IODOFORMIO
Lo iodoformio, triiodometano, CHI3, fu scoperto nel 1822 da G.-S. Sérullas e considerato come uno ioduro di carbonio: la sua composizione esatta fu stabilita da J.-B. Dumas nel 1824. Si forma per azione dello iodio e idrato potassico sull'alcool, aldeide, acetone, acido lattico, zuccheri, e altre sostanze organiche.
Secondo il metodo Filhol, si prepara facendo reagire l'alcool con lo iodio in presenza di alcali. Si sciolgono 2 parti di carbonato sodico in 10 parti di acqua e si aggiunge una parte di alcool: si riscalda a bagnomaria in un pallone a 60°-80° e si aggiunge a poco a poco una parte di iodio. Dopo raffreddamento precipita lo iodoformio, che si raccoglie, si lava, e si ricristallizza dall'alcool. Il rendimento è di circa il 20% dello iodio impiegato. Nelle acque madri, che contengono ioduro e iodato, si aggiunge di nuovo alcool e carbonato sodico e si fa passare, riscaldando a 60°-70°, una lenta corrente di cloro per mettere in libertà lo iodio dallo ioduro. Si forma così una nuova quantità di iodoformio, e si raggiunge un rendimento del 50%.
Con l'acetone si ottiene un rendimento ancora migliore: a 100 parti di iodio disciolti in 320 parti di soluzione d'idrato sodico al 10% si aggiungono 20 parti di acetone, e poi di nuovo 100 parti di iodio. Si aggimge a poco a poco idrato sodico fino a far scomparire la colorazione dello iodio: si raccoglie lo iodoformio che si purifica come sopra. Al filtrato si aggiungono 20 parti di acetone, si acidifica con acido cloridrico e si rende di nuovo alcalino con idrato sodico. Si ripete questo trattamento per due volte e poi si fa passare nel liquido una corrente di cloro come nel processo Filhol. Si ottiene così una nuova porzione di iodoformio.
Il cosiddetto iodoformio assoluto si prepara elettrolizzando a 60°-65° una soluzione di ioduro di potassio contenente carbonato sodico e alcool, e facendo passare nel liquido una corrente di anidride carbonica. Lo iodio che si libera al polo positivo reagisce con il carbonato e l'alcool e forma lo iodoformio.
La formazione dello iodoformio secondo i metodi di preparazione indicati si spiega ammettendo che l'ipoiodito che si forma, trasformi, in ambiente alcalino, l'alcool in aldeide triiodurata, che con alcali si scinde in formiato e iodoformio; l'acetone a sua volta viene trasformato in triiodoacetone, che con gli alcali viene scisso dando acetato e iodoformio.
Lo iodoformio si presenta in laminette cristalline, esagonali, di colore giallo citrino, a volte con bordi dentellati facilmente riconoscibili al microscopio. Ha odore caratteristico che ricorda quello dello zafferano. È quasi insolubile in acqua, poco solubile in alcool freddo, più solubile in alcool bollente, nell'etere, nel cloroformio e nel solfuro di carbonio, e un poco anche negli olî grassi e nelle essenze. Fonde a 119°-120°. Si volatilizza alquanto a temperatura ordinaria, ma specialmente col vapor d'acqua. Riscaldato rapidamente, si decompone svolgendo vapori violetti di iodio; anche alla luce si decompono cedendo iodio, e perciò possiede proprietà antisettiche. Alcune gocce di soluzione alcoolica di iodoformio fatte cadere in una piccola quantità di fenato potassico producono con leggiero riscaldamento una colorazione rossa. Con soluzione alcoolica d'idrato potassico in eccesso all'ebollizione, lo iodoformio dà ioduro e formiato potassico. Con soluzione di nitrato d'argento al 20%, si decompone lentamente a freddo, più rapidamente a 40°-50°, formando ioduro d'argento. Sopra questa reazione si fonda il dosamento quantitativo.
Farmacologia. - Lo iodoformio, quasi insolubile nell'acqua e nel siero di sangue, è di per sé inattivo e non ha azione antisettica tanto che può essere inquinato da microrganismi; la sua azione è dovuta tutta allo iodio che si libera in contatto con i tessuti ed è tanto più energica quanto più i batterî sono dotati di potere riduttore. È lievemente stimolante, analgesico ed emostatico e favorisce la fagocitosi. L'uso dello iodoformio per via interna è stato abbandonato per la sua tossicità (v. iodio). Come disinfettante s'usa in polvere, pomata, garza e cotone allo iodoformio, ecc.; ma il suo uso va poco alla volta scomparendo a causa dello sgradevole e persistente odore. S'è cercato di preparare altre combinazioni di iodio atte a sostituirlo e fra queste si possono rammentare il diiodoformio (etere tetraiodato), lo iodolo (tetraiodopirrolo), l'aristolo (iodotimolo), ecc.
Tossicologia. - Difficile è l'avvelenamento per iodoformio sia accidentale sia criminoso, per l'odore caratteristico del medicamento. S'avverava con una certa frequenza in passato quando veniva usato con eccessiva larghezza nella cura della tubercolosi e delle ferite chirurgiche. Le proprietà irritanti per le mucose e la pelle possono difficilmente esplicarsi nell'avvelenamento da iodoformio che avviene di solito per via ematogena; l'emolisi è per contro cospicua e determina emoglobinuria. Lo iodoformio agisce prevalentemente sul sistema nervoso determinandovi prima lievi disturbi: cefalea, insonnia, amnesia facile, i quali possono, aggravandosi, assumere il tipo di delirio maniacale ad accessi notturni, che si risolvono il mattino residuando tremori muscolari, disartria, dislalia, sitofobia. Di solito la sintomatologia tossica, che con la posologia attuale è limitata a soggetti idiosincrasici, s'instaura progressivamente in guisa da permettere, con un'opportuna sospensione del medicamento, l'unico trattamento razionale. Nei casi gravi si avrà vantaggio dalle ipodermoclisi alcalinizzate e da un trattamento sedativo.