Scrittore rumeno (Târgovişte 1802 - Bucarest 1872). Prese parte attiva ai moti valacchi del 1848, entrò nel governo provvisorio, poi andò in esilio. Rientrato in patria (1859) abbandonò, deluso, la politica. Chiamato "il padre della letteratura romena", pubblicò il primo giornale, Curierul romanesc (1829), e la prima rivista letteraria, Curierul de ambe sexe (1836). Tradusse molto, fra l'altro da Dante, Ariosto, Tasso, Alfieri, ma soprattutto da Lamartine, che lasciò notevoli tracce nelle sue elegie, odi "bibliche", satire politiche, favole, epopee. Lasciò anche una "Grammatica romena" (1828). Nella lotta per il consolidamento di una lingua letteraria romena, propugnò dapprima la semplificazione, poi l'abolizione totale dell'alfabeto cirillico, l'epurazione della lingua dagli elementi non latini, che si sarebbero dovuti sostituire con parole italiane. Di questa italianizzazione del romeno, teorizzata in Paralelism între limba română şi italiană (1841), diede esempio pratico lui stesso negli ultimi scritti, ma l'ibrido modello non poté sopravvivere.