Introduzione alla scienza e tecnologia dell'Alto Medioevo
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Al pari della tanto discussa “caduta dell’impero romano”, le vicende complesse dei saperi scientifici e tecnici nei secoli successivi al crollo delle istituzioni romane hanno suscitato commenti tra i più diversi. Per una lunga tradizione di studi, o meglio di non-studi, la deposizione di Romolo Augustolo nel 476 e il succedersi di ripetute invasioni cosiddette barbariche spengono per secoli ogni barlume di sapere scientifico e tecnico. Se si limita l’orizzonte di indagine alla penisola italiana, non vi è dubbio che tracce di decadenza siano visibili ovunque. Il calo demografico, la scomparsa di fiorenti porti non più drenati, l’affievolirsi di saperi tecnici legati alla metallurgia, all’idraulica, all’architettura o all’agricoltura, e soprattutto il venir meno del tessuto culturale e intellettuale delle grandi città dell’impero, di Roma in primo luogo, contribuiscono a una perdita di centralità dell’Italia romana. Non più collegata ai centri di produzione dei saperi scientifici e tecnici del bacino del Mediterraneo, dell’Egitto e del Medio Oriente in particolare, la penisola italiana è ridotta a una provincia culturalmente irrilevante del mondo altomedievale.
Non mancano tuttavia le eccezioni, e sul lungo termine le nuove forme di organizzazione e trasmissione dei saperi cui danno vita si rivelano di cruciale importanza. I secoli che segnano l’irrilevanza culturale e politica della penisola italiana vedono infatti crescere l’influenza amministrativa, sociale e culturale della Chiesa. Le sedi vescovili si dotano di scuole, formalmente istituite col concilio di Toledo del 527, dove i compendi enciclopedici della cultura classica tengono viva la memoria e il mito di un passato di splendori filosofici, scientifici e tecnici. Le esigenze del calendario religioso richiedono poi il mantenimento di competenze astronomiche piuttosto complesse. A partire dal VI secolo il fenomeno del monachesimo e lo stabilimento di una rete di abbazie, spesso ricche e relativamente popolose, contribuiscono al costituirsi di comunità che ricreano in parte la divisione dei lavori intellettuali e tecnici di una piccola città autosufficiente. In particolare, la regola benedettina dell’ ora et labora ha conseguenze non trascurabili nella costituzione di ricche biblioteche come nel miglioramento delle tecnologie metallurgiche. Un ruolo importante svolgono anche le abbazie colombaniane sparse in Italia e in Europa. Inoltre la breve stagione dell’impero carolingio nel IX secolo ricostruisce un tessuto di rapporti culturali tra la corte dei Franchi e diversi centri cultura europea.
Se dunque tra il V e il X secolo la penisola italiana conosce un periodo di decadenza scientifica e tecnica, mitigato da innovazioni di rilievo in diversi settori delle tecniche e dell’agricoltura, la prospettiva europea, mediterranea e orientale presenta caratteri di grande interesse, che gli studi degli ultimi venti anni hanno contribuito a mettere in luce. La rete delle abbazie si estende con successo in diverse regioni dell’ex impero d’Occidente, dall’Irlanda alla Spagna, dove la tradizione filosofica, naturalistica e tecnica greco-romana sopravvive nelle pratiche dell’insegnamento e delle compilazioni enciclopediche.
Nel bacino del Mediterraneo la caduta di Alessandria d’Egitto nel 641, che mette fine a tre secoli di dominio bizantino della città e della regione, non segna affatto la decadenza della tradizione tecnica e scientifica che aveva fatto della città una delle capitali dei saperi del mondo antico. I conquistatori musulmani lasciano ampie libertà religiose e civiche alla città, come del resto alle regioni rapidamente occupate tra VII e VIII secolo, e si mostrano molto interessati ai saperi scientifici e tecnici dell’eredità ellenistica e greca. La grande stagione della scienza e della medicina araba costituisce al tempo stesso un momento di continuità e di innovazione rispetto alle conquiste del mondo antico. Molto si è scritto, e a giusto titolo, sulle grandi imprese di traduzione in arabo di classici della filosofia, delle matematiche, della medicina e delle scienze naturali greche e latine. Molto resta ancora da approfondire riguardo l’opera che è frutto dalle conquiste islamiche nel subcontinente indiano: ossia l’introduzione nell’articolazione dei saperi scientifici che circolavano nel bacino del Mediterraneo, dall’Egitto alla Siria, alla Persia e alla Spagna di pratiche astronomiche, matematiche e mediche.
La scienza araba che si sviluppa nei secoli VIII-X rappresenta per molti versi una sintesi del passato, e mostra un’inedita capacità di dialogo con forme di sapere sviluppatesi in India, a sua volta aperte a influenze provenienti dalla Cina. Anche se le tesi ultranazionalistiche avanzate in anni recenti da studiosi delle scienze arabe – secondo i quali tutta la scienza occidentale dei secoli XIV-XVII era stata largamente anticipata da studiosi arabi – suscitano motivate perplessità, è innegabile che regioni oggi difficilmente riconoscibili come centri di produzione scientifica di punta, come l’attuale Afghanistan, furono tra il IX e il X secolo caratterizzate da grandi innovazioni nel campo dell’astronomia e delle matematiche. Occorre infine sottolineare come le pratiche scientifiche dell’epoca, in Occidente come in Oriente, siano difficilmente assimilabili al nostro concetto di scienza. Nel mondo mediterraneo, come nel mondo islamico, astronomia e astrologia sono spesso indistinguibili, come difficile è tracciare linee di demarcazione tra pratiche farmacologiche, mediche o chimiche e pratiche magiche o considerazioni di ordine morale.
Anche l’impero romano d’Oriente, e la sua capitale Bisanzio, vivono nell’alto Medioevo un periodo di crescita, soprattutto nel settore delle tecnologie e della medicina. La rivalità con il potente vicino arabo non impedisce fruttuosi scambi di conoscenze, manoscritti e manufatti. Per alcuni versi, Bisanzio e Baghdad costituiscono due vertici di un triangolo di scambi scientifici e tecnici che si spingono fino alle lontane terre dell’India e della Cina. Sebbene i rapporti culturali tra diverse aree del continente euroasiatico siano attivi già nell’antichità, non vi è dubbio che fra il IX e il X secolo si assiste a un fenomeno di traduzione e appropriazione di testi indiani, persiani e greci e a una tendenza, sia pure parziale, alla sintesi tra diverse culture e saperi scientifici.