IPOSTILO (dal gr. ὑπόστυλος da ὑπό "sotto" e στύλος "colonna")
Si chiama ipostila una sala avente la copertura piana sorretta da colonne o pilastri, particolarmente quando questi sono distribuiti in modo uniforme.
Tale disposizione è derivata dalla necessità di coprire vasti ambienti adottando il sistema architravato; essa è quindi caratteristica di alcune architetture che si trovarono di fronte a tale esigenza, in special modo dell'egiziana.
Nel tempio egiziano, quale rimase definito a partire dalla XVIII dinastia, la moderna terminologia archeologica distingue in particolare col nome di ipostila quella sala, interposta tra il cortile e il santuario, chiamata nei testi sala larga, sala dell'assemblea o sala dell'apparizione, nella quale si formava il corteo che accompagnava la statua del dio, quando questa era portata processionalmente sulla sua barca. Essa ci offre del resto gli esempî più cospicui di disposizione ipostila. Nella sua forma tipica (Karnak) era più larga che profonda, e occupata completamente da colonne equidistanti; nel mezzo si apriva un passaggio più ampio tra due file di colonne di tipo differente e di maggiore altezza. Nel dislivello tra la copertura della parte centrale e quella delle laterali si ricavavano due serie di finestre, chiuse da claustra in pietra; il resto della sala riceveva aria e luce da stretti spiragli nel soffitto.
Le dimensioni variavano naturalmente secondo l'importanza del tempio: la grande sala ipostila di Ramesse II a Karnak, larga 103 m. e profonda 52, aveva 134 colonne, mentre quella del tempio di Ḫons, anche a Karnak, aveva solo 8 colonne. Così pure variava la disposizione interna: quando, invece di una sola porta posta sull'asse dell'edificio, si aprivano, tanto verso il cortile quanto verso il santuario, più porte (due a Kōm-Ombō, sette ad Abido) in corrispondenza di ciascuna di esse gl'intercolunnî si allargavano; la parte centrale non era sempre sopraelevata; le colonne erano in qualche caso sostituite da pilastri ('Amada); si hanno esempî di sale fiancheggiate da cappelle o magazzini e con due sole file longitudinali di colonne (Dendera).
In uno stesso tempio si trovavano talvolta più sale dell'apparizione, poste di seguito l'una all'altra, oppure intramezzate da cortili, costruite spesso in successivi ingrandimenti dell'edificio. Oltre a esse vi erano normalmente altre sale di tipo ipostilo, che facevano per lo più parte del santuario. Una grande sala ipostila fu costruita da Thutmosi III sul lato posteriore del tempio di Ammone a Karnak, ed è il cosiddetto promenoir, che aveva una peristasis interna di pilastri quadrati con in mezzo due file di colonne. Come una sala ipostila, mancante di una parete, può anche considerarsi il pronao dei templi, quando si staccava dagli altri lati del portico che circondava il cortile, alzandosi sul livello di questo e approfondendosi in varie file di colonne; così a Luxor, dove sostituiva addirittura la sala dell'apparizione, e nei templi tolemaici e romani, nei quali inoltre la fila esterna di colonne era chiusa fino a metà altezza da un muro.
Anche nelle tombe si trovavano ambienti ipostili, e sale ipostile furono nei palazzi dei re, costruiti con materiali più effimeri ma su pianta probabilmente simile a quella dei templi.
Altre architetture, oltre all'egiziana, conobbero e usarono la disposizione ipostila. Nel palazzo di Salomone vi era una sala con 45 colonne di legno di cedro, disposte su tre file. La Persia degli Achemenidi ebbe i cosiddetti apâdana o sale di udienza, che ogni re si costruiva; erano edifici isolati, occupati completamente da colonne largamente spaziate, preceduti e spesso fiancheggiati da un doppio portico, talvolta aperti su un lato o (se si accetta la restituzione dell'apâdana di Serse a Persepoli, fatta dallo Chipiez) privi addirittura del muro di recinzione, nel qual caso sarebbero stati piuttosto dei padiglioni sul tipo dei moderni talar persiani, che forse da essi derivano. Si avevano inoltre, come nel cosiddetto "palazzo di Dario" a Persepoli, sale ipostile situate al centro di un nucleo di ambienti minori.
I Greci costruirono solo eccezionalmente sale di tipo ipostilo, come il Telestērion di Eleusi e il Thersílion di Megalopoli e i buleuterî. A Delo vi era una sala ipostila, d'incerta destinazione, con una duplice peristasis interna e due coppie di colonne al centro, disposizione molto simile a quella della citata sala di Thutmosi III a Karnak e che, insieme con l'illuminazione che doveva venire dall'alto, la ricollegherebbe all'architettura egiziana (G. Leroux, La salle hypostyle de Délos, Parigi 1909-1914). Secondo una teoria molto discussa tale filone architettonico si prolungherebbe fino alle grandi basiliche romane.
Fuori del bacino del Mediterraneo gli esempî più cospicui di sale ipostile si trovano nell'architettura indiana, nei templi brahmanici del tipo induistico e dravidico: nel primo il santuario era preceduto da due sale (nata mandir e bogha mandir) col soffitto retto da colonne, oppure, se il tempio era sotterraneo, da una grande sala ipostila che sostituiva il cortile; nel secondo vi era prima del santuario un grande portico ipostilo (mandapam o mantapam); inoltre, quando il tempio s'ingrandì con l'aggiunta di recinti sempre più vasti, dopo ogni ingresso fu costruita una grandiosa sala "a mille colonne" destinata a dar ricovero ai pellegrini.
Si hanno del resto in tutte le architetture numerosi esempî di edifici che, pur rispondendo alla più generica definizione d'ipostilo, si allontanano dai tipi fin qui descritti rientrando in altre categorie.
Bibl.: G. Perrot e C. Chipiez, Histoire de l'art dans l'antiquité, I, Parigi 1882; id., id., IV-V, Parigi 1887-90; F. Benoit, L'architecture. Antiquité, Parigi 1911; id., L'architecture. L'Orient médiéval et moderne, Parigi 1912; G. Maspero, L'archéologie égyptienne, Parigi 1887; id., L'arte in Egitto, Bergamo 1913; G. Jéquier, Les temples memphites et thébains, Parigi 1920; id., Les temples ramessides et saïtes, Parigi 1922; id., Les temples ptolémaïques et romains, Parigi 1924; P. Ducati, L'arte classica, 2ª ed., Torino 1927; J. Fergusson, History of Indian and eastern architecture, Londra 1876.
Per la derivazione della basilica romana dalla sala ipostila: G. Leroux, Les origines et l'édifice hypostyle, Parigi 1913; G. Giovannoni, Nuovi contributi allo studio della genesi della basilica cristiana, Roma 1919.