inventio
Costituisce nella retorica classica la prima delle operazioni che competono all'oratore, ossia il concepimento della materia e la scelta degli argomenti. Dal De Inventione (conosciuto come Rhetorica vetus) e dalla Rhetorica ad Herennium (attribuita a Cicerone e intitolata Rhetorica nova) la dottrina dell'i. passa nelle artes dictaminis e nelle ‛ arti poetiche ' del Medioevo, adattandosi alle esigenze dello stile epistolare e della composizione poetica. Particolare importanza assume, nella trattatistica medievale, la prima delle parti in cui si divideva l'i, ossia l'exordium, per cui nella dottrina epistolare s'insiste sulla salutatio e nella poetica si presta attenzione al ‛ proemio ' e ai vari modi di esordire.
D. non parla mai espressamente d'i. nelle sue trattazioni che si richiamano all'insegnamento retorico: i termini di invenire, inventor ricorrono nel senso del provenzale trobar in VE I XI 3 e II XIII 5, o in quello di " escogitare qualcosa di nuovo ", in I X 2. Della classica i. D. tiene invece ferma la dottrina ispirandosi nel De vulg. Eloq. all'Ars poetica oraziana e nell'epistola a Cangrande alla Nova Rhetorica. In VE II I, dove si discute dell'i, e dell'elocutio in quel genere particolare che è la canzone, alla prima corrisponde il termine scolastico di conceptio (come alla seconda corrisponde quello di loquela). E sebbene la conceptio sembri alludere a un'operazione più profonda che la scelta dei luoghi comuni, tuttavia essa ricalca la nozione tradizionale d'i.; viene infatti attribuita all'ingenium (cfr. Ugo di San Vittore Didasc. III 7 " ingenium invenit "; e Goffredo di Vinsauf Poetria nova 213 ss.): Sed optimae conceptiones non possunt esse visi ubi scientia et ingenium est (VE II I 8; D. si riferisce naturalmente, secondo le intenzioni del suo trattato, al genere più alto d'i. in quanto elocutio). Onde vengono condannati coloro che non tengono conto di questa preliminare operazione: plerique sine scientia et ingenio versificentur (I 8). Così in Vn XXV 10 il poeta denigrava quelli che... rimano stoltamente, cioè coloro che non hanno ragionamento alcuno in loro di quello che dicono e non sono in grado di rivelare quel che è adornato dalla figura e dal colore retorico, ossia rimano senza muovere opportunamente dall'inventio.
Nel De vulg. Eloq. D. insiste soprattutto sul concetto della necessaria corrispondenza fra l'i. e l'elocutio, capovolgendo quasi i termini del discorso tradizionale, in quanto parte dalla definizione dell'ottimo volgare per poi indicare la materia più idonea a essere trattata in quella forma. E come ricava dalla poetica oraziana questo fondamentale principio, così cita espressamente Orazio (Ars. poet. 38 ss.) nel consigliare la giusta valutazione delle proprie forze in occasione della scelta della materia: il prudente consiglio della retorica classica relativo a questa preliminare operazione del ritrovamento della materia, rispecchiato nel " versate diu " oraziano e sottolineato dalle poetiche medievali (cfr. Goffredo di Vinsauf Poetria nova 42 ss.), sembra presente anche nel racconto di Vn XIX 1, dove il poeta dice di aver pensato lungamente per " trovare " il cominciamento, ossia l'exordium, della nuova canzone. Il subiectum, che è per D. la materia dell'i., viene identificato con i tre altissimi temi: Salus, Venus, Virtus.
In Ep XIII, destinata ad accompagnare il canto I del Paradiso, viene sviluppata della dottrina dell'i, soprattutto la parte relativa all'exordium; ma il poeta, mentre richiama (§ 49) espressamente la Rhetorica Nova per spiegare come il proemio del paradiso tenga conto del ‛ gnus admirabile ' scelto nella terza cantica e dei fini che secondo l'insegnamento retorico lo scrittore deve perseguire presentando una materia ‛ grande ', si rende conto della diversità esistente fra il compito del retore e quello del poeta, preferendo la dizione di ‛ prologus ' (fatta risalire alla retorica aristotelica) a quella di ‛ exordium ' (§ 50) e aggiungendo, come propria della poesia, l'invocazione. nell'epistola inoltre, pur rifacendosi alla distinzione degli stili ‛ tragico ' e ‛ comico ' risalente a Orazio, D. pone la differenza fra ‛ tragedia ' e ‛ commedia ' nella ‛ materia ' (5 29) più che nello ‛ stile ' e quindi include la scelta di quei generi nell'operazione propria dell'inventio. V. anche INVENZIONE.