ipermedicalizzazione
(iper-medicalizzazione), s. f. Eccessivo ricorso alle competenze della medicina.
• Il punto di partenza del suo saggio [«Madri cattive» di Caterina Botti] è un’interrogazione che apre a molteplici letture: perché si continua a pensare che esistono delle «buone madri» e delle «cattive madri»? Chi stabilisce la moralità più o meno prossima ai soliti stereotipi costruiti attorno al ruolo della madre nelle nostre società? Perché una maternità viene definita responsabile solo quando entra nel tunnel dell’iper-medicalizzazione? (Anna Simone, Liberazione, 19 dicembre 2007, p. 3, Cultura) • [Giuliana] Musso non ha paura di affrontare temi scottanti, dalla prostituzione all’accanimento terapeutico. Protagonista dei primi due monologhi, il Nordest con le sue contraddizioni: «Nati in casa è ambientato nel Nordest rurale del dopoguerra. Racconta di come si nasceva allora, in casa con l’ostetrica, e di come si nasce oggi, nelle aziende ospedaliere iperspecializzate, ma che non rispettano la fisiologia del parto: in Italia abbiamo il record mondiale di cesarei. È diventato il manifesto della lotta all’ipermedicalizzazione del parto, proiettato negli ospedali e ai corsi di ostetricia». (S. Ch., Repubblica, 11 novembre 2008, Milano, p. XVIII) • «Solo fra qualche anno potremo vedere i danni procurati dalla ipermedicalizzazione e dal doping odierno» dice il deputato Paolo Cova, autore assieme ad una sessantina di colleghi di una recente risoluzione in cui chiede che l’antidoping venga affidato a una struttura veramente indipendente «Nel rispetto della legge che chiede proprio questo». (Eugenio Capodacqua, Repubblica, 17 febbraio 2015, p. 59, R2 Sport).
- Derivato dal s. f. medicalizzazione con l’aggiunta del prefisso iper-.
- Già attestato nella Stampa del 20 ottobre 1979, p. 6, Tuttolibri (Elena Guicciardi).