iperuranio
Termine utilizzato da Platone (ὑπερουράνιος) per descrivere il «luogo sopra il cielo» o «sopra il cosmo». In tal senso essendo lo spazio, nella concezione greca, finito e terminato appunto dai cieli, l’i. è ‘luogo’ soltanto in senso metaforico; si tratta in realtà del rinvio a un piano metafisico di realtà, quello delle idee, contemplato dall’anima nel suo momento più alto. Platone ne parla mediante le immagini del mito nel Fedro (➔) (247 c-e): «[l’iperuranio] nessuno dei poeti di quaggiù lo cantò mai, né mai lo canterà in modo degno. […] Infatti è l’essere che realmente è, incolore e privo di figura e non visibile, e che può essere contemplato solo dal pilota dell’anima ossia dall’intelletto, e intorno a cui verte il genere della conoscenza vera che occupa tale luogo. […]. [l’anima] dopo che ha contemplato tutti gli esseri che veramente sono [idee] e se ne è saziata, di nuovo penetra all’interno del cielo, e torna a casa». Nella Repubblica (➔) (VI, 509 d), Platone scrive: «due sono le realtà e una domina sul genere e sul mondo intelligibile, l’altra sul visibile, per evitare di dire ‘sul cielo’ e non lasciarti credere che io voglia fare un gioco di parole sul vocabolo».