IODIO (dal gr. ἰώδης "violetto")
Elemento chimico (simbolo I, peso atomico 126,93, numero atomico 53). Dopo la scoperta casuale fattane da B. Courtois a Parigi (1812), e comunicata da N. Clément-Desormes all'Istituto di Francia (1813), le proprietà dello iodio e la sua analogia con gli altri alogeni vennero riscontrate da L.-J. Gay Lussac (1814).
Lo iodio è molto diffuso in natura ma in piccole quantità. Allo stato libero è stato riscontrato in alcune emanazioni vulcaniche e anche in alcune acque minerali colorate fortemente in bruno, a Woodhall Spa (Lincolnshire). Come acido iodidrico si trova ancora in emanazioni vulcaniche, in piccole quantità, in pochi minerali, come la iodirite AgI (v.), la Marshite CuI e alcuni altri ioduri doppî di metalli pesanti. Come ioduro sodico si trova nei depositi di salgemma e di cloruro potassico, come iodato potassico e periodato sodico nel nitro del Chile e in alcune acque minerali. Il più grande deposito di iodio è il mare, dove si trova in gran parte sotto forma di combinazioni organiche. La flora e la fauna marina lo assimilano rapidamente, e lo si riscontra perciò in molte specie di alghe, di crostacei e di pesci dai quali si può per incenerimento ottenere sotto forma di ioduri. Secondo Gulbrand Lunge (Teknisk Ugeblad, n. 20-21, 1928), l'acqua di mare contiene da 10 a 20 mg. di iodio per tonnellata, mentre il plankton ne contiene una quantità circa 10.000 volte maggiore. Tracce di iodio si trovano anche nell'aria, anzi a esse viene attribuita grande importanza fisiologica. Negli organismi di molti animali superiori lo iodio si trova come composto organico iodurato essenzialmente localizzato nella ghiandola tiroide come tiroiodina. Come materiale di partenza per la preparazione industriale dello iodio servono le alghe marine, le acque madri dell'estrazione del nitrato del Chile, o le acque salsoiodiche (v. più oltre).
A temperatura ordinaria lo iodio è un solido cristallino, nerobluastro, con lucentezza metallica. Esiste in due forme, una rombica e una monoclina. Il punto di trasformazione è 46°,5. Il punto di fusione è 113°,6, e a questa temperatura la tensione di vapore è di 90 mm.: se questa pressione non può essere raggiunta, come per esempio in recipienti aperti, lo iodio non fonde, ma sublima direttamente. A 13°, la tensione di vapore è di 0, 1 mm. Il peso specifico dello iodio solido è d 17° = 4,948. Il punto di ebollizione è 183°,5. Lo iodio come già aveva riscontrato Gay Lussac, conduce debolmente l'elettricità. I vapori di iodio molto concentrati sono bruni ma più diluiti sono di colore violetto.
Lo iodio è insolubile in una grande quantità di solventi. È poco solubile nell'acqua; a 15° un litro d'acqua ne scioglie gr. 0, 272; la soluzione acquosa ha colore giallo e non è stabile, ma lentamente si trasforma in acido ipoiodoso. È facilmente solubile in alcool. Le soluzioni in solfuro di carbonio e in idrocarburi liquidi sono di colore violetto, quelle in alcool e in etere solforico sono brune. Il peso molecolare dello iodio in queste due categorie di solventi varia di poco, cosicché la diversa colorazione non è da attribuirsi a una dissociazione analoga a quella che si ha allo stato gassoso, ma verosimilmente alla formazione di composti di addizione della molecola dello iodio col solvente. La densità di vapore (O = 16) è 126,9 sino a 500°; a temperature superiori essa va diminuendo, poiché la molecola biatomica subisce una dissociazione in atomi semplici.
Lo iodio fuso scioglie parecchi sali e ha un'elevata costante crioscopica, circa 210. È l'alogeno meno elettronegativo: il suo potenziale normale è Eh = 0,541. Lo iodio fa parte del settimo gruppo del sistema periodico per le sue proprietà generali, ma per il suo peso atomico dovrebbe precedere il tellurio nel sesto gruppo. Una contraddizione analoga si era riscontrata anche tra il potassio e l'argo, ma il vero posto di questi elementi venne confermato dalla determinazione dei loro numeri atomici.
La salda d'amido e anche i granuli stessi di amido vengono colorati intensamente di azzurro da tracce di iodio; la colorazione è sensibile sino alla concentrazione di 0, 1 mg. di iodio per litro; a 70° scompare, ma per raffreddamento ricompare. La colorazione è forse dovuta a fenomeni di assorbimento e costituisce il miglior modo di riconoscimento analitico dello iodio libero. Serve allo scopo anche la colorazione violetta in cloroformio e in solfuro di carbonio.
Quantitativamente si determina per via gravimetrica come ioduro di argento dopo la sua trasformazione in ioduro solubile. Per via volumetrica lo iodio può essere determinato con soluzione titolata (decimo-normale) d'iposolfito sodico: 2Na2S2O3 + I2 = 2NaI + Na2S4O6, o anche di arsenito sodico, usando come indicatore la salda d'amido.
Composti. - Lo iodio non si combina direttamente con l'ossigeno nemmeno ad alta temperatura. Il suo ossido superiore I2O7, non è noto. Con l'idrogeno non si combina direttamente, ma in presenza di catalizzatori forma acido iodidrico HI; questo si può preparare in soluzione acquosa per azione dell'acido solfidrico sulla sospensione dello iodio in acqua o per azione dello iodio sul fosforo rosso sott'acqua. È un gas incoloro; liquefatto, bolle a − 37°,5 e fonde a − 50°,8; sino a 150° la sua densità di vapore è (H = 2) 127,9; a 180° si colora in violetto per la messa in libertà di iodio in seguito alla dissociazione 2HI = H2 + I2. Si scioglie nell'acqua con la quale forma un idrato che fonde a − 43°. L'acido iodidrico è molto usato in chimica organim come mezzo di riduzione.
Tra gli ioduri è da ricordare lo ioduro d'argento ancor meno solubile del cloruro, lo ioduro di piombo, giallo allo stato solido e incoloro in soluzione, lo ioduro mercurico che esiste in due modificazioni, una rossa a freddo e una gialla a caldo. Lo iodio si scioglie nelle soluzioni di molti ioduri con formazione di poliioduri assai poco stabili allo stato solido.
Lo iodio si scioglie a freddo nelle soluzioni di alcali caustici con colorazione gialla per formazione di ipoioditi alcalini:
che, anche in soluzione fortemente alcalina, sono completamente idrolizzati essendo l'acido HIO un acido molto debole. A caldo rapidamente si trasformano in sali dell'acido iodico HIO2 o meglio H2I2O6
L'acido iodico si ottiene anche per azione dell'acido nitrico concentrato sullo stesso iodio. Allo stato puro l'acido iodico cristallizza in grossi cristalli rombici; corrispondentemente alla formula H2I2O6 può dare sali neutri e sali acidi. Con l'acido iodidrico l'acido iodico mette in libertà quantitativamente tutto lo iodio: HIO3 + 5HI = 3I2 + 3H2O. Al contrario dell'acido clorico e dell'acido bromico, per riscaldamento dell'acido iodico si ottiene l'anidride iodica I2O5. Per azione dell'ozono sullo iodio si ottiene un composto I4O9 o iodato di iodio, considerato come un sale dell'acido iodico dell'idrato basico I(OH)3. L'acido periodico ha la formula H5IO6 e lo si può ottenere elettroliticamente, o in forma di sali per azione dell'ipoclorito sugli iodati: in esso lo iodio è eptavalente.
Col cloro dà un tricloruro ICl3; recentemente è stato preparato un pentafluoruro IF5, interessante per il fatto ehe, trattato con acqua, dà acido fluoridrico e acido iodico, dimostrando così la pentavalenza dello iodio nell'acido iodico.
Trattando lo iodio disciolto in ioduri alcalini o in alcool con ammoniaca non molto concentrata, si forma un precipitato bruno della composizione NHI2 o N2H3I3; se si usa ammoniaca concentratissima, al precipitato spetta la formula NI3. Si chiama ioduro di azoto, è molto poco stabile, ed esplode anche allo stato umido.
Industria. - Lo iodio può venir estratto industrialmente dalle acque madri della lavorazione del nitrato sodico del Chile, da acque sotterranee o superficiali salsoiodiche (come si fa a Giava, in Italia e in Russia) o dalle alghe marine, come viene praticato specialmente in Francia, Giappone, Scozia.
Estrazione dalle acque madri della lavorazione del nitrato sodico. - È questa la fonte più importante di iodio. La produzione del Chile che raggiungeva durante la guerra mondiale le 1200 tonn. annue (1916), si è poi ridotta notevolmente. Nel 1930 e 31 essa rappresentava circa i 2/3 della produzione mondiale. Lo iodio è contenuto nei minerali nitrati del Chile (provincie di Antofagasta e Tarapacá) sotto forma di iodati nella proporzione media di 0,1%. Nelle raffinerie di nitrato di soda, il minerale grezzo, o caliche, viene trattato con acqua calda che scioglie il nitrato e i composti di iodio. Il nitrato di soda viene fatto cristallizzare per raffreddamento, e le acque madri riutilizzate per una successiva estrazione. Ripetendo varie volte l'operazione di dissoluzione e cristallizzazione, il contenuto in iodio nelle acque arriva a 8-12 gr. per litro e viene precipitato a mezzo di una soluzione di bisolfito sodico o con acido solforico e solfito, o con anidride solforosa gassosa, dopodiché le acque esaurite tornano alla lavorazione. Lo iodio viene poi sublimato e si ottiene un prodotto al 98-99% di purezza. Il rendimento di estrazione degl'impianti del Chile è molto basso. Il numero degl'impianti che trattano le acque madri per l'estrazione dello iodio, varia a seconda delle condizioni commerciali dell'industria del nitrato e dello iodio.
Estrazione dalle alghe. - L'estrazione dello iodio dalle alghe marine, preferibilmente dalle cosiddette alghe di fondo (laminarie) che contengono (secche) o,1% di iodio, è di origine antica e si è sviluppata in Francia, in Giappone e in Scozia. Il quantitativo di iodio ricavato dalle alghe rappresenta circa il 15% della produzione mondiale. Le alghe, essiccate, vengono bruciate in mucchio in canali aperti, larghi e profondi circa mezzo metro e lunghi fino a 10 metri, e le ceneri (che contengono da 5 a 10 kg. di iodio per tonnellata sotto forma di ioduro sodico) vengono trasportate negl'impianti per l'estrazione dello iodio, ove subiscono una lisciviazione con acqua. Le liscivie, che hanno una densità di 25 Bé, contengono da 7 a 9 gr. di iodio per litro e contengono pure cloruro di sodio, di potassio, solfati e carbonati. Esse vengono concentrate fino a 33 Bé, e separano cloruro di sodio, poi per raffreddamento separano i sali potassici. Le operazioni di lisciviazione e concentrazione vengono ripetute tre o quattro volte, con le stesse soluzioni, sinché le acque madri arrivano a un contenuto di 30-40 gr. di iodio per litro, dopodiché le acque vengono trattate a caldo con acido solforico che decompone i composti solforati, poi si precipita lo iodio con un ossidante: bicromati, acido nitroso, ipocloriti, ecc. Lo iodio viene poi lavato e fatto sublimare, oppure alle acque madri si aggiunge acido solforico o biossido di manganese e si distilla. I vapori di iodio che si svolgono vengono condensati in recipienti appositi. Il rendimento di estrazione è basso e industrialmente occorrono 25 tonn. di alghe fresche, ovvero 5 tonn. di alghe seccate al sole, oppure 100 kg. di ceneri di alghe per ricavare 1 kg. di iodio. La produzione francese si aggira sulle 50 tonn. l'anno. La produzione inglese (Scozia) è la più antica, ed è attualmente di 25 tonn. annue. La produzione giapponese è di circa 100 tonn.; lo iodio in questo paese è ricavato, oltre che col sistema indicato, come sottoprodotto nella preparazione di una salsa (aji-no-moto), in cui entrano appunto largamente le alghe marine. La Spagna e la Norvegia hanno una modesta produzione di iodio dalle alghe.
Estrazione da acque superficiali o sotterranee salsoiodiche. - A Giava lo iodio, sia libero sia sotto forma di ioduro sodico, si estrae da acque sorgive calde, o da acque di pozzi artesiani. Le acque che contengono da 100 a 150 milligrammi di ioduri per litro, vengono trattate con anidride solforosa gassosa in torri, e poi fatte scorrere in canali nei quali si trovano fasci di fili di rame ricoperti di solfato rameoso. Si forma così dello ioduro rameoso che precipita e viene separato per filtrazione. Lo ioduro rameoso ha un tenore del 50-55% di iodio. Sembra che con questo procedimento si arrivi a un rendimento di estrazione del 95%. Un altro sistema adoperato a Giava pare consista nel liberare lo iodio dagli ioduri contenuti nell'acqua a mezzo di un ossidante, e poi fare assorbire lo iodio da carbone poroso, dal quale viene espulso per riscaldamento, condensando lo iodio che sublima oppure lavando il carbone con soda e decomponendo poi lo ioduro sodico che si è formato. Nel 1927 la produzione di Giava era di 200 tonn. annue.
La Russia negli ultimi anni ha cercato di sviluppare l'industria dello iodio, sia estraendolo dalle acque di rifiuto delle zone petrolifere, sia dalle acque minerali trovate nelle regioni del Kuban e di Kolundinski. La produzione pare possa arrivare a 100 tonn. annue.
L'Italia è ricca di acque salsoiodiche in molte regioni: nell'Emilia, nella Romagna, in Sicilia, ecc., ma il contenuto in iodio è così piccolo che fino a pochi anni or sono non era stato possibile arrivare a uno sfruttamento industriale. In seguito a studî ed esperimenti eseguiti sulle acque di Salsomaggiore, nelle quali il contenuto di iodio è di circa 50 milligrammi per litro, fu messo a punto un procedimento ed eseguito un importante impianto (di proprietà del Demanio dello stato), che permette di trattare 4000 mc. di acqua al giorno, ossia di ricavare circa 200 kg. di iodio al giorno. Attualmente si lavorano 2000 mc. al giorno, e la produzione è di circa 30 tonn. annue, sufficiente a coprire pressoché tutto il fabbisogno nazionale. Il sistema d'estrazione consiste nel liberare lo iodio (che si trova nell'acqua sotto forma di ioduro di magnesio) a mezzo di un ossidante (ossido di azoto ottenuto da nitrito sodico e acido solforico); nella dissoluzione dello iodio così liberato in un solvente dello iodio (petrolio); nella separazione dello iodio dal petrolio iodato per mezzo di solfito sodico, ottenendo così dello ioduro sodico. Lo ioduro sodico viene decomposto con bicromato sodico e acido solforico, e precipita la iodina praticamente esente da impurità e che serve per la preparazione dello iodio bisublimato, ioduri e iodoformio. La figura mostra lo schema di lavorazione dell'impianto di Salsomaggiore. Oltre questo impianto ne esistono due altri piccoli: uno a Monticelli Bagni (Parma) che impiega un procedimento simile a quello di Salsomaggiore e che produce circa 15 kg. di iodio al giorno, l'altro a Bertinoro (Forlì) con piccola produzione sperimentale.
Commercio. - Il commercio dello iodio è praticamente regolato da un consorzio con sede a Londra. Il consorzio cerca di regolare la produzione e i prezzi dello iodio, e di favorirne il consumo. La produzione mondiale, che nel 1911 era di circa 750 tonn., aumentò nel periodo bellico fino a superare le 1500 tonn., ridiscese poi a 650 tonn. per risalire nel 1929 fino a 900 ÷ 950 tonn. Nel 1930 e nel 1931 la produzione è declinata verso le 750 ÷ 800 tonn., e mentre la produzione del Chile rappresentava in passato i tre quarti della produzione mondiale, è ora ridotta ai due terzi avendo aumentato la propria produzione Giava e il Giappone.
La vendita dello iodio e dei principali sali è affidata in Italia a un consorzio dei produttori di iodio e dei sali derivati.
Usi. - Dallo iodio si preparano i sali derivati: ioduri, iodati, iodoformio (triiodometano). Lo iodio è impiegato in laboratorio come ossidante e nelle analisi volumetriche. In medicina come antisettico in soluzione alcoolica sotto il nome tintura di iodio (p. es., 10 parti di iodio e 90 parti di alcool a 95°, oppure 7 parti di iodio, 5 parti di ioduro potassico, 88 parti di alcool a 95°). È impiegato pure nella cura dei disturbi della tiroide o dell'arteriosclerosi. Per la cura del gozzo, in certe regioni viene somministrato alle popolazioni lo ioduro potassico disciolto nell'acqua potabile o aggiunto al sale da cucina. Lo iodio è anche usato in preparati fotografici e nell'industria dei coloranti: p. es., nella preparazione del verde allo iodio, della cianina, eosina, ecc. Si è tentato recentemente di somministrare lo iodio coi fertilizzanti in terreni di coltivazione di legumi per aumentarne il contenuto in questi e favorire un rapido sviluppo delle piante, ma i risultati non sono stati molto favorevoli. Si è pensato di adoperarlo anche per le cure di malattie di animali bovini. Allo stato colloidale è stato impiegato come disinfettante e vermicida per i polli.
Farmacologia. - Scoperto nella tiroide umana da E. Baumann, e considerato come un potente catalizzatore e attivatore dei processi del ricambio (A. Chistoni e altri), lo iodio e i suoi preparati hanno trovato larga applicazione in terapia. Assorbiti rapidamente da tutte le mucose, gli ioduri di potassio, di sodio, di litio, ecc., possono ritrovarsi, già dopo pochi minuti, nella saliva, nel sudore, nelle urine, nel latte e nelle sinovie (C. Gaglio). Lo iodio assorbito va a depositarsi principalmente nella tiroide, nel fegato, nelle ghiandole linfatiche, nei reni, nei polmoni. Ha affinità con le proteine con le quali si combina. Alcuni tessuti patologici pare presentino per lo iodio speciale elettività: così i tessuti tubercolari, carcinomatosi (R. Velden), sifilitici (A. Bonanni). S'è detto che gli ioduri sono ipotensivi, ma gli esperimenti farmacologici hanno dimostrato infondato questo asserto (A. Barbèra, E. Cyon, ecc.). Un'azione deprimente sul cuore può essere esercitata dallo ioduro di potassio iniettato endovena. Comunque, nell'arteriosclerosi, nell'angina pectoris, nella miocardite cronica, negli aneurismi, gli ioduri sono molto usati. Incerto è il modo d'azione degli ioduri nella sifilide terziaria, benché varie ipotesi siano state immaginate a questo riguardo. In medicina si usa la tintura di iodio come disinfettante e revulsivo: i varî ioduri, oltre che nelle forme morbose sopra ricordate, sono pure indicati nell'enfisema, nella bronchite cronica, nella gotta, nel gozzo, nel reumatismo, ecc. Agli ioduri, che spesso dànno fenomeni d'intolleranza (inappetenza, nausea, febbre iodica, acne iodica, ecc.), si sono sostituiti molti altri preparati (iodone, iodogelatina Sclavo, iodoalbumina, protoiodina, iodocaseina, iodivale, iodipina, iodoleina, saiodina, ecc.).
Tossicologia. - Più che lo iodismo subacuto e cronico, che rappresenta un incidente terapeutico, ha interesse lo iodismo acuto per ingestione a scopo suicida di iodio, sotto forma di tintura. Per le sue proprietà notevolmente irritanti esso è causa di reazioni infiammatorie sulle mucose del tratto digerente; quindi stomatite, faringite, gastralgia, vomito, diarrea cui s'associa presto laringobronchite, complicantesi anche con edema glottideo. I sintomi nervosi sono di solito scarsi, riducendosi a cefalea e vertigini; solo nei casi gravissimi si ha ipotermia e sopore profondo, di rado albuminuria. Eccezionalmente avviene la morte dopo una settimana e più, con sintomi di collasso. Nello iodismo subacuto è caratteristica l'eruzione di papule acneiche, la corizza, la congiuntivite, la laringobronchite, mentre il malato dimagrisce, è albuminurico, talora emoglobinurico, dispeptico. Svuotare lo stomaco, lavandolo con soluzioni mucillagginose o salda d'amido con aggiunta di tintura d'oppio a scopo analgesico, è la prima indicazione. L'ipodermoclisi di soluzione fisiologica alcalinizzata è vantaggiosa nei casi ove è già avvenuto un riassorbimento. Contro i sintomi dello iodismo terapeutico basta sospendere l'uso, e controllare la purezza dei preparati (che siano immuni da iodati).