io (eo)
1. Del pronome di prima persona singolare con funzione di soggetto le forme sono ‛ eo ', chiaro tributo alla tradione poetica siciliana, fugacemente e, almeno nelle edizioni, non consequenzialmente attestato nelle Rime (cfr. 3.3.), nella Vita Nuova (cfr. 2.2.) e nel Fiore (VII 5 Ma prima, credo, converrà ch'eo mora; XXVIII 6 né tal consiglio non vo' creder eo, in rima con Deo e seo, " suo "), e ‛ io ' che, con l'apocopato ‛ i ' ', è invece frequente nelle Rime, nella Vita Nuova e nella Commedia, ove le attestazioni di ‛ io ' e ‛ i ' ', sono rispettivamente 224, 296 e 1352, mentre nel Convivio ne sono soltanto 181. L'intensità delle occorrenze, anche nelle opere nelle quali l'invenzione autobiografica è programmaticamente proclamata, non ha una giustificazione esclusivamente contenutistica, perché la distribuzione dell'uso di io, almeno nelle sue linee essenziali, s'incentra: a) in proposizioni dipendenti introdotte da ‛ che ' (anche relative) e da congiunzioni terminanti con ‛ che ', da ‛ se ', ‛ quando ', ‛ come '; b) in transizioni del tipo ‛ e(d) i ', ‛ ond(e) io ', specialmente nelle raffigurazioni di dialoghi o di contrasti situazionali in genere; c) in inizio di frase, e quindi anche di discorso diretto e, sia pure in misura limitata, di composizione.
Il secondo e il terzo tipo implicano in taluni casi un contrasto tra soggetti, in un'asserzione chiarificatrice e, insieme, enfatica di chi sia il soggetto che compie l'azione; il primo tipo, invece, ha una configurazione più normativa, quasi grammaticale, sebbene in poesia possa collegarsi con l'intenzione di sottolineare, con un pronome tonico, un ritmo che forme proclitiche, quali ‛ che ' e ‛ se ', non avrebbero potuto evidenziare con pari intensità.
1.1. Nell'ambito della tradizione poetica volgare, le ascendenze di questi usi si rintracciano facilmente nelle produzioni della scuola siciliana: limitatamente all'opera di Giacomo da Lentini si ricordi, per il primo tipo, Madonna, dir vo voglio 21 " e zo ch'eo dico è nente inver ch'eo son distretto "; per il secondo tipo, cfr. Dolce coninzamento 21 " Ed io basciando stava ", e 35 " ed io sì t'amerag[g]io "; per il terzo tipo, il v. 28 della stessa canzone: " e disse: ‛ Io t'amerag[g]io ' ".
2. In alcuni luoghi della Vita Nuova è palese la funzione di contrasto tra soggetti esercitata dall'uso di io ' preceduto da ‛ e ', ‛ onde ': II 2 quasi dal principio del suo anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi da la fine del mio nono; V 1 questa gentilissima sedea in parte ove s'udiano parole de la regina de la gloria, ed io era in luogo dal quale vedea la mia beatitudine; XVIII 8 Allora mi rispuose questa... Onde io... mi partio da loro; XXII 7 E così passando queste donne, udio parole di lei e di me in questo modo che detto è. Onde io poi, pensando, propuosi di dire parole.
Più che da excerpta, necessariamente discontinui, il rapporto tra intervento espressivo e norma formale nell'uso di ‛ io ' può essere chiarito ed esemplificato meglio dalle linee essenziali, quasi dall'innervatura, di un capitolo intiero: da questo punto di vista può ritenersi particolarmente notevole ed efficace il cap. XXIII della Vita Nuova, per l'oscillare tra la soggettività della consapevolezza e l'extrasoggettività della fantasia, e per il contrasto tra D. e le donne che lo assistono.
Nella conclusione di questo capitolo si constata l'uso, attestato anche altrove, di ‛ dico ' non preceduto da ‛ io ' nelle autocitazioni, apposto a quello di come io dissi nella raffigurazione di un colloquio (§§ 29 ss.): Questa canzone ha due parti: ne la prima dico... come io fui levato d'una vana fantasia da certe donne... ne la seconda dico come io dissi a loro... ne la prima dico quello che certe donne... dissero... dinanzi che io fossi tornato in verace condizione; ne la seconda dico quello che queste donne mi dissero poi che io lasciai questo farneticare... Poscia quando dico: Mentr'io pensava, dico come io dissi loro questa mia imaginazione.
2.1. Delle 8 attestazioni di ‛ i ' nella Vita Nuova, 7 ricorrono in poesia (2 nella proposta di un componimento): XII 10 1 Ballata, i' voi che tu ritrovi Amore; XIX 4 2 Donne ch'avete intelletto d'amore, / i' vo' con voi de la mia donna dire (per l'incipit di Rime LII 1 Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io, v. oltre, 3.).
2.2. Le 5 attestazioni di ‛ eo ' nella Vita Nuova sono in poesia, 4 dopo ‛ che ' (VIII 9 8 convenesi ch'eo dica; XII 13 33 che mi comandi per messo ch'eo moia: cfr. Fiore VII 5, cit. in 1.; XXXIV 8 4 quel ch'eo facia; XXXIX 10 9 li sospir ch'eo gitto) e una in incipit: XXXVI 5 1 Eo non posso tener li occhi distrutti: con ‛ eo ' comincia anche la canzone di Lapo Gianni Eo sono Amor.
3. Tra le Rime di sicura attribuzione, 8 cominciano con ‛ io ': CXIV 1 Io mi credea del tutto esser partito (cfr. Lippo Pasci de' Bardi Io mi credea che ragione e fede); XCI 1 Io sento sì d'Amor la gran possanza (cfr. Cino Io sento pianger l'anima nel core), C 1 Io son venuto al punto de la rota (cfr. Cecco Angiolieri I' son venuto di schiatta di struzzo); ecc. In seconda posizione nel verso iniziale ‛ io ' è, oltre che in LII 1, in XCVI 1 Perch'io non trovo chi meco ragioni (cfr. G. Cavalcanti Perch'io non spero di tornar giammai). Di un sonetto attribuibile a Cino da Pistoia l'incipit è Io maladico il dì ch'io vidi imprima.
3.1. Delle 136 attestazioni di ‛ io ' nelle Rime, una sessantina sono in proposizione introdotta da ‛ che ', ‛ se ', ‛ quando ' (cfr. LVI 2 Per una ghirlandetta / ch'io vidi; LVIII 7 col tuo piacer ch'io vidi; LXVII 81 in vece d'una ch'io vidi; XCI 31 che s'io'l credesse, e 35 quand'io farei quel ch'io dico per lui), una decina sono precedute da ‛ onde ', sia con funzione coordinatrice (L 48 ond'io grande mi tegno; LVII 9 Ond'io conforto sempre mia speranza) sia con funzione di pronome relativo (LXXXVII 3 del loco ond'io fui; XCI 11 quello ond'io prendo cordoglio; C 11 un sol penser d'amore, ond'io son carco); in un numero ancor più esiguo di attestazioni, ‛ io ' è preceduto da ‛ ov' ', ‛ dov' ', ‛ v' ', " dove " (CII 18 al core ov'io son petra, e 24 colà dov'io sarò di morte freddo; CVI 100 se ben si guarda là dov'io addito; XC 64 conosco ben ch'io sono / là 'v'io non posso difender mia vita). In chiara funzione di replica ad altro soggetto, ‛ io ', preceduto da ‛ e ', appare, ad es., in XLII 10 Poi piacevi saver lo meo coraggio, / e io 'l vi mostro di menzogna foro; LXXII 5 E io le dissi: " Partiti, va via "; / ed ella mi rispose come un greco; LXXXVII 20 un'angioletta... ci è apparita: / e io che per veder lei mirai fiso, / ne sono a rischio di perder la vita; CXVI 7 Tu vo' ch'io muoia, e io ne son contento. Particolarmente efficace è l'enfatica ripresa di ‛ io ' in LXXXIII 60-61 e più che quant'io conto, / io, che le sono conto / ... non tacerò di lei, o il netto contrasto di CXVI 47 Qual io divegno sì feruto, Amore, / sailo tu, e non io.
In pochi casi ‛ io ' è posposto al verbo: LXXXIX 12 però, lasso!, fu' io così ratto; CIII 53 Così vedess'io lui fender per mezzo / lo core; CIV 50 sovra la vergin onda / generai io costei che m'è da lato.
Tra le 48 attestazioni di ‛ io ' nelle Rime dubbie, si ricordi XVI 17 e si l'ho imaginata, / ch'io veggio sempre quel ch'io vidi allora.
3.2. Su 40 occorrenze di ‛ io ' nelle Rime, 24 recano il pronome dopo congiunzione (L 21 quand'i' mi penso ben, e 58 lo giorno ch'i' fui preso; LXX 3 ch'i' ho dottanza che la donna mia / non vi faccia tornar così dogliose, e 12 guardate bene s'i' son consumato) o pronome o avverbio relativo (XC 55 il gran disio ch'i' ho di veder lei; XCVI 7 il loco ov'i' son; LXVII 73 donne gentili a cu' i' ho parlato).
3.3. Nelle Rime sono 8 le attestazioni di ‛ eo ' (6 nelle Rime dubbie), di cui 3 dopo ‛ che ' (L 49, LI 14, XCI 66), 3 in inizio di periodo (LXXII 13 Eo ho guai e penero; LXXXIII 70 Eo giuro per colui ch'Amor si chiama; Rime dubbie XVI 5) e le altre dopo ‛ ed ' (LXXII 12 Ed eo li dissi: ma cfr. v. 5 E io le dissi, sebbene in questo solo sonetto ‛ eo ' ritorni due volte) e ‛ onde ' (Rime dubbie II 14).
4. Nel Convivio 2 delle 4 attestazioni di ‛ i ' sono nella canzone del IV trattato (1 Le dolci rime d'amor ch'i' solia / cercar, e 11 lo mio soave stile, / ch'i' ho tenuto nel trattar d'amore), e su 177 di ‛ io ' un centinaio ricorrono in proposizione introdotta da ‛ che ', ‛ se ' (III IV 11 se io non potea intendere, non sono da biasimare) o relativa (III V 7 la gente a cu' io parlo), dopo ‛ e ', ‛ onde ' (IV I 3 Onde io, fatto amico di questa donna... cominciai ad amare) e in principio di proposizione (in poesia, in II Voi che 'ntendendo 10 Io vi dirò del cor la novitate, e 19 l'anima dicea: " Io men vo' gire "; IV Le dolci rime 35 omo genti/ che può dicere: ‛ Io fui / nepote, o figlio, di cotal valente '; e in prosa, II i 15 Io adunque, per queste ragioni ... sopra ciascuna canzone ragionerò; III VIII 3 Io adunque, che in questa terza particola d'alcuna condizione di cotal creatura parlare intendo; IV I 5 Io, lei seguitando ... li errori de la gente abominava).
Non mancano attestazioni di ‛ io ' posposto: cfr. Cv IV XVI 1 Queste parole posso io qui veramente proponere; XXVII 8 Dunque porterò io lo mio consiglio e darollo; XXVIII 12 se io non fosse per cotal cammino passato, questo tesoro non avre'io; III VIII 8 E in questi due luoghi dico io che appariscono questi piaceri; VII 7 e cotale dico io che è questa donna; II VI 6 (v. oltre, 5.1.).
Pur nella generale rarità delle attestazioni s'intravvede anche nel Convivio la tendenza a un uso sostanzialmente affine a quello della Vita Nuova: a esemplificazione di ciò si tengano i §§ 9 e 10 di I I in cui, dopo un'affermazione generalizzante (coloro che sanno porgono de la loro buona ricchezza a li veri poveri), il trapasso alla soggettività si presenta nella forma più semplice della congiunzione coordinante (E io adunque, che non seggio a la beata mensa, ma... ricolgo di quello che da loro cade), e si continua nella consueta forma sintattica della proposizione relativa (per la dolcezza ch'io sento in quello che a poco a poco ricolgo, misericordevolmente mosso, non me dimenticando, per li miseri alcuna cosa ho riservata).
5. Nella Commedia, ‛ io ' si affaccia per la prima volta al v. 8 del I canto dell'Inferno, nonostante la prima terzina rechi un verbo di prima persona singolare (mi ritrovai, v. 2): la terza terzina ripropone l'uso di ‛ io ' in proposizione relativa (vv. 8-9 ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, / dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte) e le successive si aprono con l'affermazione della propria incertezza nel ricordo (Io non so ben ridir) e con l'uso paradigmatico - e insieme di sostegno ritmico - di ‛ io ' in com'i' v'intrai, e Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto (cfr. v. 21 la notte ch'i' passai con tanta pieta). Questa norma è confermata da numerosi passi, tra i quali si ricordi, per la costanza dell'uso pur nelle varianti, V 109 Quand'io [var. Da ch'io] intesi quell'anime offense: il ritmo di questo verso, oltretutto impostato semanticamente sul contrasto tra io e quell'anime offense, si distingue, proprio per l'uso di ‛ io ', da quello del v. 112 Quando rispuosi, cominciai: " Oh lasso... ".
5.1. L'uso di ‛ io ' posposto al verbo ed evidenziato dal risalto ritmico, ha origini e addentellati vari, sintattici e stilistici. Si collega con l'anticipazione di avverbi (If XXV 142 Così vid'io la settima zavorra; Pg XIV 70 così vid'io l'altr'anima, che volta / stava a udir), o del complemento oggetto (Pd XXVI 65 Le fronde onde s'infronda tutto l'orto / de l'ortolano etterno, am'io cotanto), o del predicato (If XXX 139 tal mi fec'io, non possendo parlare; Pd V 98 Qual mi fec'io che pur da mia natura / trasmutabile son per tutte guise!; XXXIII 136 tal era io a quella vista nova), o con la struttura sintattica della frase interrogativa (If XIII 135 che colpa ho io de la tua vita rea ?; XVIII 134 Ho io grazie / grandi apo te ?; Pg V 19 che potea io ridir...?) e con l'uso di verbi elocutivi alla conclusione di un discorso diretto (If I 81 rispuos'io lui con vergognosa fronte) o all'interno di esso (Pg XI 79 " Oh! ", diss'io lui, " non se' tu Oderisi...? "; Pd XXIV 59 " La grazia che mi dà ch'io mi confessi ", / comincia 'io: in questo luogo sin dal v. 46 i pronomi sottolineano il contrasto tra D., Beatrice e s. Pietro - così m'armava io d'ogne ragione / mentre ch'ella dicea -, espresso con i moduli comuni: Ond'io levai la fronte / in quella luce... / poi mi volsi a Beatrice, ed essa pronte / sembianze femmi perch'ïo spandessi l'acqua di fuor del mio interno fonte). Ne procedono contrasti vari, logici e timbrici insieme, che hanno un rilievo particolare nell'uso in rima: cfr. If V 115 Poi mi rivolsi a loro e parla'io; XII 123 e di costoro assai riconobb'io; XX 56 Poscia si puose là dove nacqu'io; Pg V 83 m'impigliar si ch'i' caddi; e lì vid'io f de le mie vene farsi in terra laco; X 88 Chi fia dov'io, / la ti farà; XIX 83 per ch'io; XXXI 50 in ch'io; XXVII 22 e se io; Pd VII 123 così com'io; XXI 47, XXVII 20, XXVIII 132, XXXII 115 sì com'io; XXIII 46 Apri li occhi e riguarda qual son io; XXXI 64 diss'io.
Un modulo frequente di transizione è costituito nella Commedia da E io (Pg XI 127, II 106, XVI 31, If XIX 37, XX 100, XXII 43), E io a lui (Pg V 91, VIII 89, XI 118, Pd XXII 52, If XVIII 120, XXVIII 91, XXXI 97, XXX 91, XIV 121) e dai più rari E io ancor (If XIV 130), E io a lor (XXIII 94), E io al duca (XXIV 127), da cui è introdotto, con una frase nominale, un discorso diretto: v. 5.2.
5.1. L'uso di ‛ io ' è notevole nei luoghi in cui sono ben netti i contrasti tra i soggetti (Pg V 103 Io dirò vero, e tu 'l ridì tra' vivi; If IV 15 Io sarò primo, e tu sarai secondo; Pg XXVII 86 io come capra, ed ei come pastori) o si staglia l'affermazione di una personalità, sia in senso positivo (If XIII 58 Io son colui che tenni ambo le chiavi / del cor di Federigo) sia in senso negativo (II 31-32 Ma io, perché venirvi? o chi 'l concede? / Io non Enëa, io non Paulo sono), ma consapevolmente percepita dal soggetto (XXII 110 Rispuose: " Malizioso son io troppo, / quand'io procuro a' mia maggior trestizia ", ove il ritmo è reso particolarmente agitato dal pronome, che, posposto, dà risalto al predicato). Non si attribuirà, però, a ricerca di enfasi stilistica l'uso di ‛ io ' a inizio di discorso diretto, ov'è, invece, istituzionale: cfr. If XVI 84 quando ti gioverà dicere " I' fui "; XXIII 94 " I' fui nato e cresciuto / sovra 'l bel fiume d'Arno... ", e 142 " Io udi' già dire a Bologna / del diavol vizi assai... "; XXXIII 139 " Io credo ", diss'io lui, " che tu m'inganni... "; Pg V 19 Che potea io ridir, se non " Io vegno "?; XIII 106 " Io fui sanese ", rispuose; XVI 34 " Io ti seguiterò quanto mi lece "; XXIV 52 " I' mi son un che, quando / Amor mi spira, noto... "; Pd IV 16 " Io veggio ben come ti tira... " (cfr. IV 124, V 7 e 124); VII 124 " Io veggio l'acqua, io veggio il foco... "; XII 78 ‛ Io son venuto a questo '; XVIII 133 " I' ho fermo 'l disiro... ".
Per un uso analogo di ‛ io ' a inizio di proposizione, cfr. Pd III 46 I' fui nel mondo vergine sorella; If II 70 I' son Beatrice che ti faccio andare; III 86 I' vegno per menarvi a l'altra riva; XVIII 55 I' fui colui che la Ghisolabella / condussi a far la voglia del marchese; II 52 Io era tra color che son sospesi.
5.2. ‛ Io ' è costante in proposizione secondaria, introdotta da ‛ che ' (cfr. If m 32 Maestro, che è quel ch'i' odo?; Pd XXXIII 92 La forma universal di questo nodo / credo ch'i' vidi; If m 25 Cred'io ch'ei credette ch'io credesse), da ‛ se ' (If XXVI 80-81 s'io meritai di voi, mentre ch'io vissi, / s'io meritai di voi assai o poco), o da congiunzione terminante con ‛ che ' (XXVII 22 perch'io sia giunto forse alquanto tardo; Pg X 86 Or aspetta / tanto ch'i' torni; XIII 121 Tanto ch'io volsi in sù l'ardita faccia) o altra congiunzione (If XXIV 17 quand'io li vidi sì turbar la fronte; XIV 71 com'io dissi lui) e da ‛ onde ' (XVII 123 ond'io tremando tutto mi raccoscio; XVIII 126 ond'io non ebbi mai la lingua stucca; XXIX 45 ond'io li orecchi con le man copersi; Pd XX 17 ond'io vidi ingemmato il sesto lume). L'uso più complesso e più caratteristico insieme sembra, tuttavia, quello dopo ‛ e ', che si adegua a circostanze espressive tra loro estremamente varie: si confronti soltanto If III 31 E io ch'avea d'error la testa cinta, / dissi, con Pd XXXIII 28 E io, che mai per mio veder non arsi / più ch'i' fo per lo suo, tutti miei prieghi / ti porgo, e 46 E io ch'al fine di tutt'i disii / appropinquava... / l'ardor del desiderio in me finii: in questi luoghi la pur semplice transizione logica svolta da ‛ e ' si collega con l'espressione del contrasto tra realtà - sia ancora sconvolta dall'errore sia ormai luminosamente pura - e soggetto e, forse, non soltanto al nostro orecchio, trasforma in un procedimento stilistico un modulo che anche in altre opere di D. adempie a una funzione non altrettanto drammatica.