Eleuterio il 30 ag. 1593 facevano società per costituire un opificio di drapperie (ibid., 13 p. 374), ottenendo un prestito dalla Camera apostolica. Bartolino, scalpellino, compare per la prima volta il 14 giugno 1616 (Archivio di Stato di Roma, Notai Capit., 30, off. 19, vol. 100, c. 471). Aveva una casa vicino al collegio Capranica, dove il 3 ag. 1616 (ibid., c. 883) sono inventariati moltissimi marmi e pietre; un documento del 1617 (ibid., off. 19, vol. 102, cc. 661, 807-808v) lo cita come padre di un altro Marco Antonio; risulta fratello di Stefano, che dovette essere importante appaltatore di lavori, come appare dai documenti relativi alla villa Aldobrandini di Frascati (Schwager, pp. 348, 354; D'Onofrio, 1963, pp. 61, 64, 136), e di Girolamo, del quale era erede. Il 7 marzo 1619 Bartolino si mise in società con Vincenzo di Giacomo Longhi da Viggiù, per la costruzione di una nuova "caleria" a S. Carlo al Corso (Not. Capitolini, off. 19, vol. 109, c. 63). Girolamo, secondo Caravatti (p. 21), lavorò alla "villa Pinciana".
Fonti e Bibl.: G. Baglione, Vite dei pittori,scultori, architetti, Roma 1642, pp. 340 s.; F. Martinelli, Roma ornata... [1660-1663], a cura di C. D'Onofrio (Roma nel Seicento), Firenze 1969, ad Indicem; G. B. Mola, Roma l'anno 1663, a cura di K. Noehles, Berlin 1966, pp. 118, 154; F. Titi, Studio di pittura,scultura e architettura, Roma 1721, pp. 157, 213, 261 s., 385; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma, Milano 1881, I, pp. 71, 233; II, pp. 111, 113 s.; L. Fumi, Il duomo di Orvieto, Orvieto 1881, p. 319; F. Caravatti, Viggiù nella storia e nell'arte, Varese 1925, pp. 21 (anche per gli altri membri della famiglia), 24 s., 96; E. Rossi, Le statue di Alessandro Farnese e Marc'Antonio Colonna in Campidoglio, in Arch. della R. Società romana di storia patria, LI (1928), pp. 17 s.; C. D'Onofrio, Le fontane di Roma, Roma 1957, p. 147 n. 27; I. Toesca, Un'opera giovanile del Cavarozzi e i suoi rapporti col Pomarancio, in Paragone, XI (1960), 123, p. 59; K. Schwager, Kardinal Pietro Aldobrandinis Villa di Belvedere in Frascati, in Römisches Jahrbuch für Kunstgesch., IX-X (1961-62), pp. 348 e 354 (anche per Stefano); C. D'Onofrio, La villa Aldobrandini di Frascati, Roma 1963, pp. 63, 64, 136 (anche per Stefano), 60, 65; M. C. Dorati, Gli scultori della cappella Paolina di Santa Maria Maggiore, in Commentari, XVIII (1967), pp. 232, 235, 236, 250-58 (passim); A. Riccoboni, Roma nell'arte. La scultura dal Quattrocento ad oggi, Roma 1942, pp. 111, 121, 127-130, 150, 258; L. Salerno, Via del Corso, Roma 1961, pp. 79, 139; G. Moroni, Dizionario di erudiz. storico eccles., XLIX, p. 275; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 313; Encicl. Ital., VIII, p. 185.