ipermoralista
agg. Che tende a giudicare con eccessivo scrupolo morale, che fa leva in modo intransigente sulla moralità.
• [Martin] Walser: «Come dice Sloterdijk l’era dei figli ipermoralisti e dei padri nazisti passa inevitabilmente. Questa cultura delle colpevolizzazioni in cui chi è attaccato è sempre il perdente, la cultura del sospetto e dell’accusa è esistita o no?» La si può anche chiamare cultura del dibattito o forse della guerra di opinioni. (Iris Radisch e Christof Siemes, trad. di Paola Sorge, Repubblica, 14 giugno 2007, p. 52, Cultura) • I commentatori come Gad Lerner, che criticano il Pd da una posizione ipermoralista, sostengono che il suo male oscuro sono le «pratiche relazionali improprie», l’«eccesso di realismo», o la «subalternità ai disvalori della destra», confondendo la politica con la morale. In realtà un politico realista, con molte relazioni, o dialogante con l’avversario, può essere benissimo onesto. (Antonio Polito, Corriere della sera, 24 luglio 2011, p. 32, Idee & opinioni).
- Derivato dal s. m. e f. e agg. moralista con l’aggiunta del prefisso iper-.
- Già attestato nel Corriere della sera del 13 febbraio 1962, p. 3 (Carlo Laurenzi).