Introduzione alla scienza e tecnologia della Grecia
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
A partire dal V secolo a.C. le città greche e le loro colonie iniziano a competere con gli Egizi e con altre popolazioni nel controllo dei traffici nel bacino del Mediterraneo e nella produzione di conoscenze. A distanza di millenni la nostra cultura riconosce ancora alla civiltà greca il merito di aver posto solide e durature fondamenta alla modernità. Non che al mito sia sempre corrisposta una realtà alla sua altezza. Tuttavia, è innegabile che i successi militari delle piccole città-stato della penisola greca, e delle colonie che queste hanno fondato sulle coste dell’Asia Minore, del Nord Africa e dell’Italia hanno guadagnato il rispetto delle popolazioni che si affacciano sul Mediterraneo. Nel IV secolo a.C. gli strepitosi quanto effimeri successi militari di Alessandro il Grande cambiano la geografia politica del Vicino Oriente, dell’Egitto, dell’Asia Minore. Il diffondersi dell’influenza politica ed economica greca favorisce il diffondersi della produzione intellettuale di dotti e scuole attive in Grecia e nelle colonie.
Questo patrimonio pervade poi la cultura dell’impero romano, viene affidato a codici e papiri, e costituisce il fondamento di gran parte della cultura occidentale, oggetto di venerazione a partire dall’umanesimo. Accanto ai letterati e ai filosofi, i matematici, gli astronomi, i naturalisti e i medici greci diventano i modelli da studiare, imitare, commentare. La filosofia aristotelica fornisce poi un quadro concettuale unitario, eppure (più spesso di quanto non si creda) aperto a innovazioni, approfondimenti ed esperimenti. A Platone fanno invece riferimento coloro che aspirano a realizzare forme di conoscenza rigorosa, capace di produrre conoscenze universali sul modello dei saperi matematici. Matematici quali Eudosso di Cnido o Euclide, di cui ancor oggi molto poco si sa, astronomi quali Aristarco di Samo o in età ellenistica Tolomeo, teorici della medicina quali Ippocrate e Galeno, attivo a Roma ma di formazione greco-ellenistica, diventano esempi di una civiltà dei saperi che occorre imitare e possibilmente ricostituire.
Enorme successo ha, dall’umanesimo sino a quasi i nostri giorni, la ricostruzione della storia della civiltà occidentale che vede l’età dell’oro greca ed ellenistica offuscata da un impero romano capace solo di imitare, dimenticata da un basso e alto Medioevo caratterizzati da disordini, invasioni e da un decadimento delle conoscenze, esaltata con il ritorno alle fonti prodotto dall’umanesimo e con l’accelerazione dei saperi nuovamente impressa dalla rivoluzione scientifica e filosofica del XVII e del XVIII secolo, sino al superamento dei maestri greci nel XIX e XX secolo.
La scienza greca avrebbe dunque costituito il primo manifestarsi della ragione umana e della razionalità fisico-matematica. Gli studi degli ultimi 30, 40 anni hanno mostrato come questo quadro interpretativo pecchi di anacronismo, senza negare tuttavia che la geometria e l’astronomia greca ed ellenistica abbiano prodotto corpi teorici e tecniche di osservazione del più alto interesse. Semplicemente, il ridurre la cultura scientifica e tecnica greca ed ellenistica all’opera di un numero limitato di grandi pensatori, scelti tra coloro che sono sembrati affrontare questioni con un linguaggio e un metodo simili ai nostri, costituisce un serio ostacolo alla comprensione di quella cultura. I molti lavori di antropologia culturale applicata alla storia della scienza pubblicati da Sir Geoffrey Lloyd, per esempio, hanno profondamente modificato la nostra comprensione del ruolo dei saperi scientifici nella società greca ed ellenistica, e hanno condotto a una migliore comprensione della molteplicità di figure di detentori di saperi (scientifici, ma anche terapeutici, astrologico-magici o teologici) in competizione nell’arena sociale della polis o dello stato per attirare commesse e protezione da parte di potenti locali, principi o semplicemente della popolazione. Il che non toglie nulla al nostro apprezzamento delle opere di Euclide o di Tolomeo: ci invita semplicemente a non considerare acriticamente il mondo greco-ellenistico come il primo, insigne promotore della razionalità moderna.
Un’ulteriore questione interpretativa ha caratterizzato gli studi e la valutazione del pensiero scientifico greco-ellenistico, una questione che discende direttamente dagli assunti che abbiamo brevemente descritto. Se la scienza greca, sinonimo di razionalità e di modernità, ha raggiunto forme di elaborazione concettuale che solo dopo molti secoli il mondo occidentale è stato in grado di imitare e superare, perché il mondo greco non riesce a sviluppare tecnologie adeguate al livello scientifico raggiunto? Come è stato possibile avere una scienza senza una tecnologia? Diverse spiegazioni sono state proposte e animatamente discusse nel corso dell’ultimo secolo, molte plausibili e all’apparenza ragionevoli. La presenza di lavoro servile e di schiavi, si è detto, non rende vantaggioso lo sviluppo di macchine che li sostituiscano. I commerci marittimi permettono di procurarsi derrate alimentari e beni di consumo altrove rendendo così, ancora una volta, economicamente non vitale lo sviluppo di tecnologie da applicare alla produzione.
La questione della presunta “arretratezza” tecnologica della civiltà greca ha dato vita a grandi progetti di ricerca, investendo le civiltà e i periodi storici più disparati.
Vale la pena ricordare che Sir Jospeh Needham ha preso a studiare la scienza e la tecnica sviluppate in Cina nel corso di più di 2000 anni per rispondere a una domanda simmetricamente diversa, ma rispondente agli stessi assunti: perché la società cinese è stata in grado di sviluppare tecnologie di cui l’Occidente si dota solo dopo centinaia di anni? La stampa, le tecniche di controllo delle acque, complesse tecniche terapeutiche o l’utilizzo di polveri piriche raggiungono livelli notevoli in Cina, ma senza che vi sia un livello comparabile di conoscenze scientifiche.
La maggior parte degli storici contemporanei è convinta che il problema stia nella domanda, e nell’assunto eurocentrico che la sottende. Il fatto che in Occidente, a partire dalla fine del Medioevo, si sia assistito a uno sviluppo tutto sommato parallelo di tecniche e conoscenze, non significa affatto che altre società debbano per forza seguire lo stesso cammino – se di cammino pur si tratta. Un sistema di saperi scientifici per noi assolutamente inadeguato può benissimo convivere e persino favorire lo sviluppo di tecniche relativamente sofisticate. Inoltre, l’idea che le capacità tecniche siano correlate alle conoscenze scientifiche acquisite tradisce un mito di progresso che impedisce la comprensione di società del passato – e del presente – in cui il rapporto tra scienze e tecniche non è affatto lineare né scontato. Infine, tornando alla questione della scienza e della non-tecnologia greca, l’assunto è del tutto privo di fondamento.
È chiaro che la tradizione testuale, per vicende complesse trattate in altri volumi, si è dimostrata capace di resistere al tempo molto meglio dei manufatti o delle realizzazioni tecniche dell’antichità greca e per certi aspetti anche del mondo ellenistico. Occorre dunque prendere in considerazione non solo i testi, ma anche quei reperti che l’archeologia è in grado di offrire.
Inoltre, i testi stessi ci parlano di sviluppi organizzativi e tecnologici che sono stati spesso trascurati in quanto non corrispondenti alla nostra idea di cosa costituisca una tecnica.
Non vi è tuttavia dubbio che la civiltà greca abbia sviluppato notevoli tecniche di costruzione e di utilizzo dei materiali più diversi, abbia innovato profondamente l’arte della navigazione e delle costruzioni navali, abbia rivoluzionato in molti settori le tecniche militari, senza le quali non è possibile neppure immaginare i successi delle scarne armate di Alessandro il Grande.
Figure come Archimede di Siracusa non costituiscono un’eccezione nel mondo greco ed ellenistico, e diversi documenti illustrano, a volte con toni non privi di esagerazione (ma le notizie delle prodezze tecniche sono sempre esagerate), i diversi settori in cui il genio siracusano apporta innovazioni che i contemporanei hanno giudicato strabilianti. La ricerca storica sulla scienza, sulla tecnologia e soprattutto sulla civiltà greca ed ellenistica ha maturato una notevole distanza dai rassicuranti miti eurocentrici che ne hanno caratterizzato lo studio per quasi due millenni. Il che, occorre ribadirlo, non significa affatto che le ragioni dell’ammirazione per la civiltà greca vengono a cadere. Cresce anzi l’interesse per una società molto più complessa di quanto non si sia voluto credere, al cui interno le pratiche scientifiche e gli sviluppi tecnologici sono riusciti a guadagnare autorevolezza e prestigio.