ippica
ìppica s. f. – L'equitazione da corsa, nel secondo decennio del 21° sec., sta conoscendo in Italia una grave crisi legata al difficile momento economico generale, ad alcune scelte dello Stato e al rapporto assai complesso tra la gestione della razza equina e il mondo delle scommesse. Risultano a rischio, all'inizio del 2012, oltre 50.000 lavoratori (operatori, fantini, manutentori, veterinari, allevatori, ristoratori) e 15.000 cavalli. La crisi è dovuta essenzialmente al vistoso calo delle scommesse per lo sviluppo dei giochi online e ai tagli al settore operati dal governo (da 150 milioni di euro del 2011 a 40 milioni nel 2012). La l. 111 del 15 luglio 2011 ha poi trasformato l'UNIRE (Unione nazionale per l'incremento delle razze equine), l'ente che storicamente ha gestito il patrimonio equino italiano e il circuito italiano dell'ippica, in ASSI (Agenzia per lo sviluppo del settore ippico) affidandone il potere di indirizzo e vigilanza al ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e i compiti connessi all'organizzazione delle scommesse all'AAMS (Amministrazione autonoma monopoli di Stato). Il passaggio a un ente centrale, che raccoglie le giocate e decide quali prelievi esercitare sui giochi che controlla, è nato dall'esigenza di affidare un settore così delicato a un soggetto pubblico che non coltivasse interessi con gli attori a esso connessi; ma manifesta anche un altro aspetto nevralgico laddove le scommesse ippiche siano penalizzate da prelievi più onerosi rispetto agli altri giochi. La mancanza di decreti attuativi della l. 111 ha poi contribuito alle difficoltà del comparto. All'inizio del 2012 come provvedimento tampone è stato fissato l’innalzamento della posta minima di gioco a due euro, oltre alla chiusura di una serie di contenziosi aperti con l'AAMS; sono stati anche stanziati 3 milioni di euro per un programma di comunicazione volto al rilancio dell'ippica. Tra le possibilità su cui si dibatte, la riduzione del numero degli ippodromi (attualmente più di quaranta), evitando però da un lato i rischi di speculazione sulle aree dismesse, dall'altro la contiguità di interessi tra un certo numero di impianti di élite e i soggetti concessionari delle scommesse; l'eventualità di affidare le scommesse ippiche a un solo concessionario che si occupi solo di quel prodotto; una sorta di protezione da parte dallo Stato che potrebbe girare una percentuale minima degli incassi annui ottenuti dai giochi, come accade in altri paesi. Rimane la necessità di una profonda riforma del comparto.