IPOTECA (gr. ὑποϑήκη da ὑπό "sotto" e τίϑημι "pongo"; ingl. mortgage)
Storia. - Presso i Greci l'ipoteca si presenta come un diritto reale di garanzia; ma sulla sua precisa configurazione molto si disputa.
Secondo alcuni scrittori essa, almeno al tempo degli oratori, consisterebbe in una datio in solutum per il caso che non sia soddisfatto alla scadenza il credito per cui fu costituita; né differirebbe, così, dal pegno quale era configurato nell'antico diritto babilonese e negli antichi diritti germanici. Essa importerebbe la facoltà per il creditore insoddisfatto di appropriarsi della cosa senza obbligo di venderla per rivalersi sul prezzo; secondo altri, l'ipoteca importerebbe per il creditore l'obbligo di vendere la cosa per rivalersi del credito insoddisfatto sul prezzo ricavatone, salvo l'obbligo di restituire la maggior somma eccedente il credito o il diritto di pretendere la differenza fra il prezzo e l'ammontare del credito. Vi ha chi contrappone l'ὑποϑήκη all'ἐνέχυρον nel senso che la prima sarebbe una conventio pignoris, mentre sarebbe una datio pignoris il secondo; vi ha chi sostiene, invece, che l'ἐνέχυρον è sempre accompagnato dalla tradizione della cosa mentre nell'ὑποϑήκη il possesso degli ὑποκείμενα può essere trasferito nel creditore o rimanere presso il debitore: del primo sarebbe oggetto una cosa mobile e certa; della seconda una cosa, o un complesso di cose mobili o immobili, determinate o indeterminate.
Nel diritto romano alla garanzia reale delle obbligazioni si addiveniva anticamente o con la fiducia (v.) o col pignus (v. pegno): trasferendo al creditore nel primo caso la proprietà, nel secondo il possesso della cosa. Ma in seguito, modellandosi sulla garanzia fornita al locatore dalle scorte e dagli strumenti di lavoro del fondo (invecta et illata) per il pagamento del canone d'affitto, si sviluppò una figura nuova di pignus. Si riconobbe, cioè, che il debitore o altri per lui potesse costituire al creditore una garanzia sopra certe cose o universalità di cose senza trasferirgliene il possesso ma conferendogli la facoltà d'impadronirsi di quelle al verificarsi dell'inadempienza del credito ripetendole di mano a qualunque terzo. Fu così che sorse, e si contrappose al pignus datum, il pignus conventum. Questa seconda figura di pegno (pignus conventum) è nelle fonti giustinianee chiamata hypotheca; mentre la prima figura è propriamente chiamata pignus.
Fu sostenuta da M. Fehr l'interpolazione di tutti i testi giuridici anteriori all'età dioclezianea che applicano alla figura del pignus conventum il termine hypotheca: questa applicazione sarebbe giustinianea e avvenuta in quell'ambiente greco in cui per l'appunto l'ὑποϑήκη non importa mai (o non sempre, secondo qualcuno) trasferimento del possesso. La tesi, combattuta specialmente da H. Erman e da A. Manigk, fu più validamente difesa da F. Ebrard col congetturare l'applicazione già avvenuta nell'epoca postclassica.
Le facoltà del creditore ipotecario s'ampliarono durante l'impero: la facoltà di vendere la cosa e di rivalersi sul prezzo ricavato per il credito spettava dapprima come effetto di apposita clausola accessoria: il pactum de vendendo (Dig., XXXXVII, 2, de furt., 74); ma questa clausola era nella pratica inserita con tale costanza che sulla fine del sec. II s'intese come un naturale negotii.
Oggetto d'ipoteca sono inizialmente le cose corporali, ma nel diritto giustinianeo ne sono oggetto anche le cose incorporali: i iura. Anche i modi di costituzione dell'ipoteca vengono durante l'impero estendendosi: oltre che per convenzione, può essere costituita per atto di ultima volontà, e accanto all'ipoteca volontariamente costituita dal debitore si collocano l'ipoteca giudiziale e l'ipoteca legale. Quest'ultima, che può essere speciale o generale, assume larghissima applicazione nel diritto postclassico giustinianeo. La costituzione d'ipoteca, ben diversamente da quanto accade nel diritto greco egizio, in cui troviamo la βιβλιοϑήκη τῶν εγκτήσεων o archivio della proprietà fondiaria, non ha bisogno per il diritto romano di veruna forma di pubblicità.
Diritto moderno.
Secondo l'art. 1948 cod. civ. it. "chiunque sia obbligato personalmente è tenuto ad adempiere le contratte obbligazioni con tutti i suoi beni mobili e immobili, presenti e futuri" e per il successivo art. 1949 "i beni del debitore sono la garanzia comune dei suoi creditori e questi vi hanno tutti un eguale diritto quando fra essi non vi sono cause legittime di prelazione". La garanzia generica fornita dal patrimonio del debitore presuppone quindi l'esistenza di beni nel patrimonio di quest'ultimo e su tali beni tutti i creditori hanno uguale diritto di soddisfacimento. Diversa è la condizione dei creditori aventi un diritto reale di garanzia (pegno o ipoteca).
Nell'art. 1964 cod. civ. l'ipoteca è definita "un diritto reale costituito sopra beni del debitore o di un terzo a vantaggio di un creditore, per assicurare sopra i medesimi il soddisfacimento di un'obbligazione"; ma tale definizione, se pone in rilievo il carattere reale del diritto d'ipoteca, non lo distingue nettamente dal diritto di garanzia generica, perché non ricorda che l'ipoteca costituisce una ragione di preferenza o di prelazione in confronto agli altri creditori e non pone i caratteri differenziali fra il diritto reale di pegno e il diritto reale d'ipoteca. Più esatte e complete, pertanto, sono le definizioni adottate dalla dottrina, per es., quella di L. Coviello: "l'ipoteca è un diritto reale di garanzia costituito su cosa immobile del debitore o di un terzo, il quale ne conserva il possesso, e consiste nel potere di espropriare la cosa allo scopo di soddisfarsi del credito a preferenza degli altri creditori e secondo l'ordine determinato dalla data d'iscrizione".
Più particolarmente l'ipoteca è un diritto reale, immobiliare, accessorio, indivisibile, pubblico, speciale. Il creditore ipotecario, infatti, ha un potere diretto e immediato sull'immobile e può fare valere tale suo potere sia riguardo a colui che ha costituito il diritto di garanzia sull'immobile, sia riguardo a coloro che sull'immobile hanno successivamente acquistato dei diritti (droit de suite). Il diritto reale ipotecario è poi immobiliare perché, quantunque per il suo contenuto l'ipoteca miri al conseguimento di una somma di denaro proveniente dall'alienazione del bene e quantunque la formulazione dell'art. 418 cod. civ. it. possa far sorgere dei dubbî, esso si costituisce sopra un immobile e ha quindi un immobile come oggetto immediato. Inoltre si tratta di un diritto reale immobiliare accessorio, in quanto presuppone un credito, anche non avente per oggetto una somma di denaro, a garanzia del quale esso è posto. Se quindi il credito è nullo o è estinto, anche l'ipoteca è nulla o non sorge. Se il credito è sottoposto a condizione, anche l'ipoteca è sottoposta alla stessa condizione. Tuttavia non mancano legislazioni (per es., il cod. civ. germanico) che ammettono l'ipoteca indipendentemente dal debito sotto forma di cedole ipotecarie (Grundschuldbrief), mobilizzando così il credito fondiario, o che ammettono ipoteche per crediti futuri (cod. civ. germanico § 1117; legge ipotecaria spagnola articoli 142-143). Anche per il cod. civ. italiano non si dubita che si possano avere ipoteche per crediti eventuali (articoli 1969 nn. 3 e 4, 2007), aventi origine cioè da rapporti in svolgimento.
Per la sua indivisibilità il diritto d'ipoteca sussiste per intero sopra tutti i beni vincolati, sopra ciascuno di essi e sopra ogni loro parte. È infine pubblico, in quanto ha bisogno di essere reso noto a mezzo dell'iscrizione (art. 1965), pur essendo controverso se l'iscrizione sia necessaria per rendere efficace l'ipoteca anche fra le parti; è speciale, in quanto non si può costituire che sopra beni specialmente indicati e per somma determinata in denaro.
Sono oggetti capaci d'ipoteca: 1. i beni immobili, che sono in commercio con i loro accessorî riputati come immobili; 2. l'usufrutto degli stessi beni con i loro accessorî, a eccezione dell'usufrutto legale degli ascendenti; 3. i diritti del concedente e dell'enfiteuta sui beni enfiteutici; 4. le rendite sopra lo stato nel modo determinato dalle leggi relative al debito pubblico (art. 1967; articoli 24-26 legge 10 luglio 1861). Non possono, viceversa, formare oggetto d'ipoteca i diritti di uso e di abitazione; né le servitù prediali. Sono escluse pure dalla possibilità di formare oggetto d'ipoteca le cose mobili; è prevista però la possibilità dell'ipoteca sulle rendite nominative dello stato, sulla nave, sull'aeronave e sull'automobile. L'ipoteca si estende a tutti i miglioramenti e alle costruzioni e accessioni dell'immobile ipotecato (art. 1966 cod. civ.), salve eccezioni (art. 2020 capov. cod. civ.; art. 14 legge 22 dicembre 1905 n. 892).
L'ipoteca, secondo l'art. 1968, è legale, giudiziale e convenzionale; ma più esattamente le fonti dell'ipoteca sono da ridurre a due: la legge e la volontà privata, giacché l'ipoteca giudiziale in realtà non è che un'ipoteca legale. Quanto alla terza fonte, si è preferito sostituire al termine convenzione quello di volontà privata perché, secondo alcuni, sarebbe possibile la costituzione d'ipoteca in forza di testamento.
Hanno ipoteca legale: 1. il venditore o altro alienante sopra gl'immobili alienati per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'atto di alienazione; 2. il coerede, i soci e i condividenti sopra gl'immobili caduti nell'eredità, società o comunione per il pagamento dei rifacimenti e conguagli; 3. il minore e l'interdetto sui beni del tutore a garanzia dei crediti derivanti dalla gestione; 4. la moglie sui beni del marito per la dote e per i lucri dotali; 5. lo stato sopra i beni dei condannati per la riscossione delle spese di giustizia in materia criminale, correzionale e di polizia, del risarcimento dei danni alla parte civile e con la preferenza delle spese di difesa (art. 1969). L'ipoteca giudiziale nasce da ogni sentenza (compresi i lodi arbitrali e le sentenze dell'autorità giudiziaria straniera resi coercitivi [art. 1972-1973]) portante condanna al pagamento d'una somma, alla consegna di cose mobili o all'adempimento di un'altra obbligazione, la quale possa risolversi nel risarcimento dei danni (art. 1970 cod. civ.). L'ipoteca convenzionale è concessa volontariamente, per atto pubblico o scrittura privata sotto pena di nullità (art. 1978), dal debitore o da un terzo per lui, capaci di disporre (art. 1974), al creditore. Il vincolo non si può costituire (art. 1977) sui beni futuri (altre legislazioni, p. es. la germanica e la svizzera, non conoscono simile divieto), e non si può costituire che su beni specificatamente determinati e per somma determinata.
Qualunque sia la sua fonte, l'ipoteca ha effetto e prende grado nel giorno in cui è resa pubblica (articoli 1965, 2007) a mezzo della sua iscrizione nell'ufficio delle ipoteche del luogo in cui si trovano i beni gravati (art. 1981).
All'uopo deve essere presentato al conservatore delle ipoteche il titolo costitutivo dell'ipoteca con due note (art. 1987). Il titolo costitutivo, se atto privato, deve avere la firma del concedente autenticata da notaio o accertata giudizialmente. Le note debbono contenere: 1. il nome, il cognome, il domicilio o la residenza del creditore e del debitore; 2. l'elezione di domicilio del creditore nella giurisdizione del tribunale da cui dipende l'ufficio delle ipoteche; 3. la data e la natura del titolo e il nome del pubblico ufficiale che lo ha ricevuto o autenticato; 4. l'ammontare della somma dovuta; 5. gl'interessi o le annualità che il credito produce; 6. il tempo dell'esigibilità; 7. la natura e la situazione dei beni gravati con le indicazioni volute dall'art. 1979. La mancanza e l'inesattezza di tali indicazioni produce però la nullità dell'iscrizione solo quando importa incertezza sulla persona del debitore o del creditore o del possessore del fondo gravato, sull'ammontare del credito o sull'identità dei beni gravati (art. 1998). Il conservatore delle ipoteche, salvi i casi previsti dall'art. 2069 capoverso, non può in verun caso ricusare o tardare a ricevere la consegna dei titoli presentati e a fare le iscrizioni richieste.
Le domande sono numerate progressivamente e portano un numero d'ordine dato dal momento della presentazione, che stabilisce il grado dell'ipoteca, indipendentemente dalla data del titolo (art. 2008). Se più persone chiedono contemporaneamente un'iscrizione contro la stessa persona o sugli stessi immobili, le medesime sono iscritte sotto lo stesso numero e concorrono tra loro senza distinzione di grado (art. 2009).
L'iscrizione può essere chiesta da coloro cui spetta il diritto d'ipoteca. Ma hanno l'obbligo di richiederla il marito e il notaio per l'ipoteca legale spettante alla moglie (art. 1982); il tutore, il pretore e il cancelliere per quella spettante al minore e all'interdetto (art. 1983); e ha l'obbligo di eseguirla di ufficio il conservatore stesso per quella spettante all'alienante, nel momento in cui trascrive l'atto di alienazione (art. 1985).
In margine o in calce all'iscrizione possono essere annotati la nozione, la surrogazione e il pegno relativi al credito ipotecario, con la conseguenza che dopo tale annotazione l'iscrizione non può essere cancellata senza il consenso del cessionario, surrogato o creditore pignoratizio e che le intimazioni o notificazioni che occorresse di fare saranno fatte al domicilio eletto dallo stesso cessionario, surrogato o creditore pignoratizio, per quanto riguarda l'interesse dei medesimi (art. 1994).
L'efficacia dell'iscrizione cessa col decorso di trent'anni dalla sua data (art. 2001), se essa non è rinnovata prima della scadenza del detto termine. Dalla necessità della rinnovazione è esclusa soltanto l'ipoteca legale della donna maritata, l'iscrizione a favore della quale è efficace, anche senza rinnovazione, durante il matrimonio e per un anno successivo allo scioglimento del medesimo (art. 2004). La mancanza della rinnovazione non estingue il diritto d'ipoteca; ma il creditore potrà procedere a una nuova iscrizione, la quale prenderà grado dalla nuova data di registrazione.
Perde la sua efficacia l'iscrizione anche con la cancellazione (articoli 2033-2038), la quale si può operare per cause attinenti o alla estinzione del credito di garanzia, indipendentemente dal credito, o alla semplice iscrizione, per es., nel caso in cui essa sia stata presa nullamente. Può essere volontaria o forzata a seconda che sia liberamente consentita o ordinata giudizialmente con sentenza passata in cosa giudicata.
Se i beni gravati da ipoteca e la somma per la quale sono gravati sono stati determinati per convenzione o per sentenza, non è possibile per l'art. 2025 cod. civ. procedere a riduzione dell'ipoteca, anche se il debito sia stato parzialmente estinto. Al contrario, trattandosi d'ipoteche legali, eccettuate quelle indicate nei numeri i e 2 dell'art. 1969, o giudiziali, prese su beni di valore eccedente di un terzo l'ammontare dei crediti iscritti con gli accessorî (art. 2077) o per somma eccedente di un quinto quella dichiarata dovuta (articolo 2026), può essere richiesta la riduzione delle ipoteche, si discute se rispettando oppure no il margine di un terzo o di un quinto ritenuto lecito.
L'effetto principale dell'ipoteca in confronto al debitore e agli altri creditori è quello di potere fare subastare l'immobile ipotecato, anche quando sia passato in proprietà altrui (art. 2076) col diritto di soddisfarsi sul prezzo con preferenza sugli altri creditori, quando questi non vantino un'ipoteca di grado precedente e non siano privilegiati. La legge non consente però al creditore precedentemente iscritto di poter agire in danno del successivo creditore iscritto per favorirne un terzo e pone fra l'altro giustamente la norma della surrogazione ipotecaria, per la quale "il creditore avente ipoteca sopra uno o più immobili, qualora si trovi perdente per essersi sul prezzo dei medesimi soddisfatto un creditore anteriore, la cui ipoteca si estendeva ad altri beni, s'intende surrogato nell'ipoteca che apparteneva al creditore soddisfatto e può fare eseguire la relativa annotazione all'effetto di esercitare l'azione ipotecaria sopra gli stessi beni e di essere preferito ai creditori posteriori alla propria iscrizione" (art. 2011).
Quanto al terzo possessore dell'immobile ipotecato egli ha tre facoltà: 1. può pagare i crediti iscritti, con i loro accessorî a norma dell'art. 2010, nella misura risultante dall'iscrizione o nella misura minore che risulti effettivamente dovuta (art. 2013, 1997); 2. può istituire il giudizio di purgazione delle ipoteche, offrendo ai creditori il prezzo da lui stipulato per l'acquisto dell'immobile o il valore da lui dichiarato (art. 2040 segg.); 2. può, infine, rilasciare l'immobile senza alcuna riserva, perché esso sia espropriato in danno dell'alienante (art. 2013).
Le ipoteche si estinguono: 1. con l'estinguersi dell'obbligazione garantita, data la natura di diritto accessorio; 2. con la distruzione dell'immobile gravato, salvo che esso sia assicurato, perché allora l'ipoteca si trasferisce sul capitale assicurato, se questo non è impiegato a riparare la perdita (art. 1951); 3. con la rinunzia del creditore, che può essere limitata alla garanzia e non estendersi al credito; 4. con il pagamento dell'intero prezzo nei modi stabiliti dalla legge nei giudizî di graduazione; 5. con lo spirare del termine; 6. col verificarsi della condizione apposta nell'atto costitutivo della ipoteca (art. 2029). Si estinguono altresì le ipoteche con la prescrizione, la quale riguardo ai beni posseduti dal debitore si compie con la prescrizione del credito e riguardo ai beni posseduti dai terzi si compie, oltre che con la prescrizione del credito, col decorso di trent'anni, secondo le regole ordinarie di prescrizione (art. 2030).
Purgazione delle ipoteche. - Poiché l'ipoteca conferisce al creditore insoddisfatto il diritto reale di far subastare l'immobile pagandosi sul prezzo ricavato dalla vendita, il creditore può far valere questo suo diritto così verso il debitore come verso i suoi eredi e verso ogni terzo possessore dell'immobile onerato da ipoteca. Ma, come è detto più sopra, fra i mezzi offerti al terzo possessore per evitare l'espropriazione vi ha l'istituzione del giudizio di purgazione delle ipoteche, giudizio che il codice francese idoneamente annovera tra i modi di estinzione delle ipoteche e che il codice civile italiano regola negli articoli 2040-2053, definendolo, nell'apposito titolo, come "un modo di liberare gli immobili delle ipoteche".
Tale facoltà di liberazione dell'immobile soggetto a ipoteca è concessa soltanto al terzo possessore e non pure al debitore; questi non ha che un mezzo a sua disposizione: pagare il debito. Il terzo possessore, inoltre, non deve essersi personalmente obbligato a pagare i creditori ipotecarî, come accadrebbe se egli, all'atto dell'acquisto da lui fatto dell'immobile, avesse assunto sopra di sé tale obbligo, con che verrebbe a trovarsi nelle condizioni medesime del debitore. Si domanda chi debba essere tale terzo possessore date le differenze terminologiche rilevabili negli articoli 2040, 2o43, 2044, 2045, 2046, 2053, in cui si parla scambievolmente di acquirente, terzo possessore e terzo proprietario: si è dubitato se la facoltà di purgazione non spetti anche a colui che acquistò sulla cosa un diritto reale frazionario (usufruttuario, enfiteuta). Ma non riproducendosi nel sistema italiano l'art. 2181 del codice napoleonico, che ha dato luogo alla più lata interpretazione da parte della dottrina e giurisprudenza francesi, il legislatore italiano enuncia l'intendimento di legittimare al procedimento di purgazione soltanto chi acquisto la proprietà dell'immobile gravato da ipoteca. La liberazione serve per le sole ipoteche iscritte anteriormente alla trascrizione dell'atto di acquisto, perché, a senso dell'art. 1942 cod. civ., l'iscrizione d'ipoteche fatta successivamente alla trascrizione dell'atto di acquisto non è operativa.
Il terzo possessore può istituire il giudizio fino a quaranta giorni dopo che gli è stato notificato il precetto da parte del creditore (art. 2014), purché, entro i venti giorni successivi a tale notifica, egli faccia procedere a trascrizione del suo titolo, qualora già non fosse trascritto. Egli deve, inoltre, iscrivere a favore della massa dei creditori del venditore ipoteca legale che garantisca il pagamento del prezzo di alienazione, quando i beni furono trasmessi a titolo oneroso, o il valore che dichiarerà quando i beni pervennero a titolo lucrativo o il prezzo di essi non fu determinato. La disposizione serve per i creditori chirografarî. Può avvenire che il prezzo della vendita dell'immobile sia superiore all'importo necessario a soddisfare i creditori ipotecarî; l'eccedenza su tale importo va allora garantita ai chirografarî.
Il giudizio di purgazione ha inizio con ricorso diretto al presidente del tribunale del luogo dove gl'immobili ipotecati, e che si vogliono liberare, sono situati. Il ricorso deve contenere il titolo di acquisto trascritto, il certificato delle ipoteche iscritte sul fondo e il certificato dell'ipoteca legale iscritta a favore della massa dei creditori. Il presidente emette un decreto con cui il giudizio di purgazione ha il primo atto di svolgiment0 procedurale. Tale decreto deve essere notificato a tutti i creditori perché questi siano a legale conoscenza di ciò che serve alla tutela e all'esercizio dei loro diritti. L'art. 2043 cod. civ. dispone che tale atto di notifica deve contenere: 1. la data e la natura del suo titolo; 2. la qualità e situazione dei beni col numero del catasto o altra loro designazione, come risultante dallo stesso titolo; 3. il prezzo stipulato o il valore che si dichiarerà, se si tratta di fondi avuti a titolo lucrativo o il cui prezzo non fu determinato; 4. la data della trascrizione; 5. la data e il numero d'ordine dell'iscrizione menzionata nell'articolo precedente; 6. uno stato in tre colonne di tutte le iscrizioni sopra i detti beni, prese contro i precedenti proprietarî anteriormente alla trascrizione.
Un estratto sommario della notificazione deve anche essere inserito sul foglio legale di annunzî giudiziarî. Il terzo possessore, che chiede la purgazione dell'immobile, deve eleggere domicilio nel comune dove gli immobili sottoposti a espropriazione sono situati; le notifiche vanno fatte al domicilio eletto dei creditori e al precedente proprietario (per l'importanza dell'elezione di domicilio in materia v. l'art. 1987 cod. civ.).
Il contenuto giuridico essenziale dell'atto sta nell'offerta di pagare il prezzo o il valore dichiarato; se non vi è reiezione da parte dei creditori, l'offerta è vincolante perché il possessore dell'immobile che ha scelto spontaneamente tale via, non deve poter tornare sul fatto proprio mentre, di converso, i creditori debbono imputare a sé stessi la propria inattività di fronte all'offerta di cui vennero a legale conoscenza.
Il beneficio concesso al terzo possessore è subordinato all'accettazione dei creditori, per impedire eventualità di frodi ai loro danni, il che si potrebbe verificare per un accordo tra il debitore venditore e il compratore che fissino, apparentemente, un basso prezzo di alienazione. D'altronde, com'è opinione generale e secondo i principî, a ogni interessato è sempre libero l'esercizio dell'azione Pauliana. Quando il valore dell'immobile è superiore alla somma offerta dal terzo possessore, il codice per rispettare, equamente, le finalità dell'istituto di purgazione delle ipoteche e i diritti contrastanti dei creditori e dell'acquirente possessore, ammette che i creditori possano - nel termine improrogabile di giorni 40 dalla notificazione dell'atto di cui sopra - chiedere la subastazione dell'immobile. Ma, per esercitare tale facoltà, essi debbono offrire il medesimo prezzo offerto dall'acquirente aumentato di un decimo, con garanzia cauzionale pari a un quinto del prezzo offerto e aumentato del decimo. L'offerta di aumento deve essere notificata al venditore e all'acquirente. Per operare quest' offerta di aumento si procede con citazione all'incanto nelle forme ordinarie; e si ammette, anche dopo la deliberazione, un aumento del sesto entro i quindici giorni. Le domande di collocazione possono essere presentate oltre che dai creditori ipotecarî anche dai creditori privilegiati e chirografarî, il che ha rilevanza agli effetti del giudizio di graduazione.
La sentenza che ammette la richiesta di bando rimette le parti innanzi al presidente; il cancelliere (art. 733 cod. proc. civ.) forma il bando. Se il richiedente non compare all'udienza di cui all'atto di citazione o la cauzione non è ammessa, la richiesta di incanto è nulla di diritto, senza pregiudizio, naturalmente, di eventuali consimili procedimenti istituiti da altri creditori (articoli 731, 734 cod. proc. civ.).
Se i creditori non esercitano questo loro diritto di richiesta d'incanto con aumento di prezzo, il valore dell'immobile rimane definitivamente fissato nel prezzo stipulato per l'acquisto o dichiarato e l'immobile si libera dalle ipoteche che sono relative ai crediti che non si possono soddisfare con quel prezzo e dalle altre ipoteche via via che i creditori utilmente collocati vengono pagati.
Se si procede invece all'incanto, colui che acquista, oltre al pagamento del prezzo di alienazione, deve rimborsare il primo acquirente, che aveva promosso il giudizio di purgazione, delle spese del suo contratto, della trascrizione, dell'iscrizione di cui all'art. 2042 cod. civ., dei certificati del conservatore, della notificazione: ciò perché il primo atto d'acquisto resta annullato dalla sentenza di vendita. Se invece, come può accadere, acquirente è lo stesso possessore purgante, egli non potrà pretendere nulla né dai creditori né da altri, ma avrà azione di regresso contro l'alienante dell'immobile se questo gli è venuto a costare una somma maggiore di quella per cui primitivamente acquistò l'immobile medesimo. La legge così dispone, equitativamente, poiché non sarebbe giusto che tale acquirente subisse un danno unicamente per il motivo che sopra l'immobile gravavano delle ipoteche.
In sostanza, quindi, è esatto il dire che le norme attinenti al giudizio di purgazione delle ipoteche furono dettate dal legislatore con l'intendimento di contemperare il diritto assicurato all'acquirente di un immobile ipotecato di render libera da pesi e molestie la cosa passata nel suo dominio e i diritti dei creditori del venditore, riservando a quest'ultimo rimedî giuridici idonei a impedire ogni deprezzamento ingiustificato dell'oggetto delle loro garanzie e a reprimere possibilità di frodi e di simulazioni.
Per la graduazione delle ipoteche: v. processo: Processo esecutivo immobiliare.
Statistica del debito ipotecario. - Accerta l'entità e le caratteristiche dei prestiti ipotecarî e fornisce un significativo indice economico, giacché, a differenza degli altri, i prestiti ipotecarî, specie quelli concessi da alcuni istituti bancarî che vi si dedicano in modo speciale, consentono di seguire l'impiego della somma. Ma i dati statistici per l'Italia scarseggiano: alle cifre dei mutui ipotecarî concessi dalle banche di credito fondiario, si aggiunsero solo quattro rilevazioni generali, nel 1861, nel 1871, nel 1903 e nel 1910. Dato che la caduta del valore della moneta durante la guerra mondiale ha permesso a molti debitori di liberarsi dall'impegno con il rimborso in lire dotate di minore capacità d'acquisto, con ogni probabilità una nuova indagine avrebbe indicato che le quote residue e gli ultimi prestiti ottenuti non erano molto numerosi, per quanto le cifre nominali possano parere grosse. Intanto però il peso minore ne attenuava il disagio e insieme allontanava l'urgenza d'una nuova statistica. Nel periodo più vicino a noi gli stimoli alle migliorie hanno ricondotto a ingrandire le cifre delle nuove operazioni di debito.
La prima indagine eseguita nel 1861 non aveva compreso né il Veneto né Roma; la seconda invece, dieci anni dopo, trovava un debito ipotecario fruttifero di 6 miliardi di lire, oltre a poco meno di 4,6 miliardi nella parte infruttifera, a garanzia cioè di doti, assegni vitalizî, benefici ecclesiastici, ecc. Il peso era dato dal primo gruppo solo e risultava molto grave - oltrepasserebbe il quinto del valore delle proprietà immobiliari, in quell'epoca probabilmente sui ventotto miliardi - ma forse appariva al di sopra del vero, per la mancanza di cancellazione di molte ipoteche e per i doppî calcoli quando una stessa ipoteca veniva iscritta in punti ed epoche diversi. Sia in questa statistica, sia poi nel trentennio fino al 1901 il debito complessivo sarebbe andato accrescendosi di altri 15,1 miliardi di lire per le nuove operazioni, mentre se ne cancellavano con i rimborsi avvenuti nell'intervallo per 12 miliardi circa; l'incremento netto risultava di oltre 3 miliardi in confronto al 1871. S'intuisce l'eccesso palese di cifre così elevate, dato il valore della proprietà immobiliare in quel periodo, che non era forse salito molto al di sopra di quarantadue miliardi.
Le medie annue dei mutui concessi dal solo gruppo degl'istituti speciali tra il 1867 e il 1903 indicano uno sviluppo notevole nel numero delle operazioni, per quanto rimanesse abbastanza stazionaria la somma media in ciascun prestito. Il ventennio di prezzi calanti dal 1876 al 1896 provocò un malessere che non si attenuò tanto presto, per la diversa tenacia opposta dai costi nella discesa, accompagnata come fu da un rincaro dei salarî. Con il rovesciarsi poi della corsa dei prezzì dopo il 1896, per un nuovo rincaro, lento fino al 1913, si restrinsero invece le richieste di credito, e i rimborsi superarono quasi del doppio le nuove operazioni. Quanto alla specie dei beni adoperati per la garanzia, una metà venne data dai terreni, un po' più di un terzo dagli edifici, oltre un ottavo da immobili misti. Nel periodo tra il 1878 e il 1890 sì dedicarono al credito fondiario alcune banche che emettevano biglietti, ma con effetti disastrosi per l'immobilizzo dei loro fondi e con una grave crisi; il risanamento richiese quindici anni, dal 1894 in poi.
Dal rilievo generale del 1903 il debito ipotecario complessivo apparve di 3666 milioni, due quinti appena della cifra esageratissima che si calcolava anteriormente. Se fosse lecito immaginare per il 1871 una divergenza di analoghe proporzioni, si arriverebbe all'ipotesi di un carico di 2,4 miliardi di lire, e a un rialzo del 50% nei trent'anni: di fronte al valore dei beni fondiarî risulterebbe insomma una quota pari all'8.5%. Risultò inoltre come gl'istituti speciali non provvedessero che a coprire il 42,5% delle richieste, i privati dessero assai di più, quasi il 56, e gli enti pubblici meno del 2. La cifra rispettiva del capitale concesso in media, con le 36.000 lire dei mutui privati, rimaneva di quasi un terzo al di sotto delle 51.000 nei prestiti provenienti dagl'istituti. Si era all'inizio di un periodo di vivace sviluppo economico, che dal 1894 durò fino al tardo ripercuotersi in Italia della crisi, nel 1908. Questo capitale preso a mutuo ipotecario s'investì con larghezza nelle migliorie, allo scopo di rendere meglio fruttifero il terreno, di erigere edifici nei centri commerciali e di residenza, di attrezzar fabbriche piccole e medie: se è probabile che le maggiori ricercassero i mezzi finanziarî per il loro progresso attraverso le vendite di obbligazioni, se non proprio con i titoli azionarî, le piccole e medie cercavano una fonte nel gruppo dei famigliari e delle persone meglio note a loro, tra individui disposti ad attribuire grande importanza alla garanzia ipotecaria. Non risulta in prima linea l'edilizia, nella domanda di danaro, sia forse perché a essa si dedicavano molto gl'istituti speciali, sia per l'indiscusso predominio dell'attività agricola nel nostro paese.
A distanza di sette anni, l'ultima indagine generale non segnalò modifiche di grande entità. Nell'intervallo avevano dimostrata una lieve ripresa le operazioni degl'istituti di credito fondiario, portando a più del doppio - 49 milioni all'anno - i nuovi prestiti: rimanevano ancora di un terzo al di sotto delle cifre massime toccate nel quindicennio anteriore. A sua volta il debito complessivo, da tutte le fonti, si era accresciuto di 84 milioni in media ogni anno, senza alterare molto le sue caratteristiche: solo l'importo per ogni operazione conclusa presso gl'istituti speciali e gli altri enti analoghi era passato in media a 79.000 lire e presso i privati a 48.000 circa, con un rialzo quindi del 54% per quelli e del 33 per questi. Se il rincaro del 13% nel livello generale dei prezzi poteva avervi contribuito, peso assai maggiore dovette esercitare il bisogno di un attrezzamento capitalistico ampio, col passaggio crescente dall'artigianato alle fabbriche dotate di motori e macchine, con le bonifiche e il progresso tecnico nell'agricoltura, lento ma ben visibile almeno nella pianura del Po, in Toscana, e nelle plaghe adatte all'arboricoltura nel Mezzogiorno.
Per i due decennî successivi le sole statistiche disponibili si riferiscono agl'istituti di credito fondiario e non registrano le modifiche profonde che si attenderebbero data la rivoluzione dei prezzi. Se durante la guerra mondiale i prestiti nuovi si contrassero a somme inferiori alla metà del periodo antecedente, e viceversa i rimborsi crebbero di un quarto, lo si dovette sia alla difficoltà di stabilire delle valutazioni per i beni di garanzia, nel continuo loro variare, sia alla lentezza delle pratiche poco adatte a un periodo febbrile. Chi richiedeva dei capitali per provvedere al fabbisogno bellico ne trovava con rapidità attraverso agli sconti o all'emissione di titoli: al resto non si pensò, rinviando i progetti al ritorno della pace. La congiuntura favorevole inoltre permetteva di anticipare qualche rimborso, ma non pare vi pensassero molti, e il debito totale si contrasse di poco. Dopo l'armistizio, ecco una ripresa vivace nelle cifre nominali, per quanto tradotta in lire che abbiano la capacità di acquisto del 1913 si riveli modesta fino al 1927, per triplicare invece nei quattro anni 1928-31. Quello che più importa forse, è il dimezzarsi quasi nel 1927 del debito complessivo - espresso in lire comparabili è scemato al 56,6% in confronto al 1914 - mentre appare balzato al triplo circa nelle cifre nominali. In questi ultimi anni si rovesciavano ancora le sorti, e il peso che toccò il minimo nell'estate del 1926 tornava a risalire con la rivalutazione della lira, per rimanere quindi stabile con vantaggio generale durante gli anni fino al 1929; veniva ad accrescersi dopo, con ritmo vivace, e balzava nel 1931 a sette volte l'altezza degli anni anteriori alla guerra, al doppio in cifre di potere d'acquisto omogeneo. Ritornando all'ipotesi che la massa totale dei capitali concessi dai privati e dagli enti diversi dagl'istituti di credito fondiario superi del quadruplo la quota di questi ultimi, come nel 1910, l'onere complessivo si aggirerebbe attorno ai 9 miliardi nel 1927, cioè rimarrebbe al di sotto di un venticinquesimo del valore dei beni immobiliari, che forse si aggirano tra i 230 e i 250 miliardi di lire, in cui trova garanzia. Per il 1931, dato lo slancio preso dagl'istituti specializzati, è preferibile immaginare che i prestiti concessi da altre fonti siano poco più del triplo. Ma il contrarsi del valore di tutti i beni accentuò il peso del debito ipotecario, rialzandolo almeno di un decimo in media. Siccome buona parte delle proprietà immobiliari sono libere, le gravate debbono risentire un onere non piccolo, finché dura il periodo dei prezzi calanti.
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